I recenti fatti di cronaca, come la terribile uccisione di Giulia Tramontano e del bambino che portava in grembo, hanno acceso le luci su un disturbo di cui la nostra società sta diventando sempre più permeata: il narcisismo.
Ne parla Paola Fendoni, specialista di Ipnosi dal 2005 e attuale Direttrice del dipartimento di Analisi e Prevenzione Delle Dinamiche Narcisistiche nelle Relazioni dell’Università Unimeier di Milano.
“Nonostante la convinzione creata dal mondo dello spettacolo -e da un certo modello di vita di cui i social sono il principale vettore- secondo la quale il soggetto narcisista raffiguri la persona piacevole, brillante, con un ego accentuato e fortemente carismatica, la realtà e la psicologia raccontano di tutt’altra figura. Il narcisista maligno è abile manipolatore che sfrutta le debolezze altrui a poco vantaggio. L’empatia, dal punto di vista del narcisista maligno, rappresenta una debolezza su cui agisce per controllare la sua preda.
Gli interventi normativi e legislativi che negli ultimi anni sono stati approntati per contrastare tali atti criminali, come il Codice Rosso, non sono sufficienti per bloccare il fenomeno alla radice. Il punto di partenza, e fare in modo di ridurne la diffusione, è quello di insegnare a riconoscere e a gestire le emozioni, fin dalla tenera età”.
Secondo Paola Fendoni la scuola, tramite appositi programmi, può contribuire a contrastare questa triste realtà attraverso l’istruzione.
“A mio parere il primo passo è quello di far conoscere che esistono due tipi di violenza: un primo tipo è quella di coloro che non riescono a connettersi con le proprie emozioni e, di conseguenza, non riescono a comprendere gli stati emotivi degli altri. Questo genere di violenza è spesso associato a disturbi psichiatrici come il machiavellismo, la sociopatia e il narcisismo, caratteristiche che troviamo nella forma più nociva di narcisismo, ossia nella triade oscura. D’altra parte, il secondo tipo di violenza è quello che scaturisce dalla perdita del controllo emotivo. In questo caso è importante comprendere che la rabbia può trasformarsi in furia e portare a comportamenti violenti”
Cosa può fare la scuola per prevenire queste forme di violenza?
“Per cominciare, la scuola non può agire da sola. È necessaria una collaborazione stretta tra scuola e famiglia.
Gli educatori, gli insegnanti, devono essere modelli positivi e non tossici, basati sull’empatia, la gentilezza, la solidarietà e l’ascolto ed è importante che anche i genitori facciano la loro parte, poiché i bambini diventeranno ciò che vedono e tenderanno a replicare i comportamenti della propria famiglia”.
In merito all’educazione emotiva in classe, cosa si può fare per insegnare agli studenti a regolare le emozioni?
“Un suggerimento è quello di utilizzare le crisi emotive come opportunità per insegnare la regolazione emotiva. Possiamo aiutare gli studenti a comprendere che la rabbia spesso nasconde ferite più profonde, come tristezza, dolore o senso di esclusione ed aiutarli ad individuare tali cause.
Occorre aiutarli a sviluppare una maggiore consapevolezza delle proprie emozioni e a comunicare in modo più empatico, quindi, oltre alla regolazione emotiva, è fondamentale insegnare agli studenti a comunicare con il cuore. Questo significa ascoltare gli altri in modo attivo e senza giudizio, cercando di capire le loro emozioni e i loro bisogni. È importante insegnare loro a esprimere le proprie emozioni in modo sano e non violento.
Per raggiungere questi obiettivi si possono utilizzare attività coinvolgenti, come il teatro o la scrittura creativa, per incoraggiare l’espressione emotiva”.
In conclusione, afferma Paola Fendoni “la prevenzione dei femminicidi richiede un impegno collettivo tra scuola e famiglia. Ogni piccolo passo che compiamo conta e insieme possiamo contribuire a creare un futuro in cui nessuna persona debba temere per la propria vita. Scegliamo di insegnare ai nostri giovani a riconoscere, gestire e comunicare le emozioni in modo sano, costruendo così una società fondata sull’empatia, sulla comprensione e sulla gentilezza”.
Solo allora potremo sperare di porre fine a questa triste realtà e di creare un mondo migliore per tutti”.
Per saperne di più si rimanda al sito web https://www.paolafendoni.com/
Per contattare Paola Fendoni: paolafendi@gmail.com