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“Il destino di una razza” di Daniele Rota, un sorprendente romanzo fantasy pieno di colpi di scena

"Diverse sono state le spedizioni dell'esercito di uomini per trovare e porre fine alle scorribande degli elfi , ma queste non hanno mai avuto successo. Nessuno sa dove si nascondono, e a causa loro la popolazione vive nel terrore".

Strane sparizioni avvengono a Dunton, un piccolo villaggio di Asterthon. Tutte le ragazze in età preadolescenziale sono scomparse e Simon, il giovane aiutante guardiano del villaggio, impulsivo e indisciplinato, si ritroverà catapultato in un viaggio inaspettato con una compagnia insolita.

In questo viaggio scoprirà che non sono solo le ragazze ad essere in pericolo, ma molto, molto di più.
Non ci saranno scelte giuste o sbagliate, il bene o il male, ma solo quello che va fatto nonostante tutto.
Sacrificare pochi per il bene di molti.

Ciao Daniele, raccontaci un po’ di te. “Sono nato a Bergamo nel 1984 e sono sempre stato appassionato di tutto quello che è fantasy e simile. Dai classici elfi e nani, fino ai licantropi e ai viaggi spaziali, che siano fatti con una navicella futuristica con dentro uno scimmione peloso che parla solo a versi oppure con una semplice cabina del telefono, poco importa se alla fine ti aiutano a fuggire, per alcune ore, alla vita di tutti i giorni e, soprattutto, vedere e conoscere cose inconsuete.

Nella vita faccio una cosa che mi appassiona molto, sviluppo siti web. Tecnicamente sono un DevOps, che detto così sembra che anch’io vengo dallo spazio, ma in realtà sono uno che, semplicemente, smanetta sotto il cofano dei siti web. Da ragazzo avevo un sogno, fare la rock star. Ovviamente è andata in maniera un po’ diversa, ma la passione per la musica è rimasta, ed ora suono ancora la chitarra e mi piace creare brani inediti che, fino a poco tempo fa, condividevo sui palchi di Bergamo con la mia band con la quale, orgogliosamente, abbiamo anche registrato un disco finito su spotify.

Ora ho trentotto anni, la maggior parte dei quali passati a suonare e a leggere fantasy, e solo adesso ho capito una cosa, mi piace creare cose mie e lasciare un segno della mia presenza. Forse sembra stupido e, in passato, ho provato a negarmelo, a dirmi che dovevo essere normale e pensare solo al lavoro, a riposarmi la sera a casa davanti alla tv come la maggior parte delle persone, ma è più forte di me, ho bisogno di inventare, di scrivere e di suonare, in continuazione e così, quasi involontariamente, quattro anni fa mentre leggevo “Ladri di spade” di Michael J. Sullivan, alzai la testa e mi dissi: anch’io voglio scrivere un romanzo.

Un’ondata di entusiasmo si impossessò di me e iniziai muovere le dita sulla tastiera del computer. Ovviamente questa ondata si è rivelata una vera e propria onda ma, tra alti e bassi, c’è sempre stata e alla fine ho concluso il mio libro. Dopo pomeriggi sere e weekend passati a scrivere, eccolo finalmente Il destino di una razza (2022) pronto”.

Quando è nato il tuo romanzo e di quando hai avuto la prima intuizione sulla storia da raccontare

“Era l’estate del 2018, mentre leggevo la saga Riyria revelation, un fantasy diverso dal solito. Lì ho deciso che avrei scritto una storia tutta mia e così ho iniziato a macinare idee. Sapevo che volevo un fantasy classico, alla Signore degli anelli, ma quello che volevo era qualcosa di diverso dal “c’è il cattivone che vuole conquistare tutto perché è megalomane” e quindi ci ho messo un po’prima di arrivare alla storia definitiva. Ovviamente qualcosa di classico ci doveva essere, ma magari contornato da altro.

Sono passato da piccole vicende relative agli elfi, fino a stravolgere tutto, riscrivere capitoli interi, aggiungere parti e cancellarne altre. Dopo alcuni mesi dalla pubblicazione l’ho riletto e penso di aver centrato quello che volevo inizialmente. Come primo romanzo sono molto soddisfatto”.

Come ti sei appassionato al genere fantasy?

“Ho iniziato quando ho visto il film La compagnia dell’anello. Quel mondo, le ambientazioni, il modo di vivere mi ha catturato e ho iniziato a leggere fantasy di ogni genere. Ancora oggi leggo molti libri fantasy sia famosi che di autori emergenti, dove spesso trovo idee nuove, ed è un peccato che non siano sponsorizzati a dovere”

La storia è intrecciata e ricca di dettagli, dalla trama ai personaggi: che lavoro c’è dietro a una narrazione così complessa?

“Per completarlo ci ho messo quasi quattro anni, ma a parte il tempo, la struttura si è creata da sola. Mentre scrivevo mi immaginavo la scena e come poteva evolversi, quale personaggio poteva apparire e come me lo aspettavo che fosse. In pratica ero lì con loro. Alcuni personaggi sono un po’ più studiati, come Aleth, altri invece sono scritti di getto perché me li sentivo così e non cambierei una virgola del loro essere, vedi Simon il protagonista“.

I personaggi sono diversi fra loro: a quale ti senti più legato e perché?

“Sicuramente Simon, perché mi ci ritrovo in lui, nel suo modo di fare e di pensare, o meglio, mi ci ritrovo quando aveva la sua età. Non vorrei dire che Simon sono io, ma sotto alcuni aspetti non siamo molto diversi”.

 Quale messaggio vuoi trasmettere a chi ti legge?

“Da questo romanzo ho due speranze per i lettori. La prima è che passino delle ore leggere e divertenti, in cui viaggiano con la fantasia e scappino dalla routine quotidiana. La seconda è che siamo tutti uguali, non importa che aspetto abbiamo e da dove veniamo. Tutti abbiamo pregi e difetti e tutti siamo utili a fare qualcosa. Chiunque ha uno scopo e la cooperazione è l’unica via. Sembra una cosa scontata e banale, ma nel 2023, purtroppo si sentono ancora discorsi anacronistici. Spero che il romanzo possa far riflettere qualcuno”.

Se il tuo libro fosse un film quale colonna sonora sceglieresti?

“Non ho delle canzoni precise, ma sicuramente un’orchestra composta principalmente da archi e percussioni, con scene in crescendo e al culmine, le percussioni che scuotono l’animo dello spettatore”.

Stai scrivendo altri romanzi?

“Ne ho iniziati un paio, ma poi sono diventato padre di due gemelli e, per ovvie ragioni, ho accantonato tutto momentaneamente, ma sicuramente li finirò e ne scriverò altri”.

 

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