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Trattamento Iva dei differenziali su contratti derivati legati all’energia

Superate le indicazioni della prassi precedente secondo cui le somme versate in esecuzione di tali accordi non erano qualificate come corrispettivi di una controprestazione

Le operazioni oggetto di contratti relativi a strumenti finanziari derivati su commodities – dai quali può scaturire, a scadenza, l’incasso o il pagamento per le parti, rispettivamente, di differenziali monetari positivi o negativi – sono prestazioni relative a strumenti finanziari e la loro base imponibile è costituita dal differenziale stesso. Tali prestazioni sono rilevanti, ai sensi dell’articolo 7-ter, comma 1, lettera a) del decreto Iva, nel Paese di stabilimento del committente soggetto passivo d’imposta. In particolare, in merito allo scambio di differenziali monetari, poiché risultano due distinte prestazioni, le posizioni delle parti andranno trattate autonomamente e rileveranno distintamente ai fini Iva, a seconda che il differenziale sia positivo o negativo.
In estrema sintesi, è quanto chiarisce l’Agenzia delle entrate con la risoluzione n. 1/E del 3 gennaio 2022, sollecitata a pronunciarsi sul trattamento Iva dei richiamati differenziali, la cui consistenza è legata, nel caso particolare, alla variazione del prezzo dell’energia elettrica.

Nel dettaglio, l’amministrazione osserva che, quando il contratto sottoscritto tra acquirente e venditore riguarda la compravendita di energia elettrica con regolazione e impegno al versamento dei differenziali di prezzo, a copertura del rischio di oscillazione del prezzo dell’energia, si è in presenza di un contratto di finanza derivata (swap). Un contratto che, secondo quanto chiarito in più occasioni dalla Corte di cassazione (cfr pronuncia n. 10598/2005), è aleatorio: le parti si obbligano reciprocamente all’esecuzione, l’una nei confronti dell’altra, alla scadenza di un termine prestabilito, di una certa prestazione pecuniaria, il cui ammontare è determinato da un evento incerto; effettuati i calcoli all’esito del periodo pattuito, uno dei contraenti si trova a debito nei confronti dell’altro ed è tenuto a pagare la differenza.

Sul piano fiscale, continua l’Agenzia, le operazioni di finanza derivata trovano la loro disciplina di riferimento, ai fini Iva, nell’articolo 10, n. 4), del Dpr n. 633/1972, che ricomprende, tra quelle esenti dall’imposta, “le operazioni relative ad azioni, obbligazioni o altri titoli non rappresentativi di merci e a quote sociali, eccettuati la custodia e l’amministrazione dei titoli nonché il servizio di gestione individuale di portafogli; le operazioni relative a valori mobiliari e a strumenti finanziari diversi dai titoli, incluse le negoziazioni e le opzioni ed eccettuati la custodia e l’amministrazione nonché il servizio di gestione individuale di portafogli. Si considerano in particolare operazioni relative a valori mobiliari e a strumenti finanziari i contratti a termine fermo su titoli e altri strumenti finanziari e le relative opzioni, comunque regolati; i contratti a termine su tassi di interesse e le relative opzioni; i contratti di scambio di somme di denaro o di valute determinate in funzione di tassi di interesse, di tassi di cambio o di indici finanziari, e relative opzioni; le opzioni su valute, su tassi di interesse o su indici finanziari, comunque regolate”.

Detto ciò, la base imponibile dei differenziali in argomento deve essere individuata nell’importo degli stessi differenziali monetari, anche alla luce dell’articolo 4 della legge n. 146/1998, così come modificato dall’articolo 4, della legge n. 133/1999, il quale stabilisce che “agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto le operazioni dipendenti da contratti pronti contro termine, che prevedono l’obbligo di rivendita a termine di titoli o valuta, si intendono unitariamente come prestazioni di servizi di finanziamento, aventi per base imponibile la differenza tra il corrispettivo a termine e quello a pronti“.

Quindi, conclude l’Agenzia, sono superati, con specifico riferimento alla determinazione della base imponibile dei contratti relativi a strumenti finanziari che danno luogo a differenziali monetari, i chiarimenti forniti con la risoluzione n. 77/1998, secondo la quale “le somme, cosiddetti differenziali, che vengono versate in esecuzione dei contratti stessi, costituiscono l’oggetto della prestazione contrattualmente dedotta e non possono essere qualificate come corrispettivi di una controprestazione, qualificazione quest’ultima che implicherebbe invece la sussistenza di un sinallagma funzionale tra le prestazioni da adempiere da ciascuna delle parti e nel cui reciproco condizionamento risiederebbe la causa negoziale. Trattasi, invece, di contratti aleatori ad alea bilaterale, nei quali alla reciprocità del rischio nel momento genetico del rapporto non corrisponde, tuttavia, una reciprocità di prestazioni legate da un nesso di sinallagmaticità funzionale. Infatti, alla scadenza prefissata, si verifica un fenomeno di concentrazione dell’obbligazione a carico di una sola delle parti contraenti, per cui il contratto dà luogo ad un’unica prestazione”. Chiarimenti anteriori rispetto alla disposizione normativa sopra richiamata di cui all’articolo 4 della legge n. 133/1999.

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