Agevolazione “legge Bucalossi”: esclusa per cessioni speculative
L’accordo tra ente pubblico e soggetto privato deve perseguire uno scopo pubblicistico rientrante nell'ambito della trasformazione del territorio nell'interesse della collettività
ROMA – L’agevolazione fiscale che prevede registro in misura fissa e l’esenzione delle imposte ipocatastali è finalizzata a favorire solo quei trasferimenti, destinati alla trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, e comunque riconducibili a un accordo o convenzione da stipularsi tra privato ed ente pubblico, effettuati senza intenti speculativi, che svolgono una funzione ripartitoria-distributiva delle posizioni coinvolte e non una tipica funzione di scambio negoziale. In questi termini si è espressa la Ctr Toscana, con la sentenza n. 229, del 10 febbraio 2022.
I fatti e il processo di primo grado
La controversia originava dall’atto di cessione, da parte di un Comune toscano a una spa, di un complesso immobiliare sito nella provincia fiorentina, adibito ad istituto scolastico.
Al momento della registrazione, l’atto veniva autoliquidato versando l’imposta di registro in misura fissa ed in esenzione delle imposte ipocatastali, invocando la previsione normativa di cui all’articolo 20 legge n. 10/1977, così come modificata dall’articolo l, comma 88 legge n. 205/2017.
L’ufficio territoriale di Firenze, tuttavia, ritenendo che, nel caso di specie, non potesse operare l’agevolazione fiscale richiamata dalla spa, procedeva al recupero della maggiore imposta di registro derivante dall’applicazione della aliquota percentuale del 9%, prevista dall’articolo l della tariffa, parte prima, allegata al Tur, nonché al recupero delle imposte ipotecarie e catastali nella misura fissa.
Con separati ricorsi, il Comune e la spa impugnavano l’avviso avanti alla Ctp di Firenze, ma i primi giudici rigettavano i ricorsi riuniti. Con successivo gravame, i soggetti soccombenti in prime cure eccepivano, per quanto ci concerne in questa sede, l’illegittimità della sentenza per violazione dell’articolo 20, comma 2 legge n. 10/1977.
La sentenza
La Ctr premette che il contratto di cessione in questione aveva come proprio antecedente storico una complessa procedura amministrativa che aveva visto il succedersi di numerosi accordi, tutti finalizzati alla realizzazione di un nuovo liceo ed all’attivazione di sinergie nel campo della ricerca e dello sviluppo tecnologico con l’Università degli Studi del luogo. A detti accordi, partecipavano, con apposito protocollo di intesa, il Comune ove era sito il liceo, la Regione e l’Università.
La spa, venuta a conoscenza del suddetto protocollo, manifestava alla Città metropolitana l’interesse e la disponibilità ad acquisire l’immobile ove aveva la sede principale il suddetto liceo, in quanto adiacente al proprio stabilimento.
Gli enti pubblici interessati, nel sottoscrivere un protocollo operativo istituzionale, rilevavano che era consentita l’alienazione diretta di un bene a soggetti privati qualora la cessione fosse prevista in specifici accordi o programmi di intervento con altri soggetti pubblici (Regione, Comuni, Società, Aziende ed istituzioni) e fosse finalizzata alla realizzazione sullo stesso immobile di opere ed investimenti che concorrevano allo sviluppo economico del territorio della città metropolitana.
Veniva, poi, sottoscritto l’accordo di programma, con l’intervento di tutti i soggetti, pubblici e privati, interessati.
L’agevolazione
Ciò premesso, la Ctr passa a valutare se l’operazione economica interessata potesse o meno essere ricondotta nell’alveo della disciplina di cui all’articolo 20 legge n. 10/1977 (e successive modifiche), arrivando in conclusione ad escludere, nel caso di specie, l’operatività dell’agevolazione, in ragione della natura prettamente speculativa dell’operazione.
In questo senso, prosegue il Collegio toscano, l’articolo 20, comma l della legge citata, norma portante in tema di edificabilità dei suoli, stabilisce che “ai provvedimenti, alle convenzioni e agli atti d’obbligo previsti dalla presente legge si applica il trattamento tributario di cui all’art. 32, secondo comma Dpr 601/1973”, e cioè l’imposta di registro in misura fissa e l’esenzione da imposte ipotecaria e catastale. Non vi è dubbio, infatti, che oggetto della legge in parola siano tutti quegli atti (provvedimenti, convenzioni, atti d’obbligo) finalizzati alla trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, previsti dalla stessa legge, e che, come recita l’art. 1, “ogni attività comportante trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio comunale partecipa agli oneri ad essa relativi e la esecuzione delle opere è subordinata a concessione da parte del sindaco”.
