Cosenza – Ormai il vaccino oltre alla parola piu’ utilizzata in tutti i media e giornalmente è diventata l’unica speranza per uscire dalla pandemia. Hippocrate University ha raccolto una serie di informazioni mettendo a punto questa breve ricerca certificata:
Il vaccino è un farmaco che stimola il sistema immunitario a produrre anticorpi, deputati a combattere i microrganismi causa di malattia. In pratica, quando ci vacciniamo, il nostro corpo reagisce come se stesse affrontando un’infezione, senza tuttavia averla contratta. La vaccinazione lo rende cioè capace di riconoscere, attraverso lo sviluppo della memoria immunologica, l’agente estraneo contro cui il vaccino è diretto e di innescare una risposta immune. Molto più velocemente di quanto avverrebbe in risposta a una infezione naturale in una persona che non abbia precedentemente contratto la malattia.
Va ricordato che i vaccini hanno sconfitto malattie terribili, come il vaiolo e il tetano neonatale, e ne hanno reso rare molte altre, come la difterite e la polio. Quest’ultima, ad esempio, ha visto diminuire il numero di casi nel mondo da 350.000 nel 1988 a 33 nel 2018 (l’Italia e la Regione europea dell’OMS sono oramai polio free), e anche la mortalità per morbillo è stata drasticamente ridotta: dai 550.000 morti nel 2000 ai circa 90.000 nel 2016, ben l’84% in meno. A livello globale, è stato stimato che le vaccinazioni prevengono ogni anno fino a 3 milioni di decessi (7.000 al giorno).
La qualità dei vaccini ad uso umano è oggetto di grande attenzione anche perché sono farmaci che vengono utilizzati in una popolazione sana a scopo profilattico e per i quali il rapporto rischio/beneficio si basa anche su complesse valutazioni di natura epidemiologica. Pertanto la qualità di tali prodotti è stata sempre sottoposta da parte delle autorità regolatorie nazionali ed internazionali a valutazioni chimico-fisiche-biologiche e i criteri adottati per accertarne l’idoneità all’utilizzo si sono evoluti nel tempo grazie allo sviluppo delle conoscenze scientifiche e tecnologiche nel settore.
La scelta di processi di produzione sempre più sofisticati e gestiti con specifici sistemi di qualità nel rispetto delle Buone Pratiche di Fabbricazione (GMP) consente la produzione di vaccini di elevata e riproducibile qualità, adeguatamente controllati. Dopo la fase di sviluppo farmaceutico, i vaccini sono analizzati per numerosi parametri di qualità che devono confermare che il prodotto sia adeguato all’impiego; segue successivamente l’effettuazione degli studi pre-clinici, utilizzando sistemi sperimentali convalidati che consentono di valutarne la sicurezza, prevedendo anche, per quanto la conoscenza scientifica lo consenta, l’eventuale presenza di rischi per la salute associati alla loro somministrazione nel corso di trials clinici su un crescente numero di soggetti. Infatti solo in seguito alla valutazione da parte dell’autorità regolatoria della documentazione fornita dalla ditta relativamente agli studi di sicurezza pre-clinica (modelli in vitro e in vivo) il vaccino viene avviato alla sperimentazione clinica, al fine di confermarne ulteriormente la sicurezza e valutarne l’efficacia nell’uomo con studi controllati progressivamente più ampi (studi di sperimentazione clinica di Fase I, II e III). Il vaccino, al termine di questa lunga serie di sperimentazioni/valutazioni, viene sottoposto ad una procedura di autorizzazione alla immissione in commercio, in cui la Autorità di controllo nazionale o europea (EMA), a seconda del tipo di vaccino, esprime un giudizio di accettabilità o meno del prodotto, sulla base dei dati di qualità, e sicurezza/efficacia pre-clinica e clinica forniti dall’azienda. Da sottolineare che l’approccio descritto viene condotto secondo regole e procedure ben definite a livello internazionale e nazionale, in contesti qualificati e con la partecipazione di pannelli di esperti che valutano su base scientifica i dati prodotti dalla azienda. Al termine di questo lungo processo, il vaccino può essere autorizzato o meno al suo utilizzo nella popolazione identificata nell’ambito dello studio clinico. Nel caso venga autorizzato, ogni lotto prima di essere commercializzato in Italia e in molti paesi europei è sottoposto per legge a controllo di stato da parte di uno degli Official Medicine Control Laboratory del Network Europeo secondo regole e procedure condivise e consolidate.
