Roma – Il decreto emesso all’esito di un procedimento camerale, benché munito di formula esecutiva, non è idoneo ai fini dell’iscrizione dell’ipoteca giudiziale, non rinvenendosi alcuna norma di legge che gli attribuisca tale idoneità e lo equipari a tali fini a una sentenza – come avviene nel diverso caso dell’ordinanza ingiunzione ex articolo 186 quater cpc e dell’accordo di separazione consensuale sottoscritto all’esito di una procedura negoziata assistita – secondo quanto prescritto dal comma 2 dell’articolo 2818 del codice civile, che stabilisce il principio di tassatività del sistema dell’iscrizione dell’ipoteca giudiziale per i provvedimenti diversi dalle sentenze; né l’equiparabilità del decreto alla sentenza può desumersi dall’applicabilità dell’articolo 91 cpc che inerisce esclusivamente al principio di soccombenza e deve, quindi, essere oggetto di stretta interpretazione, pena la formale disapplicazione del richiamato principio di tassatività.
È quanto statuito dal Tribunale ordinario di Prato, sezione civile, con decreto reso il 10 gennaio 2024 nell’ambito del procedimento iscritto al ruolo generale volontaria giurisdizione n. 1209/2023.
Evoluzione processuale della vicenda
La vicenda trae origine dall’iscrizione con riserva di un’ipoteca giudiziale richiesta sulla base di un decreto emesso dalla Corte d’appello di Firenze all’esito di un procedimento svoltosi con il rito previsto dall’articolo 739 del codice di procedura civile.
Tale provvedimento, contenente condanna al pagamento delle spese di lite e sanzione ex articolo 96 comma 3 cpc, veniva notificato con formula esecutiva alla parte debitrice unitamente all’atto di precetto. A fronte del perdurare dell’inadempimento, il ricorrente richiedeva l’iscrizione del predetto gravame al Conservatore dei registri immobiliari, il quale eseguiva la formalità con riserva evidenziando che il decreto emesso dalla Corte d’appello all’esito di un procedimento di volontaria giurisdizione non costituisce una sentenza né ad esso la legge attribuisce tale effetto.
Veniva, quindi, proposto reclamo avverso la determinazione assunta dal Conservatore affinché venisse resa definitiva l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale mediante eliminazione della riserva, con annotazione a margine della formalità di quanto previsto e dettato dall’articolo 113-ter, comma 4, disposizioni attuative codice civile.
L’impugnazione si basava sulla tesi che, sebbene la materia sia retta dal principio di tassatività, il decreto in questione è equiparabile negli effetti a una sentenza di condanna al risarcimento dei danni e al pagamento delle spese processuali.
Pronuncia del Tribunale di Firenze
Nel respingere il reclamo, il Tribunale si sofferma sull’analisi di quanto statuito dall’articolo 2818 cc chiarendo che “Il primo comma dell’art. 2818 c.c. attribuisce alla sentenza che abbia un determinato contenuto l’efficacia di titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale; il secondo comma costituisce, invece, una norma di rimando, che prevede che sia la legge a specificare tassativamente i provvedimenti differenti dalla sentenza che consentano l’iscrizione dell’ipoteca” e che“dal combinato disposto delle richiamate disposizione codicistiche emerge che il sistema dell’iscrizione dell’ipoteca giudiziale è retto dal principio di tassatività”.
Il giudice di Prato ha così ritenuto che “né l’art. 739 c.p.c. né altre norme di legge prevedono l’idoneità del decreto emesso all’esito di un procedimento camerale ai fini dell’iscrizione dell’ipoteca giudiziale, dovendo dunque escludersi la sussistenza di una delle ipotesi a cui l’art. 2818, c. 2 c.c. rinvia”.
Secondo l’organo giudicante è, dunque, errata l’interpretazione sostanzialistica offerta dal ricorrente che aveva richiamato a sostegno delle proprie argomentazioni la giurisprudenza di merito in tema di idoneità dell’ordinanza ingiunzione ex articolo 186-quater cpc per l’iscrizione di ipoteca giudiziale nonché l’orientamento in punto di trascrivibilità di un accordo di separazione consensuale sottoscritto all’esito di una procedura negoziata assistita che preveda l’assegnazione della casa familiare in favore di uno dei due stipulanti. Queste due ipotesi, infatti, “trovano il proprio punto di partenza, la propria premessa, in una previsione normativa che espressamente equipara il provvedimento ad una sentenza: nel primo caso tale previsione è l’art. 186 quater, cc. 3 e 4 c.c. (secondo cui l’ordinanza acquista l’efficacia della sentenza sull’oggetto dell’istanza ove il processo si estingua o la parte intimata non manifesti la volontà che sia pronunciata sentenza), nel secondo è l’art. 6, c. 3 L. 162/2014 (in base al quale “l’accordo raggiunto dalla convenzione produce gli effetti e tiene luogo dei provvedimenti giudiziali che definiscono […] i procedimenti di separazione personale, di cessazione degli effettivi civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio e di modifica delle condizioni di separazione o divorzio”)”.
Del pari, il Tribunale non ha ritenuto condivisibile l’assunto di parte ricorrente secondo cui l’equiparazione tra sentenza e decreto contenenti provvedimenti di condanna al pagamento di somme di denaro potrebbe essere desunto in via analogica dall’articolo 91 cpc. e dalla giurisprudenza formatasi con riferimento all’applicabilità di tale disposizione anche ai procedimenti camerali. Ciò in quanto “L’interpretazione estensiva che la giurisprudenza di legittimità fa del termine “sentenza” usato dalla richiamata previsione processualcivilistica (e secondo cui detto termine deve essere inteso come ricomprendente qualsiasi provvedimento che chiuda un procedimento innanzi al giudice risolvendo il contrasto tra opposte posizioni) inerisce esclusivamente al principio di soccombenza. In ragione di ciò, non è possibile conferire valore generale a tale equiparazione, pena la formale disapplicazione del richiamato principio di tassatività”.
Conclusioni
Non tutti i titoli esecutivi diversi dalle sentenze di condanna rappresentano titoli idonei all’iscrizione dell’ipoteca, attesa l’eccezionalità e la tassatività delle previsioni in materia.
Nessuna norma di legge attribuisce al decreto emesso ai sensi dell’articolo 739 del codice di procedura civile la qualità di titolo idoneo per l’iscrizione dell’ipoteca sui beni del debitore. Resta ovviamente impregiudicata la possibilità di agire ai sensi dell’articolo 633 cpc al fine di ottenere un titolo utile in tal senso.