Godimento del bene donato, inopponibile per i creditori procedenti
L’impegno, assunto dal figlio, di far vivere i genitori nell’immobile ricevuto in donazione, è un onere di carattere modale che non presenta in alcun modo natura di corrispettivo
Roma – In un atto di donazione di immobile, l’obbligazione assunta dal figlio donatario nei confronti dei genitori donanti, che prevede la concessione in godimento della stessa casa per tutta la vita dei genitori, non è opponibile ai creditori procedenti e all’aggiudicatario del bene, non potendo rientrare fra i diritti reali. È errata la conclusione del giudice di merito che aveva ritenuto applicabili le disposizioni che disciplinano la locazione, non considerando invece, la totale assenza di corrispettività nell’impegno preso dal donatario. È in sintesi la conclusione dell’ordinanza n. 4357/2024 della Cassazione.
Anche se trascritto il modus non è opponibile ai terzi
Il donante a cui favore il donatario assume, con l’atto di donazione, un’obbligazione, è titolare di un diritto personale che non è opponibile ai terzi, neanche se trascritto, non potendosi applicare a tale obbligazione le regole valevoli per le obbligazioni propter rem e i per i contratti di locazione.
È quanto affermato dalla Corte di cassazione con l’ordinanza n. 4357 del 19 febbraio 2024, che così si è espressa: “la trascrizione della donazione modale non fa acquisire all’onere carattere reale, atteso il principio di tipicità dei diritti reali e la riconduzione della donazione modale nell’ambito dei rapporti obbligatori”.
Ai fini di un’adeguata comprensione della decisione si ricostruiscono di seguito la vicenda che ha portato alla pronuncia e il quadro normativo in cui la stessa si inserisce.
La vicenda
E’ preliminarmente opportuno ricordare che:
- la donazione modale è disciplinata dall’articolo 793 cc, che al primo comma dispone “La donazione può essere gravata da un onere”; sulla natura e sull’opponibilità ai terzi dell’onere o modus prede posizione l’ordinanza che si illustra
- le obbligazioni propter rem sono quelle l’obbligazioni che gravano su chi ha la titolarità di un diritto reale e che una volta sorte continuano a gravare su di lui anche se non più titolare del diritto reale; per questo le obbligazioni propter rem sono dette “ambulatorie” perché il soggetto che resta obbligato, man mano che le obbligazioni sorgono, varia al variare del titolare pro tempore del diritto reale
- negli oneri reali, che presentano affinità con le servitù prediali assumendo notevole rilevanza l’inerenza alla res, invece l’obbligazione grava sul titolare del diritto reale sulla cosa, ma solo fin quando questi resta titolare della cosa; in sostanza è il bene che genera il rapporto obbligatorio, venuta meno la titolarità del bene l’ex titolare cessa di essere obbligato; per questo nel diritto romano si diceva “Res, non personam, debet”.
Diritti reali, obbligazioni propter rem e oneri reali nel nostro ordinamento sono solo quelli previsti dalla legge, non possono essere costituiti mediante accordi negoziali; sono quindi caratterizzati da un principio di tipicità.
Tanto premesso, nel caso oggetto dell’ordinanza due genitori donavano – nel 2006 – al proprio figlio un terreno; il contratto prevedeva un’obbligazione, qualificata – nel contratto stesso – propter rem, di dare ai donanti, per tutta la loro vita, alloggio gratuito nel piano rialzato del(l’allora) costruendo edificio.
Successivamente l’edificio (ormai realizzato) diventava oggetto di esecuzione forzata e messo in vendita come libero: infatti “né la perizia”, effettuata nel corso della procedura esecutiva, “né il bando di vendita”, avevano ritenuto “opponibile alla procedura l’occupazione dell’immobile”, e ciò perché quella assunta dal donatario, secondo i redattori di detti documenti, non poteva che essere “un’obbligazione di carattere personale”.
Nel 2018 una terza persona acquistava all’asta l’edificio e quindi iniziava, per le ragioni avanti dette, un’azione esecutiva per ottenere la liberazione dell’immobile.
Si opponevano il figlio e i suoi genitori.
Nella fase cautelare il giudice dell’esecuzione:
- inizialmente dichiarava l’impossibilità di procedere all’ordine di liberazione, dato che gli occupanti “sembrano avere un titolo opponibile da atto trascritto”
- successivamente, nel contraddittorio delle parti, sul rilievo che quello spettante ai donanti non fosse né un diritto reale, né un’obbligazione propter rem, stante il principio di tipicità degli uni come delle altre, disponeva la liberazione dell’immobile
- infine sospendeva l’efficacia dell’ordinanza di liberazione.
L’aggiudicatario dell’immobile proponeva reclamo al Collegio che revocava il provvedimento di sospensione, che veniva, conclusivamente, attuato dall’Istituto vendite giudiziarie nella sua qualità di custode.
