Al via la terza Repubblica, eletti i presidenti di Camera e Senato quali figure di garanzia istituzionale
Editoriale – Il ventiquattro marzo 2018 entrerà nella storia con l’inizio ufficiale della terza repubblica italiana. Contrariamente a quanto probabilmente si potesse pensare o prevedere anche i nuovi attori della politica hanno saputo trovare un accordo, ed è stato fatto anche in maniera piuttosto trasparente. Al centrodestra è andata la Presidenza del Senato con l’elezione della figura di Maria Elisabetta Alberti Casellati. Una rappresentanza nobile, garbata, elegante in un discorso di insediamento di livello ma anche di attualizzazione di una politica in forte evoluzione. Non è passata la linea di Romani, che probabilmente fa parte di un altro standard di politica troppo vecchia maniera e che oggi non passa. Vedere l’ultraottuagenario e sempiterno Re Giorgio Napolitano primo ed unico essere ancora lì dopo secoli di legislature susseguitesi evidenzia in effetti come la politica stia cambiando, anzi sia cambiata. I diktat dei detentori di potere oggi non hanno alcun effetto, le carte le danno altri. Non c’è spazio per sorrisini di rito, sbeffeggiamenti o altri rituali propri di una seconda Repubblica di cui oggi è stato dichiarato fallimento. Inizia la legislatura con nuovi protagonisti e con palloni sgonfiati, segno inesorabile di una evoluzione annunciata che prosegue in linea retta. Alla camera dei Deputati il già vice presidente ne diventa protagonista, Roberto Fico, uno stile informale rappresentante del movimento pentastellato che però assume sin da subito una connotazione di garanzia istituzionale. Le due cariche dello Stato possono soddisfare anche gli osservatori più esigenti: il centrodestra vecchiamaniera ossia Brunetta & co. non hanno potuto imporre nulla, e ob torto collo si sono dovuti far scegliere la Presidente del Senato, quella ritenuta la più ideonea e adatta per l’incrocio di consensi che ha visto unire il centrodestra ed il Movimento Cinquestelle. Ma questo percorso è reso possibile dall’avanzata della nuova leadership del centro destra, un passaggio di consegne verso Salvini al quale Berlusconi non sembra certo volersi o potersi sottrarre. Parte degli italiani oggi si sentiranno un tantino rassicurati, auspicando che presto questo tipo di metodo possa dar vita anche al prossimo governo. Salvini ha mostrato di saper condurre il gioco, senza sottostare ad imposizioni azzurre, ma rispettando però i dettami dell’appartenenza in centrodestra. Regole di coalizione non scritte ma che caratterizzano però gli uomini con la parola d’onore. Salvini non si fa prendere dalla smania, e responsabilmente non accetta imposizioni scellerate (come il nome di Romani) ed autonomamente prende posizioni, suscitando dapprima le ire dei partners forzisti, che ora però sono diventati di secondo grado. Per queste due camere potremmo dire che tutto è compiuto. Ora vedremo se l’asse M5S/centrodestra riuscirà a produrre un governo con lo stesso metodo a guida Salvini o a guida Di Maio. Ed inizierà, comunque tutta un’altra storia. Ai posteri le ardue sentenze.
Daniele Imperiale – Direttore di AndradeLab