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Intervista alla scrittrice Anna Maria Funari sul suo ultimo romanzo “Il segreto del pellegrino” edito da LuoghInteriori

Che sia tra antichi nobili casati, che sia moderna o accada proprio oggi, che sia addirittura nascosta dentro di noi o tra le pagine di un romanzo, la guerra è sempre la stessa: maledetta, ingiusta, tragica. Come lo scontro che, per decenni e con alterni destini, contrappose le famiglie dei Malatesta e dei Montefeltro, i cui discendenti potranno ritrovare la strada verso casa proprio grazie a “ll segreto del pellegrino”. Ma c’è qualcosa di più, che non si mostra direttamente alla vista: per essere guerra deve essere combattuta. E la storia di questo romanzo ce lo insegna; ci insegna cioè che la vita altro non è che una lotta; che lottare per la propria identità e le proprie radici è come essere in guerra con se stessi, prigionieri che solo l’anima di un vero cavaliere può liberare. Una storia mistica, inaspettata, fatta di incredibili colpi di scena, scoperta ed evoluzione quando è l’anima che scende in campo, fiera e delicata, schiva e gentile, modesta e invadente. Non è mai un compromesso o una via di mezzo. È tutto questo all’ennesima potenza.

Buongiorno Anna Maria, le va di raccontarci come è nata la sua passione per la scrittura e come si è sviluppata l’idea della trama de Il segreto del pellegrino?

Buongiorno Maria Laura, grazie innanzi tutto per il tempo che mi riserva. Come ho avuto modo di dire in altre occasioni e anche durante le presentazioni, la passione per la scrittura è un dono che mi porto dietro da quanto ero bambina; la fantasia molto fervida e una innata capacità di scrivere mi hanno sempre accompagnato in tutto il percorso scolastico e poi hanno dato origine a questa specie di “ansia di scrivere” che mi ha portato poi a creare racconti, favole, romanzi… fino a mettermi alla prova anche con un saggio storico.
Il segreto del pellegrino è l’ultimo nato e, come spesso accade, è nato da chiacchiere tra amici; sono una buona ascoltatrice e basta veramente poco affinché nasca lo spunto per creare un’intera trama da un particolare o da una esperienza reale. E’ chiaro poi che lo spunto ha poi bisogno di approfondimenti, ricerche di luoghi e ambientazioni; non è così semplice, se si vuole comunque una storia credibile, coerente e che rapisca il lettore.

Ci presenti i personaggi Lupo Rocca e Giulia Roganti, quali sfide affronteranno e cosa può aspettarsi il lettore dalle loro vicende?

Lupo Rocca e Giulia Roganti apparentemente sono uno il contraltare dell’altro. In realtà, conoscendoli durante la lettura, appariranno più simili di quanto loro stessi credono; lui è un archeologo molto competente, con un carattere a tratti perfino antipatico per la troppa sicurezza che mostra, un attento osservatore della realtà e soprattutto un impietoso analizzatore dell’anima. Credo che se non fosse stato un archeologo, sarebbe stato un ottimo “strizzacervelli”. E’ un personaggio che sa nascondere abbastanza bene la sua, di anima e dietro a quel suo modo di essere cela i grandi valori che poi lo conducono a fare scelte altrettanto grandi.
Giulia invece è un capitano dei Carabinieri; ragazza molto determinata, con un alto senso del dovere. Impassibile, non si lascia mai andare alle emozioni. Eppure, come le dirà lo stesso Lupo, ha un’anima “compressa nella divisa”.
Anime, quindi, alla ricerca di qualcosa che affermi la loro individualità e, perché no?, che lasci uscire la loro passionalità. Cosa sia questo “qualcosa” il lettore lo scoprirà nello svolgersi della trama, magari rimanendo egli stesso sorpreso.

Il romanzo ha una struttura particolare e coraggiosa, una doppia trama a intreccio fra passato e presente: quali sono state le difficoltà di una scelta narrativa simile e come le ha superate?

