“Racconto l’amicizia vera ma anche l’elaborazione del lutto”: intervista all’autrice Stefania Calà sul romanzo “Nomen Omen. Le inchieste di Emma De Amicis”
Settembre 1988. Laura, tredicenne catanese, viene rinchiusa dai genitori in un collegio del Nord Italia contro la sua volontà e senza un motivo apparente.
Marzo 2023. Emma, giornalista romana innamorata della vita e convinta di essere benedetta dalla sorte, riceve un plico anonimo contenente il diario di Laura.
Le due donne non hanno niente in comune, eppure le loro vite saranno stravolte da segreti che la prima ha tenuto sepolti per oltre trent’anni e che la seconda tenterà di portare alla luce attraverso un viaggio a ritroso nel tempo e lottando contro i propri pregiudizi.
Chi è stato a mandare il diario alla redazione del quotidiano? Cosa succedeva veramente nel collegio? Perché Laura è scappata? Riuscirà Emma a dare voce al tormento di Laura? E a quale prezzo?
Le vicende di Laura e Emma, e di tutti i personaggi che gravitano intorno a loro, confluiranno in un intreccio che terrà il lettore incollato alle pagine, in un crescendo narrativo che si colorerà di tinte diverse, dal giallo al rosa, con striature di grigio e qualche punta di nero, perché in una storia possono starci dentro tante sfumature senza bisogno di utilizzare per forza etichette.
Nomen Omen è un romanzo a colori, che vi racconterà anche un’amicizia profonda e imperfetta, utilizzando il linguaggio dell’ironia e alternando momenti di leggerezza a momenti di riflessione, fino a comprendere che le differenze possono essere una risorsa… perché, come dice la stessa Emma, non è forse nelle differenze che si incastra la perfezione?
Intervista all’autrice
Come ti sei avvicinata alla scrittura e come è nata l’idea di scrivere questo romanzo?
Sono sempre stata una grande lettrice, sin da bambina ho divorato libri uno dietro l’altro. Negli ultimi anni, a seguito di alcune vicende personali dolorose, ho voluto dare voce alle mie emozioni. La scrittura è diventata il contenitore delle mie esperienze, positive e negative. Racconto l’amicizia vera ma anche l’elaborazione del lutto. La scrittura è diventata per me una sorta di catarsi.
Parlaci della tua protagonista Emma De Amicis, cosa la caratterizza e quale sfide la aspettano?
Emma è un personaggio che io amo moltissimo per la sua complessità. È vera, autentica, è una donna normale, con mille pregi ma altrettanti limiti, primo tra tutti i pregiudizi contro cui lei stessa combatte. Emma è frivola e cocciuta, ma è anche una paladina della giustizia, una donna che si batte per le donne. È una donna innamorata della vita e convinta di poter aggiustare tutto, è un’entusiasta, proprio come la più celebre Emma nata dalla penna di Jane Austen, a cui il mio personaggio è liberamente ispirato.
Il lettore non la amerà subito, l’apprezzerà strada facendo, perché lei “arriva” dopo, ma poi ti travolge e ti fa innamorare, come è successo a me: mi ha conquistata.
Quando si arriverà a coglierne la vera essenza, le si perdonerà tutto: lo shopping compulsivo, le parolacce, le bugie, il suo essere giudicante.
Il romanzo si può considerare un giallo ma va oltre le etichette, questo lo rende originale e intrigante: quali altri “generi” racchiude e perché questa scelta di renderlo tanto vario?
Il romanzo nasce sotto il segno del “giallo” ma, via via, si colora di altre tinte, quasi a metà tra un chick lit e un romanzo di denuncia. La storia che racconto spazia dal giallo al rosa, con striature di grigio e qualche punta di nero, perché in una storia possono starci dentro tante sfumature senza bisogno di utilizzare per forza etichette.
Il mio intento è quello di raccontare una storia verosimile, una storia che non sia mero frutto di fantasia. Voglio raccontare la complessità della vita.
Alice Basso sostiene che il giallo, nei suoi romanzi, è solo un pretesto, un supporto per parlare di altre cose. Lei usa la metafora dell’attaccapanni. Io dico che il giallo è solo l’habitat di questo romanzo.
Come sei riuscita a tenere tutto insieme e a mantenere alta l’attenzione del lettore?
