Crediti indebiti e liti pendenti in relazione alla rigenerazione dei crediti IVA
Le Entrate, sollecitate da una società che ha impugnato l’atto di recupero, spiegano che per riportare in dichiarazione il credito Iva compensato in eccesso occorre versare l’imposta e rinunciare alla relativa controversia
Roma – Il contribuente che vuole “rigenerare” un credito Iva oggetto di un atto di recupero dell’Agenzia – poi impugnato – può accedere alla definizione agevolata delle liti pendenti con riguardo alle sole sanzioni collegate al tributo e agli interessi, una volta versata separatamente l’imposta dovuta. È, in estrema sintesi, quanto chiarisce l’Agenzia delle entrate con la risposta n. 422 del 30 agosto 2023.
Il caso: L’istante ha ricevuto un atto con cui l’Agenzia delle entrate ha recuperato il credito di imposta indebitamente utilizzato in compensazione nel 2020 perché superiore al limite ammissibile. La società – che ha impugnato l’atto di recupero depositando il ricorso in Commissione tributaria – intende risolvere la controversia con il Fisco attraverso la definizione agevolata delle “liti tributarie pendenti” al 1° gennaio 2023, prevista dall’articolo 1, commi da 186 a 205, della legge n. 197/2022 (legge di bilancio 2023).
Detto ciò la società chiede se:
- utilizzando la procedura di adesione alle liti pendenti prevista dall’articolo 1, comma 186 della legge di bilancio 2023 e versando, quindi, il 90% del valore della controversia può riportare l’intero credito oggetto della contestazione nel rigo VL40 della propria dichiarazione Iva o riportarne il 90% pari esclusivamente all’importo del credito che verrà effettivamente versato
- in caso di opzione per il versamento rateale della somma dovuta in seguito alla definizione agevolata, il diritto a riutilizzare il credito in compensazione inserendolo nel rigo VL40 della propria dichiarazione Iva sorge con la presentazione dell’istanza e il contestuale versamento della prima rata o a seguito dell’integrale versamento dell’importo dovuto e, pertanto, solo con il versamento dell’ultima rata.
Nel fornire la risposta, l’Agenzia delinea, innanzitutto, gli ambiti applicativi della disciplina introdotta dalla legge di bilancio 2023, confermando che l’istituto è applicabile anche alle contestazioni riguardanti il recupero dei crediti d’imposta indebitamente utilizzati. Tuttavia, diversamente da quanto ritenuto dalla società, il versamento delle somme dovute per l’adesione alla “tregua fiscale” ha il solo fine di definire la controversia instaurata con l’Amministrazione finanziaria. Di conseguenza – nel caso in cui la società abbia intenzione di “rigenerare” il credito Iva da recuperare successivamente in detrazione nella prima liquidazione periodica o nella dichiarazione annuale – dovrà procedere al pagamento dell’imposta indicata nell’atto di recupero e rinunciare alla lite con riferimento all’imposta medesima. La controversia, una volta ridotta alle sole sanzioni collegate al tributo e agli interessi potrà essere definita ai sensi del comma 191 dello stesso articolo 1, mediante la sola presentazione della domanda.
Nel caso specifico, conclude il documento di prassi, se la società decide di rigenerare il credito Iva con queste modalità, potrà poi riportare nel rigo VL40 della propria dichiarazione Iva/2024 per il periodo d’imposta 2023 l’importo versato corrispondente a quanto recuperato con l’atto.