Nel concetto di “convenzioni”, contenuto nella legge del 1977, espone la Ctr, di regola si suole far rientrare sia quelle già disciplinate dagli articoli 7 e 8 della legge stessa in materia di interventi di edilizia abitativa convenzionata ai fini del rilascio del permesso di costruire, sia le convenzioni che – pur assumendo nella prassi negoziale varie colorazioni e contenuti – sono finalizzate a dare la migliore attuazione possibile agli strumenti urbanistici, in generale sancendo l’esatta ubicazione dei lotti edificabili, stabilendo le modalità di esecuzione delle opere di urbanizzazione e fondando l’impegno dei lottizzanti di provvedere ad esse nel rispetto delle modalità convenute nonché alla cessione gratuita a favore del Comune delle aree destinate secondo gli standards urbanistici alla realizzazione delle opere stesse (per parcheggio, verde pubblico, servizi in genere) e, quindi, non utilizzabili a scopi edificatori.
In sostanza, l’agevolazione fiscale in discorso è finalizzata a favorire soltanto quei trasferimenti, destinati alla trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio (e, quindi, comunque riconducibili ad un accordo o convenzione, da stipularsi tra privato ed ente pubblico), effettuati senza intenti speculativi, che svolgono una funzione ripartitoria-distributiva delle posizioni coinvolte, e non una tipica funzione di scambio negoziale.
Pertanto, secondo il Collegio toscano, il regime agevolativo previsto dalla legge Bucalossi presuppone come elemento essenziale della fattispecie l’esistenza di un accordo e/o convenzione finalizzato alla trasformazione del territorio nell’interesse della collettività, da stipularsi tra privato ed ente pubblico, effettuato senza scopi speculativi e con l’intento di mantenere l’equilibrio tra le posizioni coinvolte. Invece, restano fuori dall’ambito applicativo della norma – come anche successivamente riformata dalla legge n. 205/2017 – tutte quelle operazioni negoziali che, pur entrando a far parte di una più ampia programmazione di natura pubblicistica realizzano, di fatto, interessi meramente individualistici.
Da ciò deriva che esulano dall’ambito applicativo dell’agevolazione in parola gli atti traslativi o costitutivi dei diritti reali immobiliari che, svolgendo una funzione meramente negoziale, non sono riconducibili entro l’ambito applicativo tracciato dalla legge n. 10/1977, che presuppone, come elemento imprescindibile, la presenza di un accordo e/o convenzione diretta alla trasformazione del territorio, nel perseguimento del più generale interesse pubblico. Invece, la cessione dell’immobile in questione, lungi dal perseguire uno scopo pubblicistico, legato alla trasformazione del territorio, costituiva un mero negozio di diritto privato, in cui si contrapponevano due opposti interessi, individuali ed egoistici: quello della parte privata, ad acquisire l’immobile al fine di ampliare lo stabilimento già esistente; e quello della parte pubblica, ad ottenere liquidità da poter investire nella realizzazione del nuovo plesso scolastico.
Conclusioni
Secondo la Ctr, in definitiva, non ricorreva alcuna valida ragione per cui tale operazione dovesse godere di una tassazione agevolata, come quella prevista dall’articolo 20 della legge n. 10/1977; e ciò a meno di non voler completamente stravolgere la ratio della citata normativa, che è quella di favorire unicamente gli atti diretti alla trasformazione del territorio, effettuati senza intenti speculativi, e con funzione ripartitoria-distributiva delle posizioni coinvolte.
In questo senso, il contratto di cessione tassato era, infatti, un normale contratto di compravendita che, soltanto perché vedeva coinvolto in qualità di venditore un soggetto pubblico, si inseriva nell’ambito di una più complessa procedura amministrativa. Tanto è vero che la valutazione dei singoli enti sulla possibilità di acquisto dell’immobile da parte della spa, come sopra evidenziato, prescindeva del tutto da un impegno concreto di quest’ultima nella realizzazione del nuovo plesso scolastico (questo sì, rientrante in un processo di trasformazione del territorio), limitandosi ad una mera considerazione circa le potenzialità di sviluppo economico che tale operazione avrebbe potuto apportare sul territorio.
In altri termini, la spa non aveva acquisito il complesso immobiliare dove era situata la vecchia scuola impegnandosi corrispondentemente nella realizzazione di opere di urbanizzazione primaria e/o secondaria presso il nuovo insediamento scolastico, ma si era limitata all’acquisto di un’area, secondo uno schema negoziale prettamente privatistico e, come tale, non agevolabile.