Editoriale – E’ un vero e proprio dramma sociale quello dei maschi separati, giovani o grandi che siano. Un grido d’allarme è rilevato dalla disperazione che induce fin troppe persone persino a porre termine alla propria esistenza per l’inaccettabilità del baratro in cui talvolta si è portati dalle circostanze. Un fattore da analizzare poichè a livello umano su questo fronte sussiste tutta intera una disparità italiana che relega i padri, o i mariti a situazioni di una gravità assoluta da vivere in solitutine e disperazione e senza alcuna via d’uscita.
E quando si litiga, accade quasi sempre in due. Non vogliamo sostituirci alla giustizia terrena, ma questo tema, specialmente in prossimità delle festività natalizie merita un attento approfondimento a tutela di tutte quelle persone che loro malgrado si trovano in questa via senza uscita e senza tutela alcuna.
Prendiamo in esame il caso di una famiglia tipo con padre 40enne, madre 35enne e due figli piccoli. Casa acquistata con mutuo, e lavoro fisso a stipendio per entrambi i coniugi. Al di là dei motivi che spesso portano separazioni e divorzi sui quali dovremmo andare a ragionare nel contesto di valori e di equilibri che entrambi i coniugi devono rispettare, i casi più frequenti sono quelli di mariti che si ritrovano cacciati da casa loro e con i nuovi compagni delle mogli che sono soliti poi prendere il loro posto nel letto ed in casa. Il tutto dovendo continuare a pagare: avvocati, alimenti, rate del mutuo, e spesso devono anche consegnare l’auto alla moglie se quella di cui dispone è “inadeguata” al trasporto dei propri pargoli per portarli alle varie scuole, lezioni, palestre, ripetizioni e via dicendo.
La sentenza del giudice imporrà tempi, luoghi in cui i figli “devono” passare il proprio tempo con il genitore isolato che se ha i genitori è costretto a tornarsene con loro con tutti i disagi che ne conseguono. E questo per i più fortunati. Altri si ritrovano in mezzo ad una strada e costretti a lavorare per pagare tutta la sequenza di oboli di donne che decidono di “rovinare” i padri dei propri figli senza un minimo di umanità. In primis sono le amiche delle mogli che contribuiscono ad accentuare tale fenomeno, il resto lo fa l’avvocato della donna, la legge e la sua interpretazione vocata del resto a tutelare la famiglia ab origine. E nel terzo millennio avanzato si resta basiti come la disuguaglianza regni sovrana in una nazione dove la parità di genere ha relegato i maschi alfa a veri e propri zerbini senza pietà e senza pena.
I separati si ritrovano anche in gruppo, non riescono talvolta nemmeno a rifarsi una vita, o ad andare con altre donne tanto è cruda e dura l’esperienza traumatizzante ed in questi casi per dare sfogo ad impulsi di natura sessuale, il separato naturalmente approda in un contesto di rapporti con il suo stesso sesso.
E’ un dramma sociale su cui riflettere e sul quale argomento occorre attrezzare centri sociali, e soprattutto rivedere alcune normative che generano questo tipo di situazioni. Un pò ci si salva se si ha la separazione dei beni ab origine, formula che oggi adottano un pò tutti, proprio per la mancanza di fiducia sui rapporti matrimoniali e loro durata. Un tempo invece, la comunione era la scelta naturale poichè il fatto di lasciarsi non era minimanente contemplato per scelta, senso di valori sociali e morali.
Vivere insieme è sicuramente fatica, come lo è nello stare da soli, ma l’apparato e quindi la legge non può considerare la parità di genere solo per formare liste elettorali, ma dovrebbe estendere tali prerogative ad ampio raggio e anche e soprattutto nei casi dei padri separati. Poi certo ogni caso ha una sua particolarità, ci saranno pure situazioni in cui il maschio merita tale destino. Ma c’è una maggioranza di casi invece che è l’esatto contrario. Ai posteri le ardue sentenze.