Successivamente alla fase di registrazione, il vaccino utilizzato nella popolazione ricade sotto la rete di farmacovigilanza, che valuta tutte le possibili associazioni tra trattamento con un farmaco (in questo caso i vaccini) e potenziali effetti collaterali, consente di acquisire informazioni più ampie su tutta la popolazione trattata e sulla presenza di reazioni (previste/prevedibili o meno) a seguito della somministrazione del prodotto. Pertanto, le segnalazioni di eventi avversi emersi negli studi clinici e adeguatamente considerati nella fase autorizzativa (poi riportati nel foglietto illustrativo), sono integrate dalle eventuali segnalazioni di farmacovigilanza che provengono dall’uso sul campo dei vaccini stessi in una popolazione estremamente più ampia e caratterizzata da possibili variabili individuali, come avviene per qualsiasi altro tipo di farmaco. In questa fase vengono quindi evidenziate eventuali reazioni avverse così rare da essere evidenziabili solo dopo che milioni di individui siano stati trattati. In questa fase vengono anche evidenziate associazioni tra somministrazione del vaccino ed comparsa dell’evento avverso che sono solo temporalmente associati, pur non essendo presente e dimostrato un reale rapporto di causa-effetto sostanziato da meccanismi chiari. Anche se da un punto di vista della numerosità stiamo parlando di eventi molto rari, sono purtroppo questi gli aspetti particolarmente critici perché possono portare alla ribalta i vaccini come responsabili di patologie che invece sono ad essi associate esclusivamente a livello di mera coincidenza temporale.
Come menzionato prima, deve essere chiaro che anche i vaccini, come tutti i farmaci esistenti, hanno un profilo rischio-beneficio e che il cosiddetto “rischio zero” per un farmaco non esiste. E tanto maggiore sarà il numero di soggetti trattati tanto maggiore sarà la probabilità di avere una reazione avversa potenzialmente associata alla sua somministrazione. Tuttavia, i vaccini rappresentano forse i farmaci con il rapporto rischio/beneficio più sbilanciato a largo vantaggio di quest’ultimo; purtroppo però, per varie ragioni, attualmente una parte di opinione pubblica ha invece la percezione di un beneficio modesto o nullo della profilassi vaccinale, a fronte di un rischio di reazioni avverse percepito come molto elevato, anche tenendo conto delle considerazioni espresse sopra. Ricordiamo, tra tanti, i vari esempi legati alla associazione tra vaccini ed autismo, scientificamente mai dimostrata in numerosi studi, e quelli relativi alla problematica della presenza di metalli, presenti in forma micro- e nano-particellare nei vaccini. Dalla presenza di questi elementi alcuni ritengono che potrebbero derivare una serie di patologie, sia di natura neurologica che immunologica. In questo caso, spinto dalla risonanza della problematica, l’Official Medicine Control Laboratory (OMCL) Francese dell’Agence Nationale de Sécurité du médicament et des Produits de Santé (ANSM), appartenente al Network Europeo degli OMCLs, ha effettuato uno studio su diversi vaccini, integrando la ricerca dei metalli con l’analisi quantitativa dei metalli mediante ICP/MS (Inductive Coupled Plasma Mass Spectrometry), utilizzando tutta una serie di opportuni controlli. I risultati sono presentati in dettaglio nel Report « Etude comparative de recherche de particules et éléments dans des vaccins et autres produits de santé injectable, Note de Synthèse 16-A-0238 »
Gli elementi inorganici evidenziati in maniera qualitativa mediante microscopia elettronica sono risultati ad una analisi quantitativa sia al di sotto dei livelli di quantificazione del ICP/MS o presenti nell’ordine di alcuni µg/ml e, comunque, al di sotto dei valori standard applicabili ad altri farmaci iniettabili. I risultati dello studio francese dimostrano quindi che i metalli nei vaccini sono presenti ma, se analizzati in maniera quantitativa, a livelli così bassi da non costituire in alcun modo un pericolo quando esaminati da un punto di vista tossicologico, anche in considerazione delle quantità di metalli che sono assorbiti giornalmente dall’atmosfera, dagli alimenti e da altre fonti.
Dal 2013 al 2016, è stata registrata in Italia una diminuzione delle coperture vaccinali per diverse malattie prevenibili da vaccino e per contrastare questo fenomeno, nel 2017 è stato pertanto esteso l’obbligo vaccinale da 4 a 10 vaccinazioni. Quindi, per i minori tra 0 e 16 anni e per i minori stranieri non accompagnati sono obbligatorie e gratuite – in base alle specifiche indicazioni del Calendario Vaccinale Nazionale relativo a ciascuna coorte di nascita – le seguenti vaccinazioni:
- anti-poliomielitica
- anti-difterica
- anti-tetanica
- anti-epatite B
- anti-pertosse
- anti-Haemophilus Influenzae tipo B
- anti-morbillo
- anti-rosolia
- anti-parotite
- anti-varicella
L’obbligatorietà per le ultime quattro è soggetta a revisione ogni tre anni in base ai dati epidemiologici e delle coperture vaccinali raggiunte. A queste 10 vaccinazioni se ne aggiungono quattro che il decreto prevede ad offerta attiva e gratuita, ma senza obbligo, da parte di Regioni e Province autonome:
- anti-meningococcica B
- anti-meningococcica C
- anti-pneumococcica
- anti-rotavirus
Tuttavia, si ricorda l’importanza delle altre vaccinazioni dell’adolescenza, non menzionate nella legge dell’obbligo, ma previste nel Calendario vaccinale nazionale
- HPV
- Meningococco ACWY
I richiami dell’adulto ogni dieci anni per difterite, tetano, pertosse e quelle previste per gli anziani
- anti-pneumococcica
- anti- zoster
- anti-influenza
Le coperture
Sono cresciute nel 2018 le coperture vaccinali di bambini e adolescenti rispetto al 2017, come attestano i dati elaborati dalla Direzione generale della prevenzione sanitaria del Ministero della Salute.
