Fisco: troppo “stretto” l’obbligo decennale per la conservazione delle scritture
L’interesse fiscale va oltre il limite fissato dall’articolo 2220 cc, e amplia il termine di tenuta dei documenti che giustificano l’ammortamento delle spese fino alla definizione dell’accertamento
Roma – Lo Studio Flexad di Roma ha pubblicato una interessante nota riguardante una vicenda processuale specifica che mette in discussione la temporalità della conservazione delle scritture contabili, ritenuta nello specifico troppo stretta. Le società devono conservare le scritture contabili obbligatorie anche oltre dieci anni. Ai fini dell’accertamento, infatti, l’amministrazione finanziaria può esigere un periodo superiore, soprattutto ai fini della documentabilità dei costi sostenuti. Lo ha sancito la Corte di cassazione che, con l’ordinanza n. 16752 del 6 agosto 2020, ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle entrate.
In particolare questa la vicenda processuale
Il caso riguarda una società alla quale era stata contestata l’indeducibilità delle quote di ammortamento su fabbricati per difetto di documentazione giustificativa.
La contribuente eccepiva che l’obbligo di conservazione delle scritture contabili era previsto per dieci anni e non poteva quindi essere pretesa dall’Agenzia l’esibizione della documentazione oltre questo termine.
La Ctp di Lecce accoglieva la doglianza con pronuncia confermata in sede di appello.
Secondo la Ctr, la tesi dell’ufficio finanziario (secondo cui l’obbligo di conservazione andava collegato al termine di decadenza per l’accertamento) era sì corretta, ma si scontrava con il principio di non contestazione in quanto i titoli giustificativi dell’ammortamento, formati oltre dieci anni prima, erano stati già esaminati dall’amministrazione in occasione di precedenti verifiche.
Col successivo ricorso in Cassazione l’Agenzia delle entrate denunciava violazione degli articoli 22, comma 3, del Dpr n. 600/1973, e 2697 del codice civile, per avere la Ctr ritenuto che la contribuente avesse provato il proprio diritto alla deducibilità delle quote di ammortamento delle spese sostenute, pur non avendo prodotto le scritture contabili che avrebbero dovuto costituire il titolo giustificativo dell’ammortamento.
Secondo l’amministrazione il predetto articolo 22 contiene una norma speciale che prevede la conservazione delle scritture contabili fino a quando non siano definiti gli accertamenti relativi al corrispondente periodo d’imposta, anche oltre il termine decennale di cui all’articolo 2220 cc, che è norma di natura generale.
La pronuncia della Cassazione
Nell’accogliere il ricorso dell’Agenzia delle entrate la Cassazione ricorda che secondo l’articolo 22, comma 2 del predetto Dpr “le scritture contabili obbligatorie devono essere conservate fino a quando non siano definiti gli accertamenti relativi al corrispondente periodo di imposta, anche oltre il termine stabilito dall’art. 2220 del codice civile o da altre leggi tributarie”.
Il richiamato articolo 2220 cc fissa in 10 anni il termine di conservazione delle scritture contabili. L’articolo 22 su menzionato, si pone, quindi ,quale disposizione speciale che, ai fini tributari, detta una regola diversa in materia di obbligo di conservazione delle scritture contabili, che prevale sulla previsione del termine decennale indicato invece dall’articolo 2220 del codice civile.
Sul punto esiste anche un precedente conforme che, seppur dettato in tema di Invim, si applica anche alla fattispecie in esame. Infatti, secondo la pronuncia della Cassazione n. 26683/2009, al fine di computare le spese incrementative al valore iniziale del bene immobile ceduto, il contribuente ha l’onere di fornirne in giudizio, in caso d’impugnazione della rettifica adottata dall’ufficio, idonea documentazione giustificativa; né può sottrarsi all’assolvimento di tale onere invocando l’insussistenza dell’obbligo di conservare le scritture contabili oltre dieci anni (articolo 2220 cc), perché l’interesse fiscale esige che il contribuente conservi la documentazione contabile necessaria per giustificare le spese incrementative dichiarate per tutto il periodo in cui è esercitabile il potere di accertamento dell’ufficio, anche ove questo si protragga oltre la scadenza del termine decennale di conservazione delle scritture contabili.
I giudici di legittimità sono andati anche oltre: infatti il Tribunale regionale aveva basato la propria decisione anche sulla genericità delle contestazioni dell’Agenzia delle entrate e sulla conoscenza dei titoli giustificativi delle quote di ammortamento acquisita dall’Amministrazione finanziaria in occasione di precedenti attività ispettive.
Quanto al primo punto la Cassazione ha precisato che l’Agenzia sin dal primo grado di giudizio ha contestato che le quote di ammortamento dovevano essere considerate indeducibili, non essendo stato rispettato il principio della certezza, della determinabilità e dell’inerenza del reddito, in quanto non è stata esibita la documentazione relativa ai costi sostenuti. Si tratta di una contestazione che per quanto stringata, non può considerarsi generica.
Quanto al secondo aspetto, la Ctr ha ritenuto non contestata da parte del Fisco l’affermazione della contribuente secondo cui la documentazione in questione era stata prodotta in occasione di precedenti verifiche. Anche questa considerazione è parsa non condivisibile, perché non indica neppure gli elementi minimi su cui essa possa trovare fondamento. Il principio di non contestazione opera solo in presenza di una affermazione specifica e circostanziata proposta da una parte, cui la controparte sia stata posta in condizione di replicare (cfr Cassazione, n. 31619/2018), mentre nel caso esaminato la Ctr non indica, e neppure il contribuente, a quali precedenti verifiche tributarie si intenda operare riferimento, quando siano state operate, quale documentazione sia stata esaminata, quale fosse la finalità dell’accertamento, con quale atto si sia concluso. (Comunicato Stampa)
Per ogni altra informazione si può contattare lo Studio FlexAd Associati di Roma