Editoriale di Stefano Paoloni, Segretario Generale del Sindacato Autonomo di Polizia (Sap).
E’ sempre molto dura difendersi dagli attacchi che vengono dall’esterno, il partito dell’antipolizia non allenta mai la presa ed è pronto e guardingo. La nostra indole da “sbirri” ci porta ad essere diffidenti e attenti anche internamente. Troppe volte chi ci doveva tutelare è poi stato il nostro carnefice. Ma che attacchi diretti ed espliciti venissero proprio dal Capo non ce lo saremmo aspettati. Prima imbavaglia social e chat e poi vieta l’uso di materiali e dotazioni non forniti dall’amministrazione. Ma da che parte sta?
Nessuno mette in discussione che le notizie coperte da riserbo debbano restare tali. Ma vietare finanche di postare foto in divisa sui nostri profili social, soprattutto nei confronti di chi è orgoglioso di indossare una divisa, mi pare veramente un eccesso.
Capisco che certe verità possano essere scomode ma il modo per affrontare le nostre vergogne è quello di risolvere i problemi, non di nasconderli.
Il Dipartimento della Pubblica Sicurezza dovrebbe essere un palazzo di cristallo, lindo, trasparente. Questo è quello che si aspettano i cittadini e tutte le donne e gli uomini delle forze dell’ordine.
Tra l’altro le chat sono diventate strumento comune di lavoro pressoché in ogni ufficio, soprattutto in quelli operativi. Condivisione circolare di informazioni utili al servizio fatte con i propri telefoni cellulari.
Chi si compra parti della divisa mancanti non lo fa per vezzo ma per senso di decoro e, anziché venire ringraziato ora rischia di essere punito.
La triste realtà sarà comunque quella che nulla cambierà rispetto a prima. Chi vorrà indossare la divisa con decoro continuerà ad acquistare capi di tasca propria, chi sentirà la necessità di essere più sicuro si doterà comunque degli strumenti necessari, le chat d’ufficio continueranno ad esistere e chi dovrà controllare farà finta di non vedere. Perché, diversamente, il rischio sarebbe quello di mandare in blocco l’apparato, rendere tutto più complesso e macchinoso.
La grande differenza sarà che quando qualcosa andrà storto, ci saranno due belle circolari a cui appellarsi per punire lo sfortunato di turno.
Come si fa a fidarsi di questa Amministrazione?
Ancora una volta chi dovrebbe assumersi la responsabilità di tutto ciò continua a scaricarla sugli altri.
Basti pensare, ad esempio, che se come indicato nella circolare, l’uso dei social sia strumento di divulgazione di audio, foto o video che possano compromettere la sicurezza nazionale, per contro, pare però che il Capo della Polizia Gabrielli non la pensasse così quando nel dicembre del 2016, in conferenza stampa insieme all’allora Ministro degli Interni Marco Minniti, diffuse foto e nomi dei colleghi che a Sesto San Giovanni, fermarono Anis Amri, il terrorista tunisino che poco prima si era reso responsabile di una strage in Germania. Quei due colleghi, lanciati alle luci della ribalta dai media che pubblicarono anche stralci della loro vita privata, furono obbligati a subire un trasferimento d’ufficio per motivi legati alla loro sicurezza.
Per il momento riguardo all’uso dei social, abbiamo scritto una lettera al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in quanto dubitiamo che la disposizione impartita sia conforme alle libertà sancite dalla nostra Carta Costituzionale ed inoltre, presto, l’on. Tonelli presenterà un’interpellanza in Parlamento. La lettera è disponibile integralmente sul nostro sito.
Abbiamo anche scritto al Capo della Polizia perché di fronte al divieto di utilizzo di materiale acquistato personalmente, vorremmo capire come ci si dovrà comportare ora. Se la divisa non è completa dobbiamo comunque indossarla? Se la nostra sicurezza è messa a rischio dobbiamo desistere?
Si assumeranno mai la responsabilità di darci una risposta chiara e diretta?
Intanto facciamo così: GUARDIAMOCI LE SPALLE