Le luci della Pasqua, dalla Menorah ai ceri della saggezza, forza e bellezza
Pasqua di Resurrezione MMXVIII
La Pasqua è segno di resurrezione, di rinascita da uno stato di morte irreversibile che solo attraverso il miracolo rappresentato nelle Sacre Scritture si riesce a sconfiggere. Questa è la notte in cui il Cristo ha vinto la morte e dagli inferi risorge vittorioso. L’exultet ci fornisce spunti a catena per riflettere nel giorno dedicato alla luce, alla Pasqua e alla rinascita di ognuno di noi. Ogni periodo della vita che viviamo scandisce fatti, esperienze e contenuti che devono essere ricercati nel nostro essere interiore ed elaborati per valorizzare la nostra scienza e la nostra conoscenza. L’uomo da sempre è alla ricerca della luce, il timore dell’oblio, del buio da sempre lo affliggono. E la luce oltre a vederla, deve essere trovata in ciascuno di noi. Ogni uomo a sua volta è portatore di luce per gli altri, anche i gesti più semplici ed impensati talvolta forniscono al nostro prossimo quella luce che consente di proseguire il percorso a cui siamo stati chiamati senza averlo potuto scegliere. Tanto vale essere sempre alla ricerca della fratellanza e delle varie forme di luci destinate a diventare riferimenti chiari per la nostra vita terrena.
Il trinomio della saggezza, forza e bellezza è riferito a tre luci fondamentali per l’esercizio della vita. Per poterne apprezzare il significato non occorre applicare articolari processi filofofici. Siamo continuamente alla ricerca di formare un aspetto particolare della nostra identità personale e le luci, da sempre sono presenti, in diverse forme. Nella Menorah trovano spazio sette ceri, segno di una nuova luce che nella religione cristiana vengono accesi ciascuno dopo le sette letture della liturgia della parola durante la veglia Pasquale. L’accensione di una luce, di un cero è un rituale antico, che porta con sè sia il fascino dell’accensione che quello dello spegnimento che avviene inesorabilmente con la fiamma che lentamente consumerà la cera che lo avvolge. In fondo il cero è un pò come la nostra vita; qualcuno lo accende, noi lo viviamo, e poi si spegnerà per consunzione o per cause che di norma non sono dipendenti dalla nostra volontà.
Dunque troviamo risposte nella saggezza, nella forza e nella bellezza, una filosofia che di fatto rende tre sfaccettature diverse della luce. Ciascuna è autonoma, ma tutte sono complementari. Se non vi è saggezza non si può svolgere alcun tipo di lavoro, parimenti se non vi è la forza per poterlo compiere, ma soprattutto per renderlo saldo. Perchè la saggezza può ispirarci a costruire un bellissimo castello di sabbia sulle rive del mare, ma non vi potrà mai essere la solidità necessaria per mantenerlo e salvaguardare le fatiche prestate. Infine la bellezza, è quell’aspetto tanto caro all’uomo per il suo aspetto fisico esteriore, e che invece dobbiamo riconsiderare anche nel nostro essere interiore. L’uomo da sempre è edificatore di templi, palazzi, costruzioni per rifugiarsi dalle intemperie e dagli effetti della natura stessa. E siamo arrivati a questo livello tecnologico avanzato poichè nel corso delle generazioni, l’evoluione dell’uomo come edificatore di se stesso e della propria sfera si è sempre elevato, facendo tesoro delle esperienze e delle intelligenze delle generazioni che precedono e poi passano. La saggezza, è una luce che ispira le nostre scelte, anche quelle quotidiane, nelle nostre vite, per le famiglie, nel lavoro e nelle istituzioni per quanti ne hanno ruolo. Qualsiasi scelta, se illuminata dalla saggezza avrà inevitabilmente risvolti positivi. Poi quello che scegliamo deve essere solido, forte e resistere nel tempo e la bellezza poi completerà l’opera dell’uomo nell’adornare l’edificio che ciascuno di noi costruisce nell’universalità della vita.
Daniele Imperiale – Pasqua di Resurrezione MMXVIII