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Diritti umani, l’Onu in visita a Gaza: dal genocidio ai timori sul rapporto cinese

Editoriale – La situazione dei diritti umani nella Repubblica Popolare Cinese continua a subire numerose critiche da parte di molte associazioni internazionali che si occupano di questo argomento. Un fatto abbastanza frequente e noto, e che spesso ricalca però una sorta di pietismo banale e  fuori luogo. 

Pechino, di fatto vuole promuovere la sua visione dei diritti umani e rimodellare il sistema dell’ONU per renderlo più adatto al confronto tra le diversità degli Stati aderenti. Una battaglia che sarà protagonista a Ginevra, nelle sale del Palazzo delle Nazioni. Ed il prossimo appuntamento è per il 23 gennaio 2024. Su questo fronte c’è una forte attenzione geopolitica, anche smisurata in relazione agli accadimenti turbativi mondiali quali i conflitti bellici in atto. 

Da anni ormai la Cina è considerata come un “sorvegliato speciale” da parte dell’Occidente, e storicamente sembra essersi ormai consolidata nel preconcetto aprioristico verso lo stato Cinese. 

L’atteggiamento statunitense può trovare ragioni in un timore reverenziale nei confronti della Cina, dal modus operandi imprenditoriale, creativo che continua ad espandersi nel mondo. 

Nel tempo veniva generata ad arte, con particolare effetto in Europa, una sorta di diffidenza nei confronti del popolo cinese. A priori. Senza ulteriori elementi di valutazione. Poi un crescente numero di imprenditori cinesi ha raggiunto l’Europa, ed in particolare l’Italia.

Qui l’integrazione dei cinesi è ormai prassi abituale. Nonostante si sia tentato di attribuire alla Cina la causa della diffusione pandemica da Covid, ormai la apertura di vedute, la caduta di barriere e steccati nel pensiero popolare massivo non condiziona il medio-popolo. 

Siamo diventati tutti un pò cittadini del mondo. E mentre il Sommo Pontefice di fatto legittima anche benedizioni veloci rivolte alle coppie omosessuali, il quadro internazionale è a tinte fosche. 

Ci si limita a semplici e peraltro inascoltate raccomandazioni sullo “smettere di fare guerra”, tanto che i proclami sono talmente diventati banali che non generano più costrizione nemmeno nei fedeli più devoti. 

E allora come non osservare quanto avviene a Gaza? La comunicazione che arriva tralaltro non riporta nemmeno esaustivamente le reali situazioni di quelle popolazioni, e attenzione questi conflitti non nascono solo ora, sono in corso da anni e per motivazioni ideologico-territoriali di quelle popolazioni che erano già ben note alla comunità internazionale. 

Ne consegue che la comunità internazionale avrebbe dovuto agire prima in prevenzione e non soltanto ora tentando di reprimere l’irrisolvibile. Quando un conflitto parte, poi, chi ne fa le spese è il popolo. Basta guardare anche quanto accade in Ucraina.

La visita Onu a Gaza, è stata decisa soltanto ieri in seguito ad un incontro  Netanyahu  – Blinken. Nel contempo però sembra che i problemi nel mondo siano i diritti umani secondo il punto di vista cinese. A Gaza si consuma quello che è un vero e proprio genocidio, con vittime civili in numero crescente, e con una situazione di vivibilità quotidiana al collasso ormai da tempo. 

Un tema particolarmente caldo, osservato però in modalità diametralmente opposta dalla stessa comunità internazionale, ma soprattutto dall’Europa e dall’America. 

Ma Gaza non rientra forse nei diritti umani? E gli armamenti all’Ucraina non sono forse un incoraggiamento al proseguimento di un conflitto bellico?  Se si critica la guerra da un lato e dall’altro la si gioca seppure in maniera indiretta con apparenti scopi difensivi, non solo non si è coerenti, si rischia poi di non essere credibili. 

La revisione dei diritti umani per la Cina è una priorità che costituisce probabilmente, una crescente necessità di adeguamento in base ai tempi correnti ed alle esigenze che quel singolo stato per storia, cultura ed azione comporta. Ma non è certo una guerra. Anzi. 

