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“Di mani festarsi”: un’opera nata dal progetto di scrittura Paco Jasa, verso l’atto creativo e la relazione con l’altro

Due madri e due anime. Il tappeto delle Senes è figlio di una relazione difficile. Tessuto da mani in conflitto, riunisce in sé le forze che lo hanno generato e ne porta i segni. Solo davanti agli occhi disperati di un giovane uomo, esule dalla sua terra, il tappeto manifesterà il suo canto.

Di mani festarsi, Carlo Delfino Editore, 2023.

Logo di Diego Alonso Collado Cahuas

PACO JASA è un progetto di scrittura a quattro mani nella sfida di oltrepassare l’autoreferenzialità individuale, cercando fin dal primo nascere dell’atto creativo la relazione con l’altro. É un organismo multiplo: ventenne quarantenne ottuagenario, femmina maschio, pianta rettile, giorno notte alba. Ha colori che tradiscono origini in paesi caldi pervasi di luce. Di certo conta antenati rioplatensi nella sua contorta foresta genealogica. Portato all’ironia e alla risata smargiassa, arrossisce negli imprevisti della vita. Capisce molte lingue, ne parla alcune, ne biascica altre. Parla anche con gli occhi, i piedi, i segni e la danza del ventre. Vorrebbe essere infinito ma, seppur composito, è finito. Accumulatore seriale di grazie e disgrazie, ha la pellaccia dura, forse squamata, e gli occhi sporgenti dell’iguana. Paco Jasa è tante cose che ancora non sa di essere. E che forse nemmeno sarà.

Sabrina Corsini è insegnante e scrittrice. Partecipa giovanissima a residenze artistiche con Eugenio Barba e si laurea con tesi sperimentale sul ruolo sociale e politico del teatro. Fin dal 2001 conduce laboratori di scrittura in collaborazione con enti culturali e associazioni umanitarie. Dal 2016 promuove iniziative di auto-editoria per giovani scrittori in sinergia con Rassegna della Microeditoria di Chiari (BS). Ha curato diverse drammaturgie per studenti della scuola superiore, fra le più recenti Fili d’erba (2020), La zattera di Archimede (2022) e RI_TRATTI (2022).

Jacopo Panizza è autore e regista. Ha conseguito un MA in regia presso la Mountview Academy of Theatre Arts di Londra. Nel 2022 è stato finalista alla Biennale di Venezia nell’ambito del College per Autori under 40, sotto la guida di Davide Carnevali. Tra i suoi testi Balena 52-hertz (2020, Premio Letterario Internazionale Lago Gerundo) e Specie Lazzaro (2022, esito del laboratorio drammaturgico Scritture condotto da Lucia Calamaro).

Come è nata l’idea di scrivere una storia così particolare?

“In realtà in quest’idea ci siamo inciampati. Come quando si va nel bosco per castagne e si trovano, invece, dei funghi. Stavamo cercando materiale sul disaccordo, partendo da Ulassai e dall’opera d’arte partecipata Legarsi alla montagna di Maria Lai, del 1981. Volevamo studiare come i conflitti si annidano. Poi ci siamo imbattuti in un tappeto di Nule, che portava i segni di un contrasto ma anche della sua distensione. Lo abbiamo ascoltato e ci siamo lasciati trasportare dalla sua narrazione visiva. Solo dopo abbiamo scritto.”

Di mani festarsi: quale è il significato del titolo e il gioco di parole che contiene?

“Dice di mani che fanno festa in creativi giochi d’artificio e li offrono in dono al piacere della visione”, così scrive nella prefazione l’antropologo Bachisio Bandinu a riguardo. Il titolo, infatti, contiene il termine mani, le protagoniste del tessere, e la parola festarsi, che evoca la gioia festosa del momento creativo. Dal punto di vista fonico i termini possono però essere associati anche in altre forme e alleanze. Si percepisce, per esempio, un dimani che ammicca al futuro e un manifestarsi che svela il messaggio ancestrale tessuto insieme ai fili di lana: un codice creativo, occulto, esplorativo.”

Che rapporto c’è fra le due sorelle e il tappeto che stanno realizzando?

“Le sorelle Senes si amano e si detestano a corrente alterna. Sono in conflitto, ma legate da due patti socialmente indiscutibili: la sororità di sangue e il lavoro della tessitura. Grazie al conflitto le due donne sono riuscite a definirsi, ciascuna, autenticamente; grazie al lavoro della tessitura hanno rammendato il legame e il patto. Sono riuscite a far stare le loro diversità nel progetto, anziché permettere alle divergenze di diventare una frattura distruttiva. Il tappeto è il terreno su cui si misura la loro relazione. Succede spesso che le persone, nelle amicizie come nelle inimicizie, si chiedano di oscurare parti di sé per non scuotere gli equilibri di un rapporto. Le due sorelle, invece, hanno sopportato di scuotere la tradizione pur di poter esistere autenticamente, senza chiedersi silenzi, tagli, né censure. Il tappeto, assorbite le loro storie, vivrà di vita propria una volta staccato dal telaio.”

Un po’ come le due protagoniste che tessono sul telaio, anche questo libro è la creazione di un intreccio a quattro mani. Come è avvenuta la collaborazione? La storia ricomprende l’anima di entrambi gli autori?

“La collaborazione contiene le nostre anime, anche se talmente mescolate che è difficile riconoscere chi ha scritto cosa. Spesso scrivere è stato fluido e in accordo; altre volte le nostre sensibilità hanno camminato una a fianco all’altra, proprio come i fili del tappeto. Di certo entrambi abbiamo sentito la chiamata della tessitura e del rammendo, anziché quella del chiedere il sacrificio l’uno all’altro. Ciò che siamo riusciti a realizzare in questa direzione è stato guidato dal tappeto stesso. Quando la collaborazione ha, inevitabilmente, mostrato le sue fatiche, è bastato tornare al tappeto e osservarlo. La sua lezione era sempre lì: siamo diversi, ma il nostro esistere libero non può farci male. Nelle sue trame è evidente la forza dell’arte e l’ideale del poter vivere in una società complessa e multiculturale, senza annullarsi.”

Il tappeto realizzato è come un mondo nuovo, una creazione che contiene in sé tante vite. Quale messaggio emerge dal libro?

“La lezione del tappeto è che uno strappo si può ricucire. Una rottura è quasi naturale che avvenga in ogni relazione, ma non è la condizione finale. Da uno strappo deve nascere altro, che sia una bocca o una tasca: sarà il segno di un dialogo e di un cambiamento. Serve più creatività che forza, per orientare il confliggere. Il mondo nuovo che sbircia dal tappeto è un mondo aperto senza un disegno troppo preordinato, un mondo che si fonda sulla bellezza dei legami che sanno esistere nelle libertà. La vita non è mai ferma. Nemmeno la morte, in verità. Fermo è soltanto il vuoto.”

Quali altri tematiche può aspettarsi il lettore?

“La collettività, intesa come unione di menti e cuori nello stesso tessuto cittadino. La solidarietà. La conoscenza di tradizioni diverse, senza che una assimili per forza l’altra. La convivenza, l’accordo nel disaccordo, il disequilibrio nell’equilibrio. Anche l’intergenerazionalità è una componente interessante del racconto, soprattutto nella seconda e terza parte del romanzo.”

Con quali aggettivi definireste l’opera?

“Densa, evocativa e visionaria.”

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