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Iva, le terme offerte dal Comune non costituiscono attività economica

In tal caso non si realizza il nesso previsto dalla direttiva Iva di condizionamento diretto tra l’uso degli stabilimenti gestiti dall'ente locale e l'imposta di soggiorno versata a prescindere dai motivi di permanenza nel territorio

Roma – Non costituisce una “prestazione di servizi a titolo oneroso”, rilevante ai fini Iva la messa a disposizione di strutture termali da parte di un Comune, per cui gli ospiti pagano un’imposta di soggiorno termale, qualora il tributo è collegato non all’utilizzo degli stabilimenti, bensì alla permanenza nel territorio e le strutture sono liberamente e gratuitamente accessibili a tutti (Corte Ue, 13 luglio 2023, causa C 344/2022).
Nel caso specifico i giudici unionali ritengono che la retribuzione percepita dall’ente locale, sotto forma di imposta di soggiorno, non derivi dalla fornitura di un servizio, vale a dire dalla messa a disposizione delle strutture termali, di cui l’imposta costituirebbe il controvalore diretto. Infatti, l’obbligo di versare l’imposta di soggiorno è collegato non all’utilizzo, da parte delle persone sottoposte a tale obbligo, delle strutture termali messe a disposizione, ma dalla permanenza nel territorio comunale, indipendentemente dai motivi che lo giustificano (Corte Ue, sentenza 13 luglio 2023, causa C 344/2022).

La fattispecie e la questione pregiudiziale
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), e dell’articolo 13, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2006/112/Ce sull’Iva ed è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone un Comune all’Amministrazione finanziaria tedesca in merito al diritto dell’ente alla detrazione dell’Iva assolta a monte.

L’ente locale è dotato di una stazione climatica termale riconosciuta dallo Stato. Il suo stabilimento termale è gestito, sulla base della disciplina comunale, sotto forma di “azienda municipalizzata” e costituisce, alla luce delle disposizioni applicabili in materia d’imposta sulle società, un’impresa di natura commerciale.
A tale titolo, l’ente applica un’imposta di soggiorno per coprire le spese che sostiene ai fini della realizzazione e della manutenzione delle strutture messe a disposizione per scopi termali e ricreativi nonché per gli eventi organizzati a tal fine.
Soggetti passivi dell’imposta di soggiorno, in primo luogo, sono i non residenti che soggiornano nel territorio e ai quali viene offerta la possibilità di utilizzare tali strutture e di partecipare a tali eventi, in secondo luogo, i residenti i cui principali interessi sono in un altro municipio e, in terzo luogo, i non residenti che soggiornano per motivi professionali al fine di partecipare a conferenze o ad altri eventi.

L’imposta di soggiorno, invece, non è applicata ai visitatori giornalieri nonché ai non residenti o ai residenti che lavorano o ricevono una formazione all’interno del territorio comunale.
Nelle sue dichiarazioni Iva, il Comune, ritenendo che l’imposta di soggiorno costituiva la remunerazione di un’attività soggetta a Iva, vale a dire la gestione delle terme, ha chiesto la detrazione dell’imposta assolta per tutte le prestazioni che le erano state fornite a monte e che riguardavano il turismo.
È, quindi, sorto un contenzioso e il caso è approdato dinanzi alla competente autorità giurisdizionale, che ha sottoposto al vaglio pregiudiziale della Corte Ue la seguente questione con cui si chiede di conoscere se un Comune che riscuote un’imposta di soggiorno termale (di un determinato importo per ogni giorno di soggiorno) dai visitatori che soggiornano nel suo territorio (ospiti delle terme) per la messa a disposizione delle strutture termali svolga, con riferimento alla suddetta imposta, un’attività economica ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva Iva, anche qualora le strutture in argomento siano, comunque, liberamente accessibili a tutti (e, quindi anche, ad esempio, ai residenti o ad altre persone non soggetti all’imposta di soggiorno termale).

Le valutazioni della Corte Ue
Ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, primo comma, della direttiva Iva, si considera “soggetto passivo” chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di tale attività.
Coerentemente con l’articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, prima frase, si considera “attività economica” ogni attività di produzione, di commercializzazione o di prestazione di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle di professione libera o assimilate.
Sulla base di un consolidato orientamento giurisprudenziale, un’attività può essere qualificata come attività economica ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva unicamente se corrisponde a una delle operazioni di cui all’articolo 2, paragrafo 1, della stessa direttiva.

