ROMA – A carico dell’amministratore dei beni sequestrati, e cioè del soggetto attivo che gestisce, sotto il controllo diretto del giudice, il patrimonio di destinazione posto sotto sequestro, gravano gli obblighi fiscali relativi al periodo in cui è iniziata la custodia. Lo ha affermato la Cassazione nell’ordinanza n. 16664 del 23 maggio 2022.
Per esplicitare ciò si riporta un caso specifico in esame:
L’Agenzia delle entrate ha notificato al contribuente, nella sua qualità di custode giudiziario della quota del 16,67 per cento di una srl, un avviso di accertamento relativo all’Irpef per l’anno d’imposta 2003 con il quale ha contestato la mancata dichiarazione degli utili distribuiti dalla società partecipata e poi confluiti nell’amministrazione giudiziaria. In particolare la Commissione tributaria regionale, confermando la sentenza di primo grado nella parte in cui escludeva la legittimazione passiva del custode giudiziario per mancanza di prova della percezione del reddito da parte di quest’ultimo, ha rigettato l’appello dell’Ufficio evidenziando che il custode giudiziario, ancorché tenuto alla gestione della quota, non aveva mai avuto la disponibilità dei relativi redditi di capitale in quanto «le relative somme, giacenti su conto corrente intestato alla procedura e mai entrate nella sfera di discrezionalità e/o del reddito del custode erano state erogate a favore del difensore costituito per conto della parte … cui erano state giudizialmente riconosciute».
L’Agenzia ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando violazione di legge (articoli 6, 45, 131 Tuir e dell’articolo 5, comma 4, Dpr n. 322/1998), nella parte in cui la sentenza impugnata aveva escluso la soggettività passiva del custode giudiziario e, quindi, il conseguente obbligo dichiarativo a suo carico, giustificando l’assunto sulla base della mancanza di prova che il contribuente avesse effettivamente percepito il reddito.
La Corte ha accolto il ricorso e, preliminarmente, ha disatteso l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dal controricorrente, in ragione di due differenti profili: «…a) l’eccentricità del ricorso, formulato con il metodo del «copia e incolla», rispetto al decisus; b) la violazione del disposto di cui all’art. 348-ter cod. proc. civ. e del principio della «doppia conforme» atteso che entrambe le sentenze di merito avevano escluso gli obblighi fiscali in capo al custode. »(Cassazione, n. 16664/2022).
I giudici di piazza Cavour sono stati chiamati a esaminare la soggettività tributaria del custode nominato dal giudice civile nell’ambito di un procedimento di sequestro. In via preliminare, tuttavia, hanno rilevato che il ricorso, nel riportare in maniera sintetica il contenuto dell’atto impositivo e lo svolgimento dei giudizi nei gradi di merito, conteneva tutto quanto necessario a porre il giudice di legittimità in condizione di avere completa cognizione della controversia e del suo oggetto, nonché di cogliere il significato e la portata delle censure contrapposte, anche perché l’Agenzia aveva esplicitato la parte della sentenza censurata e la violazione di legge nella quale la medesima era incorsa. Con riferimento alla violazione del principio della cd. “doppia conforme” ex articolo 348-ter cpc, la Cassazione ha chiarito che tale violazione, configurabile solo con riferimento al motivo proposto ex articolo 360, comma 1, n. 5, cpc non era configurabile nella fattispecie al suo esame, nella quale l’Agenzia delle entrate, con l’unico motivo di ricorso, aveva lamentato piuttosto che la motivazione della sentenza della Ctr integrava l’ipotesi della violazione e/o falsa applicazione di legge ex articolo 360, comma 1, n. 3, cpc.
Passando al merito del motivo, la Corte lo ha ritenuto fondato.
La sentenza impugnata ha escluso in capo al custode l’obbligo di dichiarare il reddito – sebbene quest’ultimo fosse riferibile all’anno di imposta 2003 in cui la quota societaria era soggetta a sequestro giudiziario ex articolo 670 cpc (disposto con ordinanza del 06/09/2002) – dando rilievo alla circostanza che le somme giacenti sul conto corrente nel febbraio 2009 erano state versate per conto della parte, essendo state giudizialmente riconosciute a favore del suo difensore. Così motivando, tuttavia, la pronuncia della Ctr aveva escluso, in capo al custode giudiziario, gli obblighi fiscali gravanti su di lui in corso di custodia.
Al fine di individuare tali obblighi, la Corte ha delineato le caratteristiche di tale figura. Il custode-amministratore assume (nell’ambito dei sequestri e in particolare di quello giudiziario civile ex articolo 670 cpc) la figura giuridica di ausiliario di giustizia, essendo un privato che, in seguito al provvedimento del giudice, viene occasionalmente incaricato di un pubblico ufficio temporaneo che deve esercitare imparzialmente, come longa manus degli organi giudiziari, ancorché con una certa autonomia. I giudici di legittimità, quindi, hanno inquadrato la figura del custode in quella più vasta del titolare d’ufficio, distinguendola dalla figura del legale rappresentante poiché l’operato del custode è diretto al perseguimento del fine che si prefigge l’ufficio cautelare e dell’interesse di un titolare ignoto o incerto, la cui identificazione spetta al giudice all’esito del giudizio civile. Il custode-amministratore esercita, dunque, una pubblica funzione in quanto ausiliare dell’autorità giudiziaria (Cassazione, n. 23620/2011). L’amministratore dei beni sequestrati non è un mero custode immoto del patrimonio di destinazione posto sotto sequestro ma è, invece, un soggetto attivo che gestisce, sotto il controllo diretto del giudice, tale patrimonio. Di conseguenza, gravano proprio sul custode gli obblighi fiscali relativi al periodo in cui è iniziata la custodia (Cassazione, n. 29487/2021).
Nonostante non sia possibile individuare nel Testo unico delle imposte sui redditi una specifica disposizione tributaria recante l’indicazione degli adempimenti e degli obblighi gravanti sul custode nominato ex articolo 670 cpc, tanto la Cassazione quanto l’Agenzia delle entrate ne hanno esaminato la soggettività tributaria facendo ricorso a fattispecie diverse, comunque caratterizzate dalla provvisorietà della situazione tipica dei procedimenti di sequestro (Cassazione, n. 23629/2011, circolare n. 156/2000, risoluzione n. 195/2003 e n. 62/2007).
L’Agenzia, infatti, ha ritenuto applicabile alla situazione in cui viene a trovarsi il custode giudiziario la disciplina dettata in materia di eredità giacente accomunando le due fattispecie per la circostanza che, in entrambe, il soggetto titolare viene determinato a posteriori con effetto retroattivo. Con riferimento al custode, costituisce posizione consolidata di prassi e principio di legititmità che, indipendentemente dalla conclusione della vicenda contenziosa, è proprio il custode giudiziario a dover dichiarare, sia pure a titolo provvisorio, i dividendi distribuiti e immessi nella sua disponibilità materiale ed è tenuto a presentare nei termini ordinari, analogamente a quanto si verifica per l’eredità giacente ex articolo 187 Tuir (già articolo 131 Tuir), le dichiarazioni relative ai periodi d’imposta interessati dalla custodia giudiziaria (Cassazione, n. 23629/2011).