La Corte di giustizia Ue ritiene in contrasto con il diritto unionale una norma nazionale, che distingue le modalità di calcolo dell’imposta di successione, in funzione dello Stato in cui è situato l’immobile, penalizzando il trattamento fiscale degli immobili ubicati in uno Sato terzo, rispetto a quelli situati in un Paese membro o parte dell’accordo See (Causa C-670/2021).
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli da 63 a 65 del Tfue ed è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone un contribuente alla amministrazione finanziaria tedesca in relazione al calcolo dell’imposta di successione su un terreno situato in un paese terzo.
Il contribuente ha ricevuto in eredità dal padre (entrambi residenti in Germania) la sua metà quota di proprietà di un patrimonio immobiliare situato in Canada. I beni immobili che compongono tale patrimonio sono dati in locazione a uso abitativo e non sono parte di un patrimonio aziendale.
È sorta, quindi, una controversia che è approdata dinanzi alla competente autorità giurisdizionale che ha sottoposto al vaglio pregiudiziale della Corte Ue una questione con cui il giudice chiede, in sostanza, se gli articoli da 63 a 65 del Tfue debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa di uno Stato membro, in base alla quale ai fini del calcolo dell’imposta di successione, un terreno edificato facente parte del patrimonio privato, situato in uno Stato terzo diverso da uno Stato parte dell’accordo See e dato in locazione a uso abitativo, sia valutato in base al suo pieno valore di mercato, mentre un bene della stessa natura situato nel territorio nazionale, in un altro Stato membro o in uno Stato parte dell’accordo See è valutato, ai fini di tale calcolo, al 90% del suo valore di mercato.
Le valutazioni della Corte Ue
Appurata l’esistenza, nel caso in esame, di una restrizione alla libera circolazione dei capitali, la Corte ritiene che una tale restrizione verso un paese terzo non può sottrarsi all’applicazione dell’articolo 63, paragrafo 1, Tfue sul fondamento dell’articolo 64, paragrafo 1, Tfue.
Inoltre, la Corte Ue osserva che un bene immobile dato in locazione a uso abitativo, situato in uno Stato terzo diverso da uno Stato parte dell’accordo See, si trovi in una situazione oggettivamente comparabile a quella di un bene della stessa natura situato in Germania, in un altro Stato membro o in uno Stato parte dell’accordo See. Infatti, le situazioni sarebbero diverse solo per l’ubicazione del bene immobile.
Sulla base della giurisprudenza unionale risulta, da un lato, che la comparabilità o meno di una situazione transfrontaliera con una interna deve essere esaminata tenendo conto dell’obiettivo perseguito dalle disposizioni nazionali, dell’oggetto e del contenuto di queste ultime, e che, dall’altro, solo i criteri distintivi rilevanti, fissati dalla normativa, devono essere presi in considerazione al fine di valutare se la differenza di trattamento risultante da tale normativa rispecchi una differenza di situazione oggettiva.
La normativa nazionale in esame mira a ridurre l’onere fiscale gravante su un bene immobile dato in locazione a uso abitativo, il quale potrebbe costringere l’erede a vendere l’immobile a causa dell’imposta sulle successioni da lui dovuta, contrariamente agli investitori istituzionali che non sono soggetti a tale imposta.
L’agevolazione fiscale risultante da tale normativa riguarda le successioni di tutti i beni immobili dati in locazione a uso abitativo, senza distinzione, situati in Germania, in un altro Stato membro o in uno Stato parte dell’accordo See.
Il calcolo dell’imposta di successione, in applicazione di tale normativa, è direttamente connesso al valore di mercato dei beni rientranti nell’eredità, cosicché non esiste oggettivamente alcuna differenza, tra le situazioni, tale da giustificare una disparità di trattamento fiscale per quanto riguarda il livello dell’imposta di successione dovuta, rispettivamente, a titolo di un bene immobile situato in Germania, in un altro Stato membro oppure in uno Stato parte dell’accordo See oppure a titolo di un bene immobile situato in uno Stato terzo diverso dagli Stati partecipanti all’accordo.
Quindi, ammettere che alcune situazioni non siano comparabili per il solo fatto che il bene immobile è situato in uno Stato terzo diverso da uno Stato parte dell’accordo See, quando l’articolo 63, paragrafo 1, Tfue vieta proprio le restrizioni ai movimenti transfrontalieri di capitali, priverebbe la disposizione stessa del suo contenuto.