Pertanto, per determinare se la messa a disposizione delle strutture termali costituisca un’attività economica ai sensi di quest’ultima norma e, di conseguenza, se il Comune abbia la qualità di soggetto passivo ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, primo comma, occorre anzitutto stabilire se, nel quadro di tale messa a disposizione, esso abbia compiuto una prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso prevista all’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva.

Il giudice “a quo” chiede, in sostanza, se l’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva Iva debba essere interpretato nel senso che costituisce una “prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso”, sulla base di tale norma, la messa a disposizione di strutture termali da parte di un Comune, qualora quest’ultimo, in base ad uno statuto comunale, riscuota un’imposta di soggiorno giornaliera di un determinato importo dai visitatori che soggiornano nel suo territorio, allorché tali strutture sono liberamente e gratuitamente accessibili a tutti.

La norma in questione prevede che siano soggette a Iva le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro da un soggetto passivo che agisce in quanto tale.
In base a tale disposizione una prestazione di servizi viene effettuata “a titolo oneroso”, soltanto allorché tra il prestatore e il destinatario intercorra un rapporto giuridico nell’ambito del quale avviene uno scambio di reciproche prestazioni e il compenso ricevuto dal prestatore costituisce il controvalore effettivo di un servizio individualizzabile fornito al destinatario. Ciò si verifica quando sussiste un nesso diretto tra il servizio reso e il controvalore ricevuto.

Nel caso di specie, i giudici unionali non ritengono che esista un rapporto giuridico nel cui ambito avvenga uno scambio di reciproche prestazioni tra, da un lato, un ente locale che, in base a uno statuto comunale, riscuote un’imposta di soggiorno di un determinato importo per ogni giorno di permanenza dai visitatori ospiti nel suo territorio e, dall’altro, i visitatori, che hanno il diritto di utilizzare le strutture termali messe a disposizione, che risultano liberamente accessibili a tutti, pertanto, anche alle persone non assoggettate a tale imposta.

Difatti, non si può considerare che la retribuzione percepita dal Comune, vale a dire l’imposta di soggiorno, derivi dalla fornitura di un servizio, ossia la messa a disposizione delle strutture termali, di cui essa costituirebbe il controvalore diretto.
Sulla base della giurisprudenza unionale risulta la sussistenza di un nesso diretto quando due prestazioni si condizionano reciprocamente, vale a dire che l’una è effettuata solo a condizione che lo sia anche l’altra e viceversa.

Orbene, l’obbligo di versare l’imposta di soggiorno si impone nei confronti dei soggetti passivi di tale imposta in base allo statuto comunale, che ne determina anche l’importo.
Soprattutto, l’obbligo di versare l’imposta di soggiorno è collegato non già all’utilizzo, da parte delle persone sottoposte a tale obbligo, delle strutture termali messe a disposizione dal Comune, ma al soggiorno nel territorio comunale, indipendentemente dai motivi che lo giustificano.
Pertanto, gli ospiti del territorio sono tenuti a versare tale imposta anche quando soggiornano per altri motivi, quali la visita a familiari o a conoscenti che vi risiedono, e non hanno l’intenzione di utilizzare le strutture termali.

Inoltre, se è vero che i soggetti passivi dell’imposta di soggiorno hanno la possibilità di utilizzare le strutture termali, tali strutture sono tuttavia liberamente e gratuitamente accessibili a chiunque, anche al residente o al visitatore giornaliero, tenuti o meno al pagamento dell’imposta di soggiorno. Pertanto, i soggetti passivi dell’imposta di soggiorno non beneficiano di vantaggi diversi da quelli di cui beneficiano le persone che utilizzano tali strutture termali e che non sono assoggettate alla medesima imposta.
 
Le conclusioni della Corte Ue 
Tutto ciò premesso, la Corte Ue perviene alla conclusione che l’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva Iva deve essere interpretato nel senso che non costituisce una “prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso”, ai sensi di tale norma, la messa a disposizione di strutture termali da parte di un Comune, qualora quest’ultimo, in base a uno statuto comunale, riscuota un’imposta di soggiorno giornaliera di un determinato importo dai visitatori che vi soggiornano, allorché l’obbligo di versare tale imposta è collegato non già all’utilizzo di dette strutture, bensì al soggiorno nel territorio comunale, e tali strutture sono liberamente e gratuitamente accessibili a tutti.

Data sentenza
13 luglio 2023

Numero sentenza
C- 344/2022

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