Firenze – Con lo slogan “Ovunque per il bene di tutti”, si è aperto a Firenze il primo congresso ‘anti-Covid’ della Federazione nazionale ordini professioni infermieristiche. E nella Giornata internazionale dell’infermiere, nella sala del Cenacolo della basilica di Santa Croce, che oggi peraltro riapre ai turisti, sono tre le richieste avanzate a governo, Regioni e Parlamento: “Più organici per far fronte alla carenza che sta assumendo contorni rischiosi per la tutela della salute; subito specializzazioni e nuove competenze per gli infermieri; più forza alla specificità infermieristica riconosciuta nella legge di Bilancio 2021, ma che ora si deve sviluppare e crescere ancora”.
Le richieste arrivano da Firenze. Scelta non banale visto che si tratta della città natale di Florence Nightingale, considerata la madre dell’infermieristica moderna. Ma il capoluogo toscano per la federazione rappresenta l’inizio di un percorso pensato “per andare a raccogliere, documentare, leggere, vedere le esperienze di buona pratica professionale, quelle che quotidianamente bisognerebbe mettere in campo per l’assistenza agli assistiti, sul territorio, in ospedale, a domicilio”. Lungo questo percorso, quindi, “raccoglieremo frammenti di vita professionale e li formuleremo in una sintesi che, a dicembre, restituiremo alle istituzioni un po’ per dare il senso di quello che siamo e facciamo”, un po’ per mettere in luce “le potenzialità che la professione infermieristica può dare al Paese”, spiega alla ‘Dire’ la presidente di Fnopi, Barbara Mangiacavalli.
Il filo rosso che contraddistinguerà i lavori sarà dunque l’infermieristica di prossimità, a partire dall’infermiere di famiglia e comunità, figura presente in Toscana dal 2018 e che, col decreto Rilancio, è stata istituita per legge e dovrebbe essere presente in tutte le Regioni. “Gli infermieri, infatti, non vogliono che il paziente debba raggiungere necessariamente una struttura per essere assistito: sono loro che vanno verso il cittadino, sviluppando così i presupposti dell’assistenza territoriale finora mai decollata e che potrebbe essere ormai a un passo con le novità in arrivo dal Pnrr”, sottolineano da Fnopi.
Sarà quindi un congresso a prova di Covid, senza assembramenti, ma con i componenti del comitato centrale della federazione in viaggio (i prossimi appuntamenti, a giugno, saranno nelle zone più colpite dal virus nella prima fase e che registrano ancora il maggior numero di contagi e decessi: Lombardia, Piemonte, Liguria). Salutato quest’oggi anche dal ministro della Salute Roberto Speranza, che in un video messaggio ha sottolineato: “Abbiamo bisogno di chiudere la stagione dei tagli e ricominciare ad investire con grande forza”, valorizzando “anche la finestra di opportunità che il Recovery ci offre. Sono risorse importanti che possono consentirci di costruire un servizio sanitario nazionale migliore”. E in questo sforzo, ha continuato, “abbiamo bisogno di lavorare insieme. Il vostro mondo è fondamentale per rendere più forte il servizio sanitario e l’occasione è ora, questo è il momento giusto per questa nuova consapevolezza che c’è”.
Il congresso, ha poi osservato il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, “è un segno di speranza, sia perché rappresenta con tutte le misure del caso un evento in presenza dopo tanta attesa, sia perché il ruolo degli infermieri è fondamentale per come hanno saputo agire durante l’emergenza, con la crescita della professionalità, dell’impegno e del sacrificio e una forte motivazione professionale ed etica”. Nel suo messaggio, l’assessore toscano alla Sanità Simone Bezzini, impegnato a Roma per il piano vaccini, ha ricordato che la Toscana “è una delle pochissime Regioni ad aver assunto infermieri nel 2020“. Quindi ha scelto le parole del direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, secondo il quale gli infermieri “sono la spina dorsale di qualsiasi sistema sanitario e oggi, molti di loro si trovano in prima linea nella battaglia contro Covid-19″.
IN ITALIA MANCANO 63.000 INFERMIERI E SONO I MENO PAGATI D’EUROPA
Rispetto alla media europea in Italia mancano all’appello più di 63.000 infermieri. Piante organiche ristrette (e in sofferenza) e paghe più basse: “Sono i meno pagati tra quelli degli Stati maggiormente industrializzati in Europa e in tutto il mondo occidentale”, sottolinea la Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi), che a Firenze inaugura il congresso itinerante.
