ROMA – Il 10 marzo 1872 moriva Giuseppe Mazzini ed in quello specifico giorno il Grande Oriente d’Italia, guidato allora dal Gran Maestro pratese Giuseppe Mazzoni, prese la decisione di celebrare la commemorazione dei defunti proprio quel giorno, perché il ricordo del grande ‘Esule’ e di tutti i fratelli transitati all’Oriente eterno non passasse nell’oblio.
L’appartenenza alla massoneria in senso organico e attraverso una iniziazione rituale “regolare”, di Giuseppe Mazzini non è mai stata provata, come d’altra parte quella di un altro Padre della Patria, Camillo Cavour, ma è risaputo che i Grandi Maestri dalla seconda metà dell’Ottocento fino all’avvento del fascismo che si susseguirono alla guida della massoneria italiana continuarono a professare il culto della figura e del pensiero del genovese, considerato come l’incarnazione dei più alti ideali proponibili alla nazione italiana, anzi di un’etica di valore universale.
Fu per merito del Gran Maestro Ernesto Nathan, sindaco di Roma e mazziniano massone per eccellenza, che venne varata l’iniziativa dell’Edizione Nazionale degli scritti mazziniani e la figura di Mazzini divenne un retaggio indiscusso del Risorgimento e lo è tuttora. I suoi scritti sui doveri dell’uomo verso l’Umanità, verso la Patria, verso la famiglia, verso se stessi (domande che si ritrovano nel testamento spirituale al momento della iniziazione massonica) la difesa e la diffusione dei valori di Libertà, Uguaglianza, Fratellanza dimostrano quanto il pensiero di Mazzini sia stato vicino ai principi e ai valori massonici al di là di una sua formale iscrizione all’Ordine.
Ma la ricorrenza massonica della commemorazione dei defunti, in questo periodo si rifà anche alla tradizione presente nei popoli antichi, di celebrarla alla fine dell’inverno, in prossimità dell’equinozio di primavera, momento in cui la vita e la natura, passato il momento buio rinascono.