L’idea della doppia trama ha catalizzato subito la mia attenzione perché, arrivando il segreto dal passato, era assolutamente necessario creare i presupposti affinché il lettore si immergesse immediatamente nella situazione narrativa. L’apparente banalità della storia di Tancredi e Lucrezia, che riporta agli echi shakesperiani di Romeo e Giulietta, o a quelli manzoniani di Renzo e Lucia, è stata una cosa assolutamente cercata, per far si che la parte ancorata al presente permettesse al personaggio di Niccolò Corsi di ironizzare e quasi sbeffeggiare Lupo quando scopre pian piano le carte. Nulla è stato quindi affidato al caso; c’è stato anzi un attento lavoro di ricerca, sia dal punto di vista storico che geografico, per calare la storia rinascimentale in un contesto realmente esistito e in un periodo storico particolare. Per quanto riguarda invece le difficoltà materiali di intreccio delle due storie… sono ricorsa al vecchio metodo dello scrivere le due storie separatamente e poi inserirle una nell’altra.

Quali tematiche affronta nel romanzo e c’è un messaggio che ha voluto trasmettere?

Nel romanzo tutto ruota attorno ad un motto (che tra l’altro è riportato nelle pagine di servizio) che recita “Sepolti là dove, celati alla vista, soltanto il tuo cuore di guida”. E’ uno degli indizi che Lucrezia lascia a chi, nel tempo, perverrà a contatto con alcuni documenti, parole che saranno il mantra che condurrà Lupo verso la ricerca quasi ossessiva di quel “segreto” che lega passato e presente. Filosoficamente potrebbe essere interpretato come un cercare la verità dentro noi stessi, nei meandri più reconditi della nostra anima, dove non è consentito l’accesso a nessuno se non a chi si lascia guidare dal cuore, quindi dal sincero desiderio di fondersi idealmente con il nostro spirito. In questo desiderio sono racchiusi valori come l’amicizia, l’amore, l’onore, il rispetto… l’onestà. Ognuno singolarmente e nelle loro mille sfaccettature individuali.

Quale atmosfera ci possiamo aspettare da Il segreto del pellegrino?

Il romanzo si distingue per l’alternarsi, nella narrazione, di passato e presente. Nel primo, ho cercato di rievocare atmosfere cavalleresche, luoghi e situazioni in cui gli uomini erano i signori assoluti e le donne invece erano figure quasi eteree, composte. Anche nel linguaggio, tra Tancredi e i fratelli di Lucrezia ci sono scambi di battute che quasi sottolineano la posizione prevaricante rispetto alle donne; per contro, Lucrezia appare come una figura angelica, che per certi versi richiama il dantesco “Tanto gentile e tanto onesta pare…”; una giovane donna quindi che concede il saluto, ma poi evita ogni parola e atteggiamento sconveniente.
Nel presente invece l’atmosfera è totalmente l’opposto; anche il linguaggio diventa assolutamente aderente ai nostri tempi; talvolta greve e pesante, caratterizza in modo realistico l’ambiente di soli uomini in cui Lupo viene a trovarsi.

Quale stile caratterizza la sua narrativa? E come si è evoluta la scrittura nel corso delle sue pubblicazioni?

Quando scrivo non amo soffermarmi troppo sui dettagli, cerco di fornire al lettore gli elementi essenziali per creare, nella sua stessa immaginazione, la fotografia di un personaggio, di un luogo, di una situazione. Mi definirei quasi un’autrice dell’essenziale, caratteristica che mi ha sempre accompagnato nel corso del tempo. Diverso è il discorso della scrittura intesa come terminologie e argomenti. Un esempio di cambiamento evidente è proprio il linguaggio “forte” che usano i vari personaggi che orbitano nell’ambito del cantiere dove Lupo arriva. Si creano situazioni ed interessi così contrastanti che la rabbia dei protagonisti li induce a usare termini grevi. All’inizio pensavo di usare magari parole un po’ meno pesanti, poi mi sono detta che nessuna persona normale, neppure la più morigerata e educata, si limiterebbe a un “accidenti” quando la situazione che ha davanti rischia di far saltare ogni progetto di lavoro.