In pratica, mentre i Paesi Ue viaggiano a circa 1.000 infermieri ogni 100.000 abitanti, in Italia non si arriva a 600. E stando al centro studi della Fnopi il mancato fabbisogno si fa sentire in tutte le regioni: si va dagli oltre 9.000 professionisti mancanti in Lombardia, ai quasi 7.000 nel Lazio, 6.300 in Campania, 5.700 in Sicilia, 4.800 in Puglia, 4.500 in Veneto, 4.000 in Piemonte e 3.700 in Toscana, tanto per citare le regioni con i numeri più significativi.
Dall’ultimo contratto, prima di quello del 2018, “per ragioni di contenimento economico, si sono susseguiti numerosi blocchi del turnover superati solo dai provvedimenti introdotti dal Dl Crescita nel 2019″, si spiega. Nel 2020, poi, con i provvedimenti e gli interventi in emergenza che si sono susseguiti a causa della pandemia da Covid (in particolare il decreto Rilancio) si è prevista l’integrazione degli organici infermieristici: prima con contratti flessibili, poi, dal 2021, con contratti a tempo indeterminato. Tuttavia, “l’intervento, seppure assolutamente meritorio, è parziale e copre le necessità legate all’emergenza”.
Oltre a questo, si spiega, “uno dei problemi maggiori da affrontare rispetto alla crescita e alle aumentate responsabilità e specializzazioni della professione infermieristica, è sicuramente quello delle retribuzioni. Oggi questa voce è inserita del più vasto contenitore del ‘personale non dirigente’, anche se a molti infermieri sono affidati ruoli di coordinamento e di responsabilità anche di distretti sanitari. Anche da questo nasce l’esigenza di un’area infermieristica separata, in cui sia possibile riconoscere i diversi livelli di responsabilità e di merito e prevederne un’adeguata, conseguente, retribuzione”.
LA CARENZA DI INFERMIERI PUÒ PROVOCARE RISCHI SERI PER LA SALUTE
Oltre 60.000 infermieri. Sono quelli che in Italia mancano al conto secondo la Fnopi, che oggi inaugura il suo congresso itinerante partendo da Firenze. Si tratta di una “carenza documentata da molto tempo e peraltro che ogni anno peggiora“, spiega all’agenzia Dire Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale ordini professioni infermieristiche. Il gap sul fabbisogno “ha dimostrato i suoi effetti negativi proprio durante la pandemia e ora, con il necessario recupero di un’assistenza di qualità anche verso i pazienti non Covid”, potrebbe “trasformarsi in un serio rischio per la salute”, sottolinea.
I fattori che hanno portato a questa situazione, aggiunge, “sono molteplici”. Come il contenimento della spesa, il blocco del turnover e i “provvedimenti che negli ultimi dieci, quindici anni, hanno contingentato la possibilità di assumere da parte delle aziende”. Aziende che non hanno assunto “perché non si poteva, non perché non ne avessero bisogno”. E questo “in qualche modo ha poi disincentivato i numeri della formazione“.
Un punto, quest’ultimo, su cui Mangiacavalli apre una riflessione: “Mediamente servono quattro, cinque anni per formare un infermiere. È vero che la laurea abilitante è triennale”, tuttavia il percorso degli studi è molto concentrato, così in molti l’allungano di un semestre, osserva. In “moltissimi, poi, procedono con percorsi di formazione ulteriori”. Quindi “è evidente che bisogna partire con anticipo” e “se si fosse tenuto conto delle nostre richieste avremmo circa 14.000 infermieri in più e già in servizio”.
Certo, conclude, “quest’anno c’è stato un impulso importante, sono stati previsti quasi 23.000 posti, la totalità delle possibilità. Ed è iniziato un confronto importante con i ministeri dell’Università, della Salute e la Conferenza delle Regioni, affinché si possa andare a strutturare una ridefinizione del fabbisogno formativo, di base e specialistico, che tenga conto dei mutati bisogni di salute dei cittadini”.
