Ricostruito lo spostamento del Polo Nord geomagnetico in antartide
La conoscenza dei movimenti del polo geomagnetico nel passato recente è di fondamentale importanza per la comprensione dei fenomeni attuali
Roma – Attraverso un ciclo di analisi paleomagnetiche, un team di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (OGS), ha ricostruito il movimento del polo geomagnetico nell’Olocene, ovvero nell’attuale epoca geologica che ha avuto inizio circa 11700 anni fa.
Un movimento variabile ed imprevedibile del polo geomagnetico in Artide è quanto emerge dai dati dello studio ‘A refined age calibrated paleosecular variation and relative paleointensity stack for the NW Barents Sea: Implication for geomagnetic field behavior during the Holocene’, recentemente pubblicato sulla rivista Quaternary Science Reviews.
Infatti, in alcuni periodi prolungati – costituiti da diversi secoli – la posizione dell’antico polo geomagnetico (paleopolo) è stata sostanzialmente stabile, restando confinata in regioni piuttosto limitate. In altri periodi, invece, il moto del polo geomagnetico ha subito una accelerazione significativa, coprendo in poco tempo regioni molto estese.
Questo fenomeno è collegato ai complessi processi che avvengono all’interno della Terra, in una zona al confine tra il mantello terrestre ed il nucleo esterno fluido dove si origina il campo magnetico terrestre.
Il comportamento del polo geomagnetico nel passato è molto importante per aggiungere informazioni ed aiutare a comprendere i fenomeni che avvengono oggi. In particolare, il movimento odierno dei poli magnetici vede una brusca accelerazione, con un veloce spostamento del polo nord magnetico verso la Siberia e di quello sud verso la costa della Terra Vittoria in Antartide. L’attuale rapido cambiamento della posizione dei poli magnetici (punti della superficie terrestre in cui il campo magnetico è verticale) sembra essere compatibile con quanto emerge dai dati sull’Olocene, che indicano che la posizione dei poli geomagnetici (punti in cui il dipolo magnetico interseca la superficie terrestre; generalmente non corrispondono ai poli magnetici) nel recente passato geologico è stata contraddistinta da periodi di relativa stabilità e periodi di rapida variazione.
La circostanza che l’accelerazione subita dal moto dei poli magnetici negli ultimi anni abbia costretto – nel 2019 – ad un aggiornamento anticipato del modello magnetico globale (World Magnetic Model – WMM), è legata a caratteristiche del nostro pianeta che operano secondo modalità già verificate nel passato.
Lo studio dei ricercatori dell’INGV e dell’OGS è stato condotto su quattro carote di sedimenti marini prelevate nella regione artica al largo delle isole Svalbard (Mare di Barents) nel corso degli ultimi anni durante 3 crociere scientifiche oceanografiche condotte in una collaborazione internazionale che ha coinvolto diversi istituti di ricerca ed università tedesche, spagnole, norvegesi e danesi.
A cura dell’INGV è stata la misura e le successive analisi dei dati relativi al magnetismo fossile (cd. paleomagnetismo) preservato nei sedimenti.