EDITORIALE – Dopo oltre due anni tornano liberi i volti del popolo italiano con decorrenza primo maggio 2022. Anche questa sarà una data inserita nel calendario della storia di una pandemia che ha segnato la scienza ed anche la coscienza di ciascuno di noi. Liberi sì ma con “prudenza” come raccomanda la politica. La parola prudenza, accompagnata da una serie di termini che segnano la storia del covid, tutti ovviamente allarmistici. Ora non bisogna dunque fare altro che applicare il principio del buon padre di famiglia. Norme dettati dalla natura, che salvo rari casi, che sono insiti nella natura dell’uomo, ossia determinare autonomamente la protezione per sè stesso e per gli altri.
Oggi dunque anche il barista dietro il bancone potrà tornare a regalare un sorriso, una espressione ai suoi clienti che potranno parimenti a loro volta ritrovare quel senso mimico naturale che sembrava perduto nel tempo. L’abbiamo chiamata la “museruola di stato”, perchè all’inizio non ci hanno fatto capire, proabilmente ciò che loro stessi non capivano. La politica dove il popolo è vittima di sè stesso. Oggi si torna in piazza San Giovanni, tornano le celebrazioni, la festa di un lavoro che era già perduto prima e che ora è sempre più compromesso.
Il popolo italiano tenta di rialzare la testa, ma la spada di Damocle continua a pendere. Oltre al covid che può sempre avere nuove fasi di recrudescenza, incombe il mistero sull’escalation di una guerra che sembra farci vivere in diretta scene da film d’epoca degli anni quaranta. Ma tanto siamo stanchi di sentire orrore, di terrore, di morte e di male che ora comunque il popolo vuole prendersi il diritto di vivere.
“Finchè ci siamo noi non c’è la morte e quando ci sarà la morte non ci saremo noi”. Questo concetto di Epicuro, il filosofo greco esistito in epoca precristiana, ci faccia diventare consapevoli ora per allora che la vita è a tempo a prescindere da ciò che vorrebbe determinare una politica troppo spesso diametralmente opposta alle esigenze dello stesso popolo amministrato.
Oggi però è festa, godiamoci questi ritrovati sorrisi ed espressioni che avevamo perfino dimenticato di avere in questo lungo periodo di inespressività. Hanno parlato gli occhi in questi due anni. Hanno pianto, hanno cercato di regalare comunque sorrisi, anche se spesso spenti dalle vicissitudini cui il popolo e l’umanità è andato incontro.
Il lavoro non deve essere festeggiato, semmai deve essere ripreso in considerazione poichè esso sì è alla base della vita. Possiamo tutelare la salute ma se non c’è lavoro ci si ammala se non di covid ma di depressione e di tante altre patologie che ne conseguono.
Ed anche le sanzioni alla Russia a cui partecipa l’Italia con proclami della politica, che sembrano vestire di forza la signora del piano terra che minaccia di scrollare la tovaglia sul balcone della signora del terzo piano, non sono altro che un danneggiamento interno per cicli produttivi ed aziende alle prese non più con le mascherine ma con le restrizioni del mondo che è entrato in una guerra non di certo venuta fuori da qualche prurito notturno, bensì preceduta da tanti altri accadimenti che non erano conosciuti, osservati, o minimamente comunicati.
Ripudiamo la guerra, ma ovviamente siamo anche consapevoli che una guerra non si avvia in modalità sic et simpliciter. Non si giustifica tanto orrore, ma non lo si può nemmeno alimentare. Ci troviamo oggi ad osservare come Zelensky sia diventato anche un outfit da discoteca: maglietta verde militare, jeans, aspetto apparentemente distrutto, ma guance belle piene. E mentre si svolgono collegamenti zoom a destra e a manca c’è gente che comunque muore. Muoiono umani ucraini, umani russi. Ed i nostri ci ricordano che siamo sempre in pericolo.
Ma l’uomo è sempre in pericolo, ogni giorno ed ogni ora, ogni minuti a prescindere lo è. Tutti siamo chiamati alla luce con la venuta al mondo e per poi inesorabilmente dover tornare in quell’oriente eterno dal quale probabilmente siamo venuti.
Ora però ci siamo, presenti a noi stessi, coscienti che ognuno di noi debba fare la sua parte. E’ primo maggio, festeggiamo liberi nel volto ma feriti nella coscienza, di una consapevolezza che comunque non ci piace. Continuiamo però ad essere costruttori di pace, edificatori della nostra personale scienza e conoscenza. Continuiamo ad erigere muri che ci difendono dalle intemperie, ma tenendo sempre conto che la voltà sarà sempre stellata.
Daniele Imperiale – Direttore di Uffici Stampa Nazionali