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Se è il datore a imporre il tampone il costo rimborsato è esente da Irpef

Coloro che ricevono le somme e presentano la dichiarazione precompilata dovranno, però, modificare il campo relativo alle spese mediche riducendolo del relativo importo

ROMA – Il rimborso delle spese sostenute dai propri dipendenti, nominati membri di commissioni concorsuali, per l’effettuazione obbligatoria dei tamponi antigenici, non è imponibile, in quanto i costi sono stati sopportati nell’esclusivo interesse del datore di lavoro, ma nello stesso tempo non è detraibile per i percettori. È la precisazione contenuta nella risposta n. 160 del 30 marzo 2022, fornita dall’Agenzia a un Ateneo.

Nel caso prospettato, in pratica, l’Università ha espletato nel 2021 alcune procedure concorsuali in presenza, attenendosi a quanto previsto dal protocollo del dipartimento della Funzione pubblica del 15 aprile 2021, il quale prevedeva che, all’atto dello svolgimento delle prove concorsuali, i membri delle commissioni fossero obbligati a presentare il referto relativo a un test antigenico rapido o molecolare, effettuato mediante tampone oro-faringeo presso una struttura pubblica o privata accreditata/autorizzata in data non antecedente a 48 ore dalla data di svolgimento delle prove. Siccome tra i membri delle commissioni l’istante ha nominato anche personale dipendente, ora è intenzionato a restituire i costi da questo sostenuti. A tal proposito, vuole conoscere quale sia il corretto trattamento tributario da riservare al rimborso effettuato nei confronti dei propri dipendenti, ipotizzando la non imponibilità dello stesso – perché non costituisce reddito da lavoro dipendente – e la contestuale indetraibilità quale spesa sanitaria certificata dallo scontrino della farmacia o fattura del centro medico.

L’Agenzia concorda, anche se, riguardo al trattamento tributario del rimborso in argomento, con diversa motivazione. Nel ribadire, infatti, il concetto della onnicomprensività del reddito di lavoro dipendente, impresso nell’articolo 51, comma 1, del Tuir, che attrae anche i rimborsi spese corrisposti ai lavoratori dai datori di lavoro, richiama, tra l’altro, la risoluzione n. 178/2003. All’epoca ha chiarito che non concorrono alla formazione della base imponibile le somme che non costituiscono un arricchimento per il lavoratore (è il caso, ad esempio, degli indennizzi ricevuti a mero titolo di reintegrazione patrimoniale) e che non sono fiscalmente rilevanti, in capo al dipendente, le erogazioni effettuate per un esclusivo interesse del datore di lavoro.
Ed è proprio questa la situazione prospettatale. Difatti, rispettando i termini del richiamato protocollo della Funzione pubblica, che ha disciplinato le modalità di svolgimento in presenza dei concorsi in condizioni di sicurezza rispetto al rischio di contagio da Covid-19, l’Ateneo ha “costretto” i dipendenti commissari a sostenere le spese per i tamponi.

In sostanza, i costi in questione sono stati sostenuti nell’esclusivo interesse dell’Università, pertanto, il relativo rimborso non costituisce base imponibile, ai fini Irpef, per i dipendenti.

Inoltre, circa la modalità di determinazione dell’ammontare della spesa rimborsata, nella risoluzione n. 74/2017, l’Agenza ha precisato che, qualora il legislatore non abbia provveduto a indicare un criterio per determinare la quota esclusa da imposizione, i costi sostenuti dal dipendente nell’esclusivo interesse del datore di lavoro, devono essere individuati sulla base di documentazione accertabile, al fine di evitare che il relativo rimborso concorra alla determinazione del reddito di lavoro dipendente.
Tirando le somme, l’Ateneo dovrà acquisire la documentazione attestante il sostenimento delle spese per i tamponi da parte dei dipendenti che, conseguentemente, non potranno fruire della detrazione prevista per le spese sanitarie. Coloro che riceveranno il rimborso e presentano la dichiarazione dei redditi precompilata, in particolare, dovranno modificare il campo relativo alle spese mediche riducendolo del relativo importo.

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