“Suites di fine anno” è un romanzo di Roberto Maggi edito da Florestano edizioni (2018). L’opera si compone come una serie di racconti ambientati in una serata di Capodanno, più o meno lontani nel tempo e in parte riconducibili a fatti realmente accaduti, nei quali, oltre alla descrizione di situazioni stravaganti o singolari, preme all’autore far emergere l’alternanza degli stati d’animo, la partecipazione emotiva, l’analisi psicologica, con un procedimento teso allo scavo ossessivo del proprio mondo interiore.
I racconti vengono concepiti come i movimenti di una “suite”, con variazioni di ritmo che si manifestano sia all’interno di ogni racconto che da un racconto all’altro, laddove i movimenti musicali cercano di rispecchiare le caratteristiche specifiche della narrazione. Anche il linguaggio si adatta all’evoluzione narrativa, divenendo, in accordo al crescendo ritmico e delle situazioni descritte, sempre più destrutturato e labile, pur se rigoroso nelle connotazioni date, avvicinandosi il più possibile, nel suo culmine conclusivo, alla forma-pensiero.
“Suites di fine anno” si presenta dunque come una composizione musicale dell’interiorità. Un viaggio travolgente e delicato nelle stanze più intime e segrete dell’animo umano, dove si incontrano e si scontrano tutte le fragilità in una danza ritmata da soliloqui dissonanti e lirici slanci poetici. I racconti di Roberto Maggi sono come quadri impressionisti in cui la narrazione disegna atmosfere malinconiche, quasi eteree, senza tempo, mentre l’Io si abbandona a una danza del cuore indefinita e armoniosa.
Per Maggi la forma è sostanza, ed è sostanza musicale. La narrazione diventa uno spartito che intona la melodia e il ritmo di ogni singolo racconto, e la scrittura incede in modo da creare un crescendo. Questa cifra stilistica si riflette anche in ogni singolo racconto/movimento: ognuno è strutturato secondo un’alternanza ritmica che parte da un andamento pacato per poi accelerare scompigliando la narrazione e tornando, sul finale, a una quiete che riconquista la compostezza iniziale.
I racconti di “Suites di fine anno” pur se diversi tra loro, si presentano omogenei per caratteristiche e lunghezza, quasi come capitoli di un più vasto affresco e contengono, volutamente, elementi di ripetitività che, come in un avvicendarsi reiterativo di esercizi di stile, fungono quasi da ritornelli. Ad eccezione dell’ultimo che, al pari del prologo con cui si riallaccia ad anello, si discosta dallo schema adottato rompendo la rigidità della forma per restituire l’incantesimo.