La copertura nazionale a 24 mesi (per i bambini nati nel 2016) nei confronti della polio (usata come indicatore per le vaccinazioni contenute nell’esavalente) raggiunge il 95% (soglia minima raccomandata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità – OMS), guadagnando un +0,49% rispetto al 2017, con 14 Regioni che superano il 95% e due che vi si avvicinano (Valle d’Aosta e la provincia Autonoma (P.A.) di Trento). Tuttavia, in quattro Regioni (Friuli-Venezia Giulia, Marche, Sicilia e Veneto) la copertura è sotto la soglia e nella P.A. di Bolzano arriva solo all’ 83,33%.
La copertura per la prima dose di vaccino contro il morbillo arriva al 93,22% (con un +1,38% rispetto all’anno precedente) a fronte del 95% necessario per fermare la trasmissione della malattia a livello di comunità, mentre la P.A. di Bolzano ha una copertura inferiore al 90%. Nonostante il trend sia in aumento, non si è ancora raggiunto, a livello nazionale, l’obiettivo del 95% per la vaccinazione contro morbillo-parotite-rosolia in tutte le fasce d’età considerate.
Crescono anche le coperture per le vaccinazioni anti-pneumococcica (91,89% nel 2018 rispetto al 90,90% nel 2017) e anti-meningococcica C (84,93% nel 2018 rispetto al 82,64% nel 2017). Migliorate le coperture a 36 mesi (bambini nati nel 2015) e quelle a 48 mesi (bambini nati nel 2014), rilevate per verificare le attività di recupero nei bimbi inadempienti: l’anti-polio passa da 93,33% a 96% e l’anti-morbillo da 87,26% a 94,93%. Per le coorti di nascita successive si registrano quindi recuperi di copertura, senza tuttavia raggiungere l’obiettivo del 95%.
Riguardo alle vaccinazioni in età pre-scolare, a 5-6 anni (bambini nati nell’anno 2011), si registra un +2% per la quarta dose di anti-polio (90,71% nel 2018 rispetto a 88,69% nel 2017) e un +3,47% per la seconda dose (ciclo completo) di anti-morbillo (89,20% nel 2018 rispetto a 85,74% nel 2017).
Per le vaccinazioni eseguite entro gli 8 anni (bambini nati nel 2010) si registra un recupero: la copertura nei confronti della polio (quarta dose) guadagna un +3,49% arrivando a 92,18% e quella contro il morbillo (seconda dose) un +4,27% raggiungendo il 90,01%.
Anche per le vaccinazioni effettuate nell’adolescenza (sedicenni, coorte 2002 e diciottenni, coorte 2000) si conferma un leggero miglioramento nelle coperture.
Nel Mondo
I dati sulle coperture vaccinali globali 2018 dell’OMS attestano che la copertura per la prima dose del vaccino contro difterite, tetano e pertosse (DTP) è rimasta pressoché invariata fra il 2010 (89%) e il 2018 (90%), mentre è aumentata di poco, dall’84 all’86% quella relativa al ciclo completo, ovvero alla terza dose. Globalmente circa 19,4 milioni di bambini (14%) non hanno completato il ciclo vaccinale e 13,5 milioni (70%) non ha ricevuto alcuna dose di questo vaccino. Per quel che riguarda il vaccino contro il morbillo, la copertura è rimasta tra l’84 e l’86% sempre tra il 2010 e il 2018. È aumentata la copertura per altre vaccinazioni, quali quella contro il rotavirus, lo pneumococco, l’Haemophilus Influenzae e l’Epatite B. Quindi, nel complesso, si può dire che da quando l’OMS ha lanciato nel 1974 il programma allargato di vaccinazione sono aumentati il numero di vaccini e le dosi somministrate e, di pari passo, anche le coperture, pur facendo registrare una notevole variabilità tra le diverse aree del pianeta: ad esempio le coperture per la prima e terza dose di DTP, che rappresentano un buon indicatore di performance dei programmi di vaccinazione, sono rispettivamente del 97% e del 94% in Europa contro l’84% e il 76% in Africa.