Ma nella storia recente  l’arrivo al potere del presidente Xi Jinping nel 2012,ebbe ad originare  preoccupazione per le ONG  e gli esperti dell’ONU. 

In questi ultimi anni, sul tema dei diritti umani,  si registrano posizioni sempre più chiare e determinate  da parte di  Pechino nei vari eloqui esposti presso la sede Europea di Ginevra. 

Secondo la Cina, il principale organo per la protezione dei diritti umani, quindi l’ONU, dovrebbe sostenere l’idea di  “dialogo costruttivo”, ed astenersi dal “puntare il dito” su singoli Stati. 

I diritti umani sono universali, ma avendo ogni stato un proprio ordinamento, appare normale che le adatti in base a determinati elementi. Non siamo diversi solo per aspetto, colore della pelle, abitudini, ma per culture e per storia, tradizioni ed impostazioni che non nascono da oggi. 

L’attenzione sui diritti umani in questa diversità di Stati appartenenti all’ONU, potrebbe dunque costituire un motivo per alcuni esperti geopolitici per andare comunque ad ispezionare gli affari interni di determinati paesi, Cina compresa. 

Lo scorso 10 dicembre 2023 la Dichiarazione universale dei diritti umani ha celebrato il suo settantacinquesimo anniversario. Istituita come linea dopo la seconda guerra mondiale, il suo intento era quello di instaurare un sistema globale di giustizia riconoscendo diritti uguali ed imprescindibili a tutti. 

Ma sin dall’origine in diverse parti dell’emisfero, tale dichiarazione è stata spesso oggetto di critiche.  Iniziando dal dubbio di legittimità, ritenendo sia stata redatta da una minoranza di stati in un periodo in cui molti popoli erano ancora sotto azioni di colonialismo. Inoltre, c’è chi ritiene che il sistema contemporaneo dei diritti umani sia un progetto liberale e occidentale, che privilegia i diritti civili e politici a scapito di quelli economici, sociali e culturali.

Ed inoltre proprio perché è trascorso tutto questo tempo, l’Onu dovrebbe raccogliere l’invito della Cina, mostrando un atteggiamento dialogante e non solo repressivo e preconcetto.

Facendo riferimento alla Dichiarazione universale dei diritti umani, “una pietra miliare nella causa internazionale dei diritti umani”, che ha celebrato nel 2023 u.s. i suoi 75 anni, il Ministro del dipartimento di collegamento internazionale Liu Jianchao  ha sottolineato che le recenti sfide – dalla pandemia, alla fame nel mondo passando dal cambiamento climatico – sollevano la questione di sapere “come meglio promuovere e proteggere i diritti umani”.

Nel corso degli ultimi anni la Cina ha presentato rapporti sui diritti umani, adattandoli in crescendo all’evoluzione della vita, osservando sempre sviluppi ottimali anche in relazione ai diritti economici, sociali e culturali. 

La Cina nel tempo ha ritenuto che la tutela di tali diritti fosse caratterizzata dalla creazione di nuovi posti di lavoro, con standard di protezione sociale e possibilità di pensionamento; nella creazione di mezzi di arbitrato per risolvere i contenziosi sul lavoro; nell’avvio di piani urbanistici per la costruzione di abitazioni economicamente accessibili e nel recupero di aree degradate per fornire nuove soluzioni abitative. Infine, la Cina presenta ottimisticamente anche la situazione della libertà di espressione nel proprio territorio, con riferimenti soprattutto quantitativi al numero di quotidiani e di libri in circolazione

Va comunque aperto il pensiero al ruolo della Cina nel mondo, osservandone gli aspetti produttivi e di crescita, basti guardare che questa nazione c’è soluzione tecnologica  a tutto, la persona al centro. Molte le aziende che progettano e producono merce che è disponibile all’acquisto solo in Cina. 

Dunque basta preconcetti, per osservare gli accadimenti del mondo bisogna liberare il pensiero da schemi voluti per ben altre finalità che quelle di reale approfondimento sul diritto umano. 

 

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