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“Una fame da lupi” di Adelaide Tamm: salvarsi dai disturbi del comportamento alimentare con il coraggio e l’amore per la vita

Sicuramente sono serena dopo tempo, dopo tanto tanto tempo. Per anni a vivere la mia vita è stata una fame da lupi ma ora la fame è passata. E finalmente anche i lupi non ci sono più.

Il profondo baratro dei disturbi del comportamento alimentare in cui cade la protagonista di Una fame da lupi di Adelaide Tamm è indice di un enorme disagio psicofisico generato da incomprensioni, senso di inadeguatezza e assenza di autostima. Incapace di combattere contro i Lupi e di far valere le proprie ragioni, soccombe e dichiara guerra a sé stessa, ingurgitando tutto il suo disagio per poi riversarlo e liberarsene. Adelaide tratteggia una storia molto delicata, legata ai disagi alimentari e a ciò che comporta condividerne le conseguenze con l’ambiente circostante. È un racconto-testimonianza in cui la protagonista si regala un’altra possibilità; la consapevolezza la induce a intraprendere un percorso in cui una debole luce in fondo al tunnel si intravede: è quella della salvezza, della rinascita. Il romanzo breve della nostra brava Autrice sarà d’esempio alle tante persone che costantemente condividono i loro disagi con le alterazioni del comportamento alimentare: piaga della società moderna, testimoniante la disagevole appartenenza ad un mondo che si avverte sempre più estraneo a sé stessi.

(da Una fame da lupi, Gruppo Albatros Il Filo, 2023)

Adelaide vive e lavora in una cittadina del nord Italia. Ama la natura, l’architettura, la psicologia e la fotografia. Questa storia è la sua.

Ciao Adelaide, grazie per aver voluto condividere la tua storia. Come si è evoluta l’idea di farne tesimonianza in un libro?

“L’idea di raccontare la mia storia è nata assolutamente per caso.

Mi era rimasta impressa una frase letta su di un giornale la quale diceva che le persone che facevano gli addobbi di Natale molto presto erano felici; così a novembre, guardando le luci del mio albero ed ascoltando le canzoni natalizie, mi sono chiesta se lo fossi anch’io e ho sentito l’esigenza di scriverlo.”

Quale ruolo ha avuto la scrittura nella rielaborazione di tutto il trascorso?

“La scrittura è stata fondamentale nella rielaborazione di tutto il trascorso perché è stato anche grazie a lei che sono riuscita a tirare fuori dal mio stomaco quegli anni di dolore, non per dimenticarli, ma per guardali con il giusto distacco. È stata come un’amica alla quale confidi tutto in un momento di sfogo e che sai che, nei  momenti di poca lucidità, ti ricorderà quello che hai vissuto facendoti ritrovare la giusta consapevolezza.”

Che cosa ha rappresentato per te il corpo durante e dopo la “lotta”?

“Il corpo ha rappresentato tante cose durante quegli anni della mia vita e spesso ha simboleggiato tutto ed il contrario di tutto; è stato il nemico da combattere ma anche uno scudo con cui provare a difendermi dagli altri e dalle mie emozioni. È stato il mostro che mi rappresentava ma anche un abbraccio morbido che mi avvolgeva.”

Il tuo libro è una forte testimonianza di coraggio, resistenza e profondo amore per la vita: come si esce dal vortice di un disturbo del comportamento alimentare?

“Non credo ci sia una ricetta standard per uscire dal vortice di un dca ma sono sicura che ognuno di noi ha dentro di sé lo stesso coraggio, la stessa resistenza e lo stesso profondo amore per la vita che ho avuto io; dobbiamo sforzarci di ascoltare noi stessi e scoprire i nostri “veri colori” partendo da una cosa fondamentale cioè non vergognarsi di chiedere aiuto alle persone giuste per riuscire ad avere le cure adeguate. Per me è stato anche fondamentale riscoprire una vecchia passione, quella per la fotografia, che avevo totalmente archiviato con tutta la mia vita; mi riempiva lo stomaco e distoglieva il pensiero dalle cose brutte e dalle abbuffate.”

Oggi si parla molto di questo disturbo nel mondo delle nuove generazioni; problematica connessa anche al disagio adolescenziale, al mondo dei social e della società in cui viviamo. Cosa ne pensi a riguardo? E si può fare prevenzione?

“Il fatto che i dca siano in enorme aumento e che l’età in cui la malattia inizia a comparire stia scendendo è, purtroppo, una triste realtà.

Personalmente non mi sento di dare un giudizio solo negativo sui social e sulla società; è innegabile che ci siano dei problemi collegati a queste tematiche ma io sono assolutamente convinta che i “giovani” siano molto meglio di come vengono descritti e rappresentati. Immagino che non sia facile per loro trovare un posto nel quale poter esprimere il loro potenziale, specie se non combacia con i canoni che ormai gli vengono imposti; per questo, credo sia compito degli adulti adoperarsi per far arrivare loro dei messaggi positivi e se per raggiungerli bisogna usare i social direi ben vengano questi canali di comunicazione, la cosa importante è che sia una comunicazione positiva!”

Quale messaggio vuoi trasmettere a chi ti legge?

“Quello che mi piacerebbe che arrivasse alle persone è che tutti possiamo cadere nella vita ma che solo noi possiamo decidere di volerci rialzare; solo se alziamo la testa possiamo iniziare a vedere le mani tese verso di noi. Perché si può e si deve guarire!”

Hai fatto riferimento alla fondazione “In punta di piedi”, vuoi dirci qualcosa di più?

“Per me la fondazione “In punta di piedi” è un sogno; quando ho cercato aiuto ho avuto molte difficoltà a capire dove e cosa fare e mi sono ripromessa di creare qualcosa, un punto di riferimento, che potesse accogliere le persone con disturbi del comportamento alimentare.

È un progetto che sta prendendo forma a piccoli passetti e spero che questo libro possa aiutarmi a farlo diventare presto una realtà.

Il suo scopo, come scrivo nel libro, sarà quello di aiutare tante persone come me a trovare una motivazione per credere nella vita. Per credere in sé stessi. Per darsi una possibilità e magari darne una anche agli altri.

Oltre a dare un supporto concreto sul dove ed a chi rivolgersi per avere le cure mediche saranno in programma attività di sostegno e prevenzione anche attraverso il contatto con la natura e con gli animali che hanno un effetto estremamente benefico sulle persone.”

 

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