Il debitore esecutato e i suoi genitori incardinavano il giudizio di merito, che veniva trattato dal tribunale nelle forme di cui all’articolo 702-bis cpc e si concludeva con ordinanza che dichiarava illegittimo e ineseguibile l’ordine di liberazione.
Secondo il tribunale, infatti, quello costituito in favore dei donanti doveva intendersi come “un diritto personale di godimento, in qualche misura assimilabile al diritto del locatario”, non rilevando “in contrario la circostanza che la locazione comporti per il conduttore l’obbligo di pagamento del canone, che è in questo caso assente”, dato che “l’obbligazione assunta dal donatario verso i donanti non è una mera liberalità senza contropartite, ma invece rientra nella figura del modus annesso alla donazione ed ha quindi una sua giustificazione economica”.
Una volta equiparato il diritto acquistato dai donanti, in forza della donazione modale, al diritto del locatario, lo stesso in quanto trascritto era, secondo il tribunale, opponibile all’aggiudicatario in conformità a quanto previsto dagli articoli 2643, n. 8, cc e 1599, comma 3, cc che dichiarano opponibili ai terzi i contratti di locazione ultranovennali trascritti.
Contro tale decisione il soggetto aggiudicatario proponeva ricorso per cassazione.
La decisione della Corte di cassazione
Dei plurimi motivi di ricorso la Suprema corte ha accolto il primo e dichiarato assorbiti gli altri.
Con tale primo motivo di ricorso si censurava la decisione impugnata perché il tribunale avrebbe erroneamente ritenuto applicabili le norme che disciplinano la locazione, e in particolare l’articolo 1599, comma 3, cc, all’onere modale che non può invece in alcun modo essere considerato corrispettivo della donazione.
In particolare il ricorrente evidenziava che:
- “l’onere modale non presenta natura di corrispettivo, tale da trasformare il titolo dell’attribuzione (cioè la donazione,) da gratuito in oneroso” (Cassazione n. 6925/2015)
- ricorrendo un’obbligazione modale, “la relativa disposizione resta soggetta alla disciplina generale delle obbligazioni”, sicché per ciò solo “è esclusa l’opponibilità al terzo acquirente” (Cassazione n. 12959/2014).
Secondo la Cassazione “La tesi, fatta propria dalla decisione impugnata, che ravvisa, in quello attribuito ai donanti, un diritto personale assimilabile a quello del locatore, risulta errata.”
I motivi per i quali l’obbligazione assunta dal donatario con il contratto di donazione non può essere assimilata a una locazione sono tre:
- un diritto con durata pari a quella della vita dei titolari del diritto stesso è in contrasto con la durata al massimo trentennale della locazione (articolo 1573 cc)
- con l’avvento della legislazione sul canone “equo”, di cui alla legge n. 392/1978, è definitivamente superata la tesi che ammetteva la possibilità che il corrispettivo della locazione potesse essere diverso dal denaro; nel caso oggetto di decisione il trasferimento operato con la donazione, non avendo ad oggetto denaro, non poteva essere il corrispettivo di una locazione
- il “modus” non può assumere “natura di corrispettivo, trasformando il titolo dell’attribuzione (cioè la donazione, n.d.r.), da gratuito in oneroso” (Cassazione n. 6925/2015, Rv. 634982-01); anche per questo motivo dunque il trasferimento operato con la donazione non poteva essere il corrispettivo di una locazione.
Ne consegue che il diritto acquistato dai donatari è “un diritto personale atipico di godimento, ricollegato al “modus” della donazione” e di conseguenza “la trascrizione della donazione modale non fa acquisire all’onere carattere reale, atteso il principio di tipicità dei diritti reali e la riconduzione della donazione modale nell’ambito dei rapporti obbligatori” (Cassazione n. 12959/2014, Rv. 631149-01).
Alla luce di quanto avanti esposto la Suprema corte arriva alla conclusione che “In tema di espropriazione immobiliare, l’obbligazione, assunta col contratto di donazione dal donatario di un immobile, di concedere ai donanti il godimento del cespite donato per tutta la durata della loro vita naturale non è opponibile ai creditori del donatario, né all’aggiudicatario del bene, poiché non si tratta di un’obbligazione “propter rem”, bensì dell’attribuzione di un diritto personale atipico di godimento, ricollegato al “modus” della donazione, e la trascrizione della donazione modale non fa acquisire all’onere carattere reale, stante il principio di tipicità dei diritti reali e la riconduzione della donazione modale nell’ambito dei rapporti obbligatori.” (massima ufficiale).
La decisione rende dunque evidente che non tutte le situazioni soggettive che trovano la loro fonte in atti soggetti a trascrizione ricevono tutela da tale forma di pubblicità legale.
Solo nei casi espressamente previsti dalla legge diritti e obblighi che non hanno carattere reale diventano opponibili ai terzi con la trascrizione e tra questi non rientra il modus donativo.