Editoriale – Ci sono dei fiori a Catania sul luogo in cui un bambino di due anni è stato dimenticato in auto dal padre. Il piccolo è rimasto oltre cinque ore sotto il sole cocente.
IL PADRE: un ingegnere di 43 anni impiegato all’Università che nel tragitto mattutino doveva come consuetudine portare il figlio all’asilo nido. Il piccolo deve essersi addormentato sul seggiolino posteriore, il genitore così per una “mera dimenticanza”, forse ha creduto di portare il figlio all’asilo ma in realtà non lo ha fatto. La morte inesorabile è sopraggiunta spezzando la vita del povero bimbo. L’ingegnere è stato raggiunto dalla telefonata della moglie intorno all’ora di pranzo, la donna era andata a riprendere il piccolo che però ovviamente non c’era.
L’uomo in preda alla disperazione si è recato nel parcheggio universitario trovando il figlioletto ormai privo di sensi. La corsa disperata verso il Policlinico di Catania, non ha salvato questo angioletto che è morto poco dopo essere stato soccorso all’Ospedale stesso dove la madre presta servizio come dirigente medico del reparto cardiologia.
Un dramma in cui la Procura ha aperto un fascicolo per omicidio colposo a carico del padre.
Il titolare dell’inchiesta è il sostituto procuratore Andrea Norzi. Il papà “è un uomo disperato, distrutto, che piange continuamente e non riesce a spiegare l’accaduto”, ha raccontato un investigatore”.
Una famiglia distrutta, aspettative di vita del bimbo cancellate e con lui muore anche il padre e la madre. Ma ci dobbiamo interrogare come considerare quest’uomo? Colpevole o vittima della vita? E’ un contesto delicato, ma l’approfondimento deve essere centrato sulla fretta, sul tran tran quotidiano, sulle preoccupazioni di ogni giorno che non certo possono giustificare la dimenticanza di un figlio, ma l’ingegnere più che colpevole potrebbe essere vittima di una vita doppiamente spezzata.