Editoriale – Non sappiamo bene se effettivamente serve a bloccare i virus, ma in modalità disciplinata il popolo italiano così come tacitamente si è ritirato a lungo in quarantena domiciliare forzata, è alle prese con la relativa normalità ritrovata. Distanziamento sociale, e mascherine soprattutto mascherine. In un primo momento queste “pezze in bocca” sembravano non poter servire a nulla, poichè le dimensioni del dispettoso coronavirus Sars-CoV-2, sarebbero talmente ridotte da oltrepassare anche il tessuto e ci vogliono filtri.
Abbiamo conosciuto FFP2 e FFP3 e ci siamo fatti una cultura su un oggetto che prima era riservato solo al personale medico (mascherine chirurgiche) o per fare particolari lavori a rischio con sostanze pericolose da inalare.
E così nella norma non molto ben chiara, da un “non serve a nulla”, si è passati agli obblighi nemmeno questi poi troppo chiari. Si entra con questa tappatura di bocca in ristorante, salvo poi toglierla e mettersi a scherzare e consumare cibi a distanze talvolta ravvicinate dai gradi alcolici di una cena in amicizia e convivialità. Il resto lo conosciamo, poi appena ci si alza, si riprende la propria mascherina (semprechè non si commetta l’errore di indossarne una altrui lasciata incustodita) e ci rimette in cammino.
L’estate che avanza rende ancorpiù complicato l’utilizzo di queste “pezze” delle quali non se ne sà nulla se non che si devono portare ebbasta.
E sì senza capirne bene il perchè ed il percome. Segno che l’epidemia può tornare, la gente va in giro ma deve essere identificabile. Orbene ci troviamo di fronte ad una sorta di museruola di stato obbligatoria in spazi chiusi ed in determinate situazioni.
Si ipotizza un allentamento dell’utilizzo di queste museruole, che hanno costituito un vero e proprio business italico-internazionale. Prezzi alle stelle, poi le chirurgiche dopo tanto si trovano ormai a prezzo discount. Ma il verde non fa tendenza, e quindi ora ci sono mascherine di tutti i tipi e anche fashion.
Ancora una volta il popolo obbedisce prono, pur di uscire e di tentare di riavere una propria vita. Non è così: le città metropolitane in particolare non sono più quelle di febbraio un ciclone è passato ed è come se la museruola di stato fosse stata messa al meccanismo produttivo, sociale ed economico.
In pratica non si può far più nulla come prima, solo che ora ci siamo abituati: a file chilometriche in esterno davanti a negozi, uffici postali. Tutti in fila indiana a distanza di almeno un metro. E’ la disciplina urbana del 2020, che osserva i comandamenti senza chiedersene troppo il perchè. Certo il “pensare” costituisce sicuramente fatica, e per questo le illuminazioni complottiste sin da subito hanno evidenziato quanto l’informazione ansiogena dell’emergenza non avesse esaurito ancora il suo compito.
Un grande occhio della provvidenza dunque sembra voler vegliare su tutti, poi anche sul mondo intero poichè gli effetti di geopolitica dell’emergenza covid non sono certo trascurabili.
Nel mentre siamo in museruola di stato, senza mimica, senza espressività. Si deve parlare con gli occhi dunque, e tacere, osservare, obbedire perchè la ragione di stato è la salute pubblica che sta tanto a cuore ad un sistema che sembra voler sperare che ritorni il contagio di ritorno per continuare a loculizzare e ad imperversare nelle stanze del potere. Semprechè qualche scossone turbi la staticità vigente, ed ai veri attori venga tolta la vera maschera. Ai posteri le ardue sentenze.
Daniele Imperiale