Credo di esserci riuscita perché la vita non è semplice, è complicata. E il lettore percepisce l’autenticità dei personaggi, si rispecchia, si immedesima. Nel romanzo ci sono anche tanti riferimenti alla quotidianità di ognuno di noi – dalla musica alla spesa al mercato –, così come ci sono molti richiami a episodi e fatti risalenti agli anni ’80 e ’90. Chi è stato adolescente in quel periodo ricorderà, per esempio, la caduta del Muro di Berlino, così come l’uscita al cinema de “L’attimo fuggente” o la moda di indossare i cerchietti Naj-Oleari.
Infine, il libro è attraversato da più misteri e il lettore curioso non potrà non percepire che, per arrivare a capire la storia nel suo insieme, dovrà continuare a leggere fino all’ultima pagina.
Non sono una “giallista” pura, le vicende non ruotano tutte intorno a un solo fatto criminoso, ho piuttosto dosato un po’ alla volta degli elementi per così dire intriganti che tengono alta la voglia di proseguire nella lettura.
Quali tematiche affronti nel libro?
Il libro affronta il tema della violenza di genere e dell’indipendenza delle donne. Parlo anche di adozioni, della trasmissione transgenerazionale del trauma con riferimenti alla teoria epigenetica, ma declino anche i vari tipi di amore. Vengono affrontate, infine, altre tematiche di attualità ma, per non spoilerare, non dirò altro.
C’è un messaggio in particolare che speri resti impresso nel lettore?
Questo romanzo è un inno all’amore, a tutti i tipi di amore: di coppia, amicale, filiale, materno, amore verso la musica e verso la cucina. C’è un personaggio, per esempio, che ha perso il suo grande amore e ha dedicato la sua vita all’arte culinaria, diventando un grande chef.
Penso che, dopotutto, sia l’amore il vero motore del mondo, in qualunque forma si manifesti.
E credo che il messaggio ultimo di questo romanzo sia quello che l’amicizia e la solidarietà possono mettere a posto molte cose, restituendo un senso alle vicende umane.
Magari non si può aggiustare sempre tutto, ma vorrei che il lettore avesse la sensazione che, anche se le cose non vanno sempre secondo i nostri piani e i nostri desideri, la vita può comunque riservare delle soluzioni inaspettate. Cito Vasco, che nella sua “Sally” canta “Forse la vita non è stata tutta persa, forse qualcosa s’è salvato, forse davvero non è stato poi tutto sbagliato, forse era giusto così…”
Che tipo di autrice sei, come definiresti la tua narrativa e questa tua prima opera?
Sono un’autrice poliedrica. Sebbene ami moltissimo il genere noir, nelle sue varie declinazioni, il mio stile narrativo non si esaurisce in questo. Mi piace spaziare, mi piace raccontare la vita reale.
Scrivo nei ritagli di tempo perché ho delle giornate molto piene. Ma non ho mai sofferto il blocco dello scrittore, anzi. Quando inizio a scrivere, i miei personaggi prendono vita e sono loro che mi conducono verso la direzione giusta. Un po’ come accadeva a Pirandello, lascio che siano loro a indirizzare la storia. E questa è sempre una tecnica vincente.
“NOMEN OMEN” è certamente un romanzo di formazione e, sebbene lo stile non sia strutturato nel senso classico del termine, credo che abbia buone potenzialità.
Possiamo aspettarci altre avventure per la tua Emma De Amicis?
Questo romanzo è il primo di una serie. Il prequel è già pronto e, al momento, in fase di revisione. Spero di finire il sequel entro l’anno.
Vorrei dare spazio a tutti i personaggi. In ogni romanzo approfondirò le vicende personali di ognuno di loro e affronterò delle tematiche di attualità, come il bullismo e l’omofobia.
Quindi le inchieste di Emma non sono ancora finite, anzi. Nella mia testa albergano tante storie che non vedono l’ora di essere messe nere su bianco.
Stefania Calà è nata a Genova il 15.07.1974, vive a Palermo con il marito e i figli (gemelli). Psicologa abilitata, lavora nella Pubblica Amministrazione e collabora da anni con un centro per donne vittime di violenza di genere. La musica di Vasco Rossi e i libri sono le sue più grandi passioni. Nei suoi libri affronta diverse problematiche sfruttando le competenze maturate negli anni.