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Le responsabilità dei contagi di covid 19 nelle Rsa e negli ospedali, i chiarimenti dello Studio Legale Antonaci

La responsabilità organizzativa ai tempi del covid 19 assume una particolare rilevanza per la trattazione di casi di assistenza legale a garanzia di quanti sono incappati in un sistema non lineare nelle azioni preventive di contenimento del contagio in strutture sanitarie

Roma – Tra i numerosi e densi spunti di riflessione che l’emergenza sanitaria che stiamo
vivendo pone all’attenzione del giurista vi è certamente quello della responsabilità
organizzativa della struttura medica. L’approfondimento è dello  Studio Legale Antonaci  che di seguito prosegue:
E’ ormai noto che l’ampia diffusione del virus sia avvenuta proprio nelle residenze sanitarie
assistenziali (Rsa) e nelle strutture ospedaliere, e ciò apre inevitabilmente dibattiti
sull’adeguatezza degli strumenti preesistenti e finalizzati a prevenire o fronteggiare eventi
simili, nonché sull’esigibilità di alcune condotte da parte della struttura.
Prima di entrare nel vivo della trattazione è opportuno effettuare un breve inciso sul tema
delle infezioni nosocomiali.

Cosa sono le infezioni nosocomiali?
Le infezioni nosocomiali sono malattie infettive acquisite in ospedale o in ambienti sanitari.
Per essere definite infezioni nosocomiali o ospedaliere il paziente deve essere stato ricoverato
per una causa diversa dall’infezione e non deve avere segni di malattia infettiva in corso di
incubazione al momento del ricovero. Questa infezione, con specifico riferimento alla
pandemia Covid-19, insorge e si rende evidente durante il ricovero ospedaliero, generalmente
nell’arco temporale delle 48 ore dal ricovero o durante le ore successive alla dimissione.
La diffusione pandemica, ha sicuramente ampliato il problema dell’adeguatezza degli
strumenti adottati dalle strutture, ma bisogna però considerare che l’infezione da Covid-19 è
considerata infortunio sul lavoro, e dunque la struttura sanitaria ha comunque il dovere di
prevenirla in ottemperanza alle disposizioni del Decreto legislativo n. 81/2008, in materia di
tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, non solo nei confronti dei pazienti,
ma anche nei confronti dei lavoratori nella struttura.
Dal punto di vista normativo non può che farsi riferimento alla Legge n. 24/2017 (c.d. Legge
Gelli-Bianco) recante disposizioni in tema di responsabilità medica, che ha profondamente
riformato la materia della responsabilità sanitaria, sancendo in capo alla struttura sanitaria
una responsabilità di tipo contrattuale: scelta alla cui base si pone l’esigenza di garantire le
migliori cure possibili anche mediante un’attenzione particolare alla gestione del rischio. Il
tema del risk management, già introdotto dalla Legge n. 189/2012 (c.d. Legge Balduzzi),
trova proprio con la Gelli una sua compiuta definizione.
La principale conseguenza dell’inquadramento della responsabilità della struttura sanitaria
come contrattuale riguarda certamente il profilo dell’onere probatorio. Infatti, all’attore
danneggiato spetterà solo la prova dell’esistenza del rapporto con la struttura (contratto o
contatto sociale), nonché allegare l’insorgenza e l’inadempimento del debitore astrattamente
idoneo a cagionare il danno lamentato. Nel caso delle infezioni da Coronavirus, ciò sarebbe
certamente agevole laddove, ad esempio, il soggetto infettato fosse da lungo tempo ricoverato
in ospedale, rappresentando questo quindi l’unico possibile luogo di infezione.
Sarà invece onere della struttura provare il corretto e diligente adempimento, nonché la
riconducibilità del danno a causa non imputabile ad essa. La struttura sanitaria in tal senso
dovrà dimostrare di aver adottato un modello organizzativo finalizzato ad evitare o ridurre il
rischio di insorgenza di questo tipo di infezioni, ovvero dimostrare la loro inevitabilità.
La molteplicità dei fattori che determinano le infezioni nosocomiali rende complesso
individuare la causa specifica e l’antecedente causale soprattutto quando, in ambienti come le
RSA, si è in presenza di soggetti già deboli come gli anziani o immunodepressi, spesso già
colpiti da patologie ed infezioni che complicano ulteriormente la possibilità di tracciarne
l’origine. La responsabilità della struttura si configurerebbe quindi come “omissiva” per non
avere assicurato misure adeguate ad evitare il contagio che inizialmente avrebbero dovuto
consistere in apposite misure di accettazione, isolamento e distanziamento.
Circa il nesso di causalità in caso di infezioni ospedaliere, anche alla luce dell’incertezza
sulle stesse, la valutazione causale viene condotta secondo il criterio del “più probabile che
non”. Il caso assume particolare delicatezza laddove, a seguito delle infezioni, il soggetto
vada incontro all’evento morte per Covid-19 proprio perché l’infezione presenta un alto tasso
di mortalità nei soggetti già affetti da altre patologie.
In conclusione di questa breve disamina, possiamo affermare che, per il riconoscimento della
responsabilità in capo alle strutture, fondamentale sarà la valutazione del grado di diligenza,
intesa come valutazione della qualità della gestione del rischio sanitario.

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