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“Tre delitti e mezzo” di Elisa La Porta. Racconti, misteri e humour per chi non si fa gli affari propri

I saggi dicono che nelle piccole città per passare il tempo hai poche opzioni: alcuni preferiscono allora riempire le loro giornate interessandosi alla vita degli altri.
Pretori in quanto piccola città non è, quindi, da meno. E se anche voi rientrate tra i curiosi che vogliono sapere cosa succede tra i vicoletti e le mura di questa città medievale, non vi resta altro da fare che seguirmi e spiare con me la giovane Clotilde, eterna precaria con una personalità frizzante. E, perché no, il Commissario Rosati, ombroso e solitario che non conosce altro a parte la dedizione al suo lavoro.
Se non vi bastasse poi seguirli, potremmo indagare insieme su quel che avviene in questa piccola città che, diciamocelo, è solamente un grande paese! E perché no, potremmo anche interessarci alle loro vite con occhio attento e clinico.

Tre delitti e mezzo è una raccolta di quattro brevi racconti che si credono gialli (e chi sono io per contraddirli).

ELISA LA PORTA nasce a Pistoia nel 1992. Laureata in Scienze e Tecniche Psicologiche, e da sempre appassionata di lettura, si avvicina nel corso degli anni alla scrittura quasi per gioco.

Questo giocare con le parole, però,  la porta nel 2023 alla nascita del libro “Tre delitti e mezzo – Racconti per chi non si fa gli affari propri, sua prima opera.

Come è nata la passione per il giallo?

“Sicuramente da lettrice. Intorno ai dodici/tredici anni ho cominciato a guardare in TV i gialli ispirati alle opere di Agatha Christie insieme a mia nonna e mi sono innamorata della figura di Poirot. Un giorno d’estate, mia mamma si è ricordata della presenza di una scatola piena di libri gialli in cantina e siamo andate a cercarla. Inutile dire che li ho letteralmente divorati. Da lì ho cominciato ad appassionarmi sempre di più al genere e non era raro che in vacanza mettessi tre o quattro libri per volta in valigia.

Del genere giallo mi piace la sfida, la continua attenzione da porre ai particolari nascosti tra le pagine che potrebbero, se colti, accompagnarci alla soluzione del caso anche prima che questa venga svelata”.

Quando e come hai avuto l’idea di scrivere Tre delitti e mezzo?

“L’idea del primo racconto nasce nel 2019. Come la mia protagonista, lavoravo anche io in un museo ed ho notato che le persone tendevano sempre a scegliere il solito armadietto per conservare i loro averi. Mi sono allora chiesta cosa sarebbe potuto succedere se questa azione inconscia entrasse al centro di un mistero. Da lì è nato “Armadietto 26”. Con la pandemia ho abbandonato il progetto di scrivere anche se quel racconto ha messo dentro di me un seme che, inaspettatamente è germogliato nel 2021. Scritto il secondo racconto ho cominciato a pensare che fosse una storia che meritava di venire alla luce. Da lì ho cominciato a scrivere in ogni momento libero cercando di attingere il più possibile agli elementi della vita quotidiana principalmente della mia generazione”.

Descrivi la figura della protagonista Clotilde. Che personaggio è?

“Clotilde è una millennial a tutti gli effetti. Nata in un periodo in cui ancora si credeva al posto fisso, alla casa di proprietà ed a tutte le cose che appartengono alla generazione precedente; si è dovuta scontrare con la realtà ben diversa del nostro tempo. Fa parte di quelle persone che faticano a trovare un posto nel mondo perché sono una generazione di mezzo: abbastanza vecchi da aver riavvolto il nastro di una musicassetta con una penna, ma anche abbastanza giovani da padroneggiare i social con una certa disinvoltura.

Ha cominciato ad esprimere se stessa attraverso lo stile personale in un’epoca nella quale venivi ancora preso in giro se non avevi gli abiti uguali agli altri e questo fa di lei, ai miei occhi, una coraggiosa inconsapevole di esserlo.

Come tutti è sicuramente una persona che ha sofferto e questo la porta molto spesso a scordarsi che non sempre si può contare solo su noi stessi”.

Parlaci dell’ambientazione che hai scelto per i tuoi racconti

“Ho sempre sostenuto che sia fondamentale scrivere e raccontare quello che si conosce. Pretori è molto ispirata alla mia realtà di origine, alla mia città anche se non nego che mi sono presa molte libertà poetiche nel descriverla.

Essendo di base una persona abbastanza introversa e riservata, infatti, ho calcato molto la mano sulla dimensione tutta umana del “non farsi gli affari propri” che, onestamente, non è la costante che caratterizza così fortemente la mia realtà come invece è per Pretori”.

Che tipo di rapporto c’è fra Clotilde e il commissario Rosati?

“Clotilde e Rosati sono, per quanto possa sembrere strano, due anime affini. I limiti di uno compensano gli eccessi dell’altra ma sono entrambi accomunati da una interiorità malinconica che esprimono in due modi completamente diversi.

Il loro incontro credo sia un punto di svolta per entrambi perché accettare l’altro è spesso la chiave per conoscere noi stessi e tirare fuori il proprio meglio.

Chissà dove li porterà questa evoluzione che, nonostante nessuno dei due ne fosse alla ricerca, si è scatenata quando la vita li ha messi sulla stessa strada…

Oddio, io un’idea ce l’avrei ma credo che dirvela rovinerebbe a tutti la scoperta”.

Quali sono le caratteristiche della tua narrativa e che genere di autrice sei?

“Per me è molto importante parlare di quello che conosco perché credo sia la chiave per calarsi nell’attualità della maggior parte dei lettori. Dico questo perché mi piace accompagnare chi legge in una sorta di viaggio insieme a me, tenerlo per mano mentre si cala nella realtà che sto cercando di descrivergli e, perché no, permettergli di trovarci un po’ della sua. Mi piace vedere la mia narrativa come un qualcosa di immersivo e questo si manifesta anche nel mio modo di scrivere. Devo confessare che non riesco a darmi una vera e propria routine quando lo faccio, cerco sempre di vivere l’attimo insieme ai miei personaggi e lasciarmi guidare da loro e dalla storia che pian piano prende forma sulla pagina.

Sono probabilmente un’autrice un po’ caotica ed indisciplinata”.

Possiamo aspettarci altri casi da risolvere per i due protagonisti?

“Credo proprio di sì, dopotutto parliamo di “Tre delitti e mezzo” e vi confesso che non mi piace affatto lasciare le cose a metà”.

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