La Corte inoltre osserva che una restrizione alla libera circolazione dei capitali può essere ammessa soltanto se è giustificata da motivi imperativi di interesse generale, se è idonea a garantire, in modo coerente e sistematico, il conseguimento dell’obiettivo da essa perseguito e se non eccede quanto necessario per conseguire tale obiettivo.
Inoltre, ritiene che le esigenze legate alla politica dell’edilizia popolare di uno Stato membro e al finanziamento di questa possano, in linea di principio, costituire motivi imperativi di interesse generale.
Avendo l’Unione una finalità economica e sociale, i diritti derivanti dalle disposizioni del Trattato sul funzionamento della Ue, relative alla libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali devono essere bilanciati con gli obiettivi perseguiti dalla politica sociale, tra i quali figura in particolare, ai sensi dell’articolo 151, primo comma, Tfue, una protezione sociale adeguata.
Pertanto, un obiettivo attinente alla politica sociale, quale la promozione e la messa a disposizione di alloggi in locazione a canoni accessibili negli Stati membri e negli Stati parti dell’accordo See, può, in linea di principio, costituire un motivo imperativo di interesse generale idoneo a giustificare restrizioni alla libertà di circolazione dei capitali come quelle stabilite dalla normativa nazionale in esame.
Tuttavia, va appurato se la restrizione alla libera circolazione dei capitali determinata dalla normativa nazionale sia idonea a garantire, in modo coerente e sistematico, la realizzazione dell’obiettivo da essa perseguito e non ecceda quanto necessario per raggiungere tale obiettivo.
A tal riguardo, la Corte Ue osserva che qualsiasi categoria di beni immobili dati in locazione a uso abitativo, dal più semplice al più lussuoso, può formare oggetto della valutazione al 90% del suo valore di mercato ai fini del calcolo dell’imposta di successione e non risulta che la normativa obblighi gli eredi a conservare il loro alloggio per un periodo determinato e a utilizzarlo a fini locativi, cosicché questi ultimi possono, dopo aver beneficiato dell’agevolazione fiscale vendere comunque l’alloggio oppure utilizzarlo come residenza secondaria.
Pertanto, l’agevolazione fiscale in esame non può essere considerata giustificata dall’obiettivo di promuovere e di mettere a disposizione alloggi a canoni accessibili negli Stati membri e negli Stati parti dell’accordo See.
In relazione alla eventuale necessità di garantire l’efficacia dei controlli fiscali, da un consolidato orientamento della giurisprudenza della Corte emerge, che la necessità di garantire l’efficacia dei controlli fiscali costituisce un motivo imperativo d’interesse generale idoneo a giustificare una restrizione alla libera circolazione dei capitali.
Secondo la normativa nazionale in esame, l’agevolazione fiscale è concessa quando il bene immobile è dato in locazione a uso abitativo.
Al riguardo, la Corte ritiene che in base alle regole contenute nell’accordo fiscale tra la Germania e il Canada, le autorità tedesche sono in grado di chiedere alle autorità canadesi competenti le informazioni necessarie a verificare che siano soddisfatte le condizioni per concedere l’agevolazione fiscale quando il bene immobile è situato in Canada, non sussistendo difficoltà nell’ambito di tale scambio di informazioni.
Ne consegue che la necessità di garantire l’efficacia dei controlli fiscali non può giustificare la restrizione alla libera circolazione dei capitali derivante dalla normativa nazionale in esame.
Le conclusioni della Corte Ue
Tutto ciò premesso, la Corte Ue perviene alla conclusione che gli articoli da 63 a 65 del Tfue devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa di uno Stato membro ai sensi della quale, ai fini del calcolo dell’imposta di successione, un terreno edificato facente parte del patrimonio privato, situato in uno Stato terzo diverso da uno Stato parte dell’accordo See e dato in locazione a uso abitativo, è valutato in base al suo pieno valore di mercato, mentre un bene della stessa natura situato nel territorio nazionale, in un altro Stato membro o in uno Stato parte dell’accordo See è valutato, ai fini di tale calcolo, al 90% del suo valore di mercato.