Editoriale – “Soldati” è una celebre poesia di Giuseppe Ungaretti scritta verso la fine della Prima guerra mondiale. Il titolo originale era Militari. Un passaggio particolare di questa silloge è entrata nel lessico letterario e talvolta anche nel linguaggio di uso comune: “si sta come d’autunno gli alberi le foglie“.
La parafrasi è evidente nell’analizzare per l’appunto la condizione precaria dei soldati.
La poesia è composta da quattro versi liberi brevi il cui significato è immediatamente chiaro e impatta sulla percezione del lettore. Tutto il senso di questa brevissima e intensa lirica è affidato a una similitudine: i soldati in trincea, minacciati da uno scontro a fuoco e, come le foglie degli alberi d’autunno, possono cadere da un momento all’altro.
L’incertezza e la minaccia che vivono i soldati e foglie è chiara e colpisce scatenando in lui intense sensazioni di rassegnazione e irrequietudine. La vita dei soldati in trincea è precaria così come quella delle foglie d’autunno, né gli uni né le altre possono fare nulla per modificare la loro condizione.
A livello formale, come in molte altre liriche, Giuseppe Ungaretti sceglie di non utilizzare alcun tipo di punteggiatura e ciò lo aiuta a dare l’idea di un flusso continuo, quasi come se il tempo si fosse fermato per quelle foglie e quei soldati negli istanti che precedono la fine.
Era il 1918 quando questi versi vennero scritti su carta con la penna stilografica dell’autore. Epoche che ci sembravano lontane e riferite ad una guerra parimenti molto lontana.
Invece oggi gli italiani sono quei soldati, tutti in trincea a combattere una guerra contro un nemico di non chiara identità. Dopo un anno vi è la rassegnazione del popolo ormai assuefatto a vivere senza la sera, a ridisegnare la vita tra le quattro mura domestiche.
Costrizioni, restrizioni, controlli, paura, allarme, preoccupazione, rischi, morte, terapie intensive, intubati e potremmo continuare ancora a lungo il vocabolario del terrore ansiogeno somministrato in dosi massicce agli italiani che ormai anche sul numero dei contagiati e dei morti si sono assuefatti. Ci si dispiace degli altri, ma poi ognuno deve fare i conti con la propria esistenza.
Il covid ha reso quindi molti italiani, soprattutto i combattenti delle attività produttive dei veri e propri soldati, e le condizioni di molte categorie sono parafrasabili alla poesia di Ungaretti, soldati e precari. Che del doman non vi fosse certezza ci aveva avvertito Dante Alighieri, ma anche la dottrina di Santa Romana Ecclesia parla chiaro: vegliate perchè non sapete nè il giorno, nè l’ora (Mt.24-42).
L’epoca del covid ci ha resi fragili, sotto certi punti di vista si avverte una irreale immortalità insidiata da questo nemico invisibile arrivato chissà da dove e chissà perchè. Sembra programmato al computer per gli effetti devastanti sull’essere umano che ne possa produrre: sia in termini di manifestazione subdola della malattia, sia in ragione delle conseguenze esistenziali che gravano su molti, non su tutti ovviamente.
Una parte degli italiani (soprattutto quella politica) resta poco scalfita dall’emergenza, ma la parte produttiva è messa allo stremo, anche chi sta bene sta male ed anche la dignità dell’essere umano italiano (non ci interessa se la Merkel qui e la Merkel là) e quindi i soldati del terzo millennio avanzato non stanno nemmeno più come d’autunno gli alberi le foglie, ma come mollette sui fili appesi dei panni stesi.
Un rosso che sventola afflitto, piegato e sbiadito, messo sempre più in balia di intemperie imprevedibili. La resistenza della foglia sull’albero è un fatto naturale, di colori che diventano verdi e poi si tingono del secco marrone. Gli italiani plasticizzati sono invece come le mollette. A scatto dei colori regionali, programmati per una ritualità ordinaria, che li criminalizza se escono per le vie delle città anche quando il color color lo consente.
Il dito puntato l’uno contro l’altro non è altro che l’obiettivo di un meccanismo mirato a dividere per imperare. E per molti, a breve non ci saranno più nemmeno i panni da stendere.
Ai posteri le ardue sentenze!
It is like clothespins on the hanging strings of clothes hanging
Editorial – “Soldati” is a famous poem by Giuseppe Ungaretti written towards the end of the First World War. The original title was Military. A particular passage of this collection has entered the literary lexicon and sometimes even the language of common use: “you are like autumn trees and leaves”.
The paraphrase is evident in analyzing precisely the precarious condition of the soldiers.
The poem is composed of four short free lines whose meaning is immediately clear and impacts on the reader’s perception. The whole meaning of this very short and intense lyric is entrusted to a simile: the soldiers in the trenches, threatened by a fire fight and, like the leaves of the autumn trees, can fall at any moment.
The uncertainty and threat experienced by the soldiers and the leaves is clear and striking, triggering intense feelings of resignation and restlessness in him. The life of the soldiers in the trenches is precarious as is that of autumn leaves, neither of them can do anything to change their condition.
On a formal level, as in many other lyrics, Giuseppe Ungaretti chooses not to use any type of punctuation and this helps him to give the idea of a continuous flow, almost as if time had stopped for those leaves and those soldiers in the moments that precede the end.
It was 1918 when these verses were written on paper with the author’s fountain pen. Epochs that seemed distant to us and referred to a war that was also very distant.
Instead, today the Italians are those soldiers, all in the trenches fighting a war against an enemy with no clear identity. After a year there is the resignation of the people now addicted to living without the evening, to redesign life within the four walls of their homes.
Constraints, restrictions, controls, fear, alarm, worry, risks, death, intensive care, intubated and we could continue for a long time the vocabulary of anxiety-inducing terror administered in massive doses to Italians who have now become addicted to the number of infected and dead. . We feel sorry for others, but then everyone has to deal with their own existence.
The covid has therefore made many Italians, especially the fighters of the productive activities of real soldiers, and the conditions of many categories are paraphrasable to the poetry of Ungaretti, soldiers and precarious. Dante Alighieri warned us that there was no certainty about tomorrow, but also the doctrine of Santa Romana Ecclesia speaks clearly: keep watch because you know neither the day nor the hour (Mt 24-42).
The era of the covid has made us fragile, from certain points of view there is an unreal immortality threatened by this invisible enemy who came from who knows where and who knows why. He seems to be programmed on the computer for the devastating effects on the human being that it can produce: both in terms of the subtle manifestation of the disease, and because of the existential consequences that affect many, obviously not everyone.
A part of the Italians (especially the political one) remains little scratched by the emergency, but the productive part is put to the limit, even those who are well are ill and also the dignity of the Italian human being (we do not care if Merkel here and Merkel there) and therefore the soldiers of the third advanced millennium are no longer even like trees and leaves in autumn, but like clothespins on the strings of hanging clothes.
A red that flutters afflicted, bent and faded, put more and more at the mercy of unpredictable weather. The resistance of the leaf on the tree is a natural fact, of colors that turn green and then turn dry brown. The plasticized Italians are instead like clothespins. A snap of regional colors, programmed for an ordinary ritual, which criminalizes them if they go out on the streets of cities even when the color color allows it.
The finger pointing at each other is nothing more than the goal of a mechanism aimed at dividing to rule. And for many, soon there will be no more clothes to hang.
To posterity the arduous sentences!