CON IL RECOVERY FNOPI PUNTA SULL’INFERMIERISTICA DI COMUNITÀ
La Fnopi torna a puntare sull’infermieristica di comunità. E questo uno dei temi principali battuti e percorsi dal congresso della Federazione, inaugurato oggi nel complesso di Santa Croce di Firenze. Nelle venti tappe itineranti per l’Italia “daremo evidenza di queste esperienze, perché, dove sono presenti, gli esiti sulla salute sono ormai documentati: migliorano l’aderenza terapeutica e l’equilibrio della persona. Quindi riteniamo, anche in coerenza di quanto afferma il Piano nazionale di ripresa e resilienza, che questo sia un modello su cui puntare“, spiega all’agenzia Dire Barabara Mangiacavalli, presidente della Fnopi.
L’infermieristica di comunità, prosegue, “è presente in Italia da molto tempo, anche perché arriva da indicazioni dell’Oms di più di venti anni fa”. Poi “è stata formalizzata con il decreto Rilancio, grazie al ministro Speranza”, tradotto poi in legge. “La contingenza della pandemia ha un po’ accelerato la nascita di questa funzione che attiva le risorse dei territori”. Una pratica, conclude, che “fa rete tra specialisti, medici di famiglia, terzo settore, istituzioni locali così che il domicilio diventi luogo elettivo di cura e di assistenza, con i servizi che ruotano attorno alla persona in una logica multiprofessionale e d’equipe”.
GIANI: “IL SISTEMA DEVE AMPLIARSI, SERVONO PIÙ RISORSE”
Più medici e più infermieri. Il sistema sanitario si deve rinforzare. È questo la sintesi del messaggio che il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, manda allo Stato intervenendo alla prima tappa del congresso della Fnopi, partito da Firenze. “Dobbiamo guardare al futuro. La pandemia ci ha insegnato che il sistema sanitario deve ampliarsi, chiedere più risorse, impostare sempre meglio la formazione e il lavoro di medici, infermieri, operatori sanitari”, sottolinea all’agenzia Dire.
“Ce ne rendiamo conto- prosegue- anche solo per cose che prima non esistevano e che ora rimarranno permanenti per alcuni anni. Pensiamo alla vaccinazione, ciò che oggi ci sta impegnando più di ogni altra cosa” in una regione “che in pochi mesi ha vaccinato più di un milione di persone con la prima dose” e complessivamente “ne ha somministrate un milione e mezzo. Questo grazie a infermieri, medici, volontari, ma erano funzioni che prima non esistevano e che comunque dovranno rimanere per tre, quattro anni”. Quindi “le cure negli ospedali, la presenza nel territorio, oggi la vaccinazione” con l’infermiere “che diventa una figura fondamentale nella vita non solo della sanità ma della comunità“.
FNOPI LANCIA IL VOLUME ‘FLORENCE NIGHTINGALE E L’ITALIA’
Con l’avvio del congresso nazionale, la Fnopi lancia anche il volume “Florence Nightingale e l’Italia. Due secoli di arte e scienza infermieristica”, pubblicato dalla stessa Federazione nazionale ordini e professioni infermieristiche per celebrare la fondatrice delle scienze infermieristiche moderne.
Si parte dalla biografia scritta da un infermiere, Giulio Zella, “affinché il rigore della ricerca fosse mitigato dalla passione professionale”, si spiega. Quindi, a Luca Borghi, storico della medicina, è stato affidato il compito di dare una visione del contesto scientifico dell’Ottocento. Ovvero, a che stadio era la medicina negli anni ’20 del secolo? Quale rivoluzione sanitaria si sviluppò nell’arco dei 90 anni di vita di Florence? Edoardo Manzoni, professore di storia e filosofia dell’assistenza infermieristica all’Università di Milano, ha ricostruito in modo certosino tutti gli spostamenti di Florence lungo lo Stivale, nonché i carteggi e gli incontri con personalità italiane una volta rientrata a Londra dopo la Crimea. Nightingale, spiega all’agenzia Dire Valerio Dimonte, professore di scienze infermieristiche all’Università di Torino, “per la prima volta mette delle basi scientifiche” alla pratica “attraverso conoscenza e formazione”. Con lei, quindi, si sviluppano concetti come “l’igiene dell’ambiente, del malato, la cura del microclima”, il tutto “misurando statisticamente i risultati dell’assistenza”. In lei, inoltre, è forte la componente valoriale: “Considerare le persone tutte uguali”, così “da trattare un soldato semplice come un ufficiale durante la guerra di Crimea”. Per questo “è importante ricordarne gli aspetti valoriali“, così come l’input su “formazione, pratica e valutazione del risultato sulla pratica”.
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