Come autrice quali sono state le sue soddisfazioni più grandi?

Non posso negare che le prime soddisfazioni sono stati i risultati più che positivi ai concorsi a cui ho partecipato all’inizio. Poi sono cominciate le pubblicazioni, le prime interviste… con quest’ultimo romanzo si è amplificato tutto e, con un po’ di presunzione, ho cominciato a credere un pochino di più nelle mie capacità. Non che non ne fossi consapevole, ma per carattere tendo a considerarmi sempre un po’ meno di quello che tutti dicono. Gli amici possono fare apprezzamenti anche per incoraggiare, ma quando poi il riscontro è anche esterno, beh, i dubbi pian piano cominciano a svanire… ma molto piano eh!

Sta lavorando a altri progetti letterari?

Progetti ce ne sono tantissimi. Recentemente ho pubblicato un racconto, “L’anima nella valigia”, in un’antologia di autori vari intitolata “Agorà, l’amicizia si fa in 10” nella quale 10 autori sono stati chiamati a partecipare con un racconto o con delle poesie. L’esperienza mi ha resa orgogliosa perché comunque non è sempre semplice il confronto con altri autori.
A breve, invece, uscirà una raccolta di sei racconti per ragazzi, con fascia di lettura dai 7/8 anni fino ai 12/13; la raccolta titolata “Raccontami una storia (non sempre i draghi sono cattivi)” è stata illustrata da Rosanna Fronzuto, Samuele Basso e Manola Valente, amici di vecchia data e la cui disponibilità è stata davvero encomiabile.
Infine… c’è qualcosa di estremamente nuovo per il quale sto raccogliendo materiale e informazioni, ma per scaramanzia non voglio spoilerare. Manteniamo accesa la curiosità.

L’autrice si racconta…

Mi chiamo Anna Maria Funari, sono nata a Piacenza il 10 maggio 1961, romana di adozione e fieramente marchigiana di origine. Ho fatto studi tecnici che nulla hanno a che vedere col mondo della scrittura, né tantomeno con il settore in cui ho lavorato fino allo scorso ottobre, quando poi ho raggiunto l’agognato traguardo della pensione. Anche nel periodo in cui il lavoro mi ha costretto a essere razionale, non ho mai smesso di sognare; mi considero una sorta di Peter Pan al femminile e sono curiosa del mondo; amo viaggiare e imparare ciò che di buono può venire da ogni contatto col mondo. Non considero l’età un limite ma solo un numero con un’importanza molto relativa.

Al mio attivo ho la pubblicazione di alcuni racconti in antologie di AA.VV. mentre con il mio nome ho pubblicato due romanzi, Fuoco Che Danza – Pi’ta Naku Owaci e L’isola dei graziati, due raccolte di racconti, Ascoltando il cuore in formato cartaceo; inoltre sono autrice di Raccontami una storia (non sempre i draghi sono cattivi) , raccolta di racconti illustrati a più mani e rivolta alla fascia di lettori tra gli 8 e i 12 anni. Non ho mancato di mettermi alla prova anche con un saggio storico Rodolfo Graziani, il Soldato e l’Uomo, in cui più che la figura e la storia militare è stata privilegiata quella umana, studiata attraverso il diario del 1954 (ultimo anno di vita) di cui è proprietario il coautore citato in copertina. Figura umana che affronta il giudizio finale con la piena consapevolezza che, pur cambiando le epoche e i mezzi di comunicazione, ora come allora l’uomo combatte le sue più ardue battaglie contro le proprie paure e la sua stessa fragilità.

L’ultima pubblicazione è il romanzo Il segreto del pellegrino, inoltre alcuni racconti pubblicati nel mio sito, www.annamariafunari.altervista.org, hanno vinto concorsi o sono stati segnalati per menzioni e altro. Nel frattempo sto già lavorando ad altri testi per i quali, al momento, sto raccogliendo tutta la documentazione utile.

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