L’imposta minima nazionale (Qualified domestic minimum top-up tax – Qdmtt), prevista dall’articolo 11 della direttiva Ue n. 2523 del 15 dicembre 2022, è un’imposta facoltativa che, nei rispettivi ordinamenti che decidono di implementarla, trova applicazione in via prioritaria rispetto all’imposta minima integrativa (Iir) e all’imposta minima suppletiva (Utpr), al fine di consentire a ciascun Stato membro di prelevare le imposte integrative relative alle entità a bassa imposizione localizzate sul suo territorio. La norma è disciplinata dall’articolo 18 del decreto legislativo n. 209/2023, che ha recepito la suddetta direttiva mentre, con il decreto del 1° luglio 2024, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 9 luglio 2024, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha individuato le modalità di attuazione della stessa.
Il presente articolo descrive i criteri di determinazione dell’imposta e i principi contabili da adottare per il calcolo delle grandezze contabili rilevanti.
Come calcolare l’imposta
L’imposta minima nazionale è dovuta, in un esercizio, dal gruppo multinazionale o nazionale, quando l’imposizione sui redditi effettiva (anche Etr) è inferiore al 15 per cento. Le regole di determinazione dell’aliquota di imposizione effettiva sono le medesime adottate nel Titolo II del decreto legislativo, fatte salve le deroghe espressamente previste.
Ai fini del calcolo dell’imposizione integrativa di cui all’imposta minima nazionale, in primo luogo occorre determinare l’aliquota di imposizione integrativa (differenza in percentuale tra 15% e aliquota effettiva d’imposta di tutte le entità del gruppo localizzate nel Paese), ovvero:
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aliquota di imposizione integrativa = 15% – aliquota effettiva d’imposta (Etr)
Supponendo che l’aliquota effettiva d’imposta sia pari a 10%, l’aliquota di imposta integrativa è pari a 5 % (15%-10%). Si determina quindi il profitto eccedente (cosiddetto excess profit) delle imprese del gruppo localizzate nel Paese, che costituisce la base imponibile dell’imposizione integrativa. In dettaglio, esso corrisponde al “reddito netto” rilevante del Paese, calcolato ai sensi dell’articolo 33, comma 3, del decreto legislativo n. 209 del 2023 ridotto per la quota di reddito rappresentativa di sostanza economica (Substance based income exclusion – Sbie). La Sbie, consistente in una determinata percentuale del valore contabile delle attività materiali (cosiddette “immobilizzazioni materiali ammissibili” e delle spese salariali cosiddette “spese salariali ammissibili”), consente di escludere una quota di reddito dalla base imponibile GloBe, ed è concessa per tener conto dello svolgimento di attività economiche sostanziali nel paese. In tal senso, la valenza delle “immobilizzazioni materiali ammissibili” e delle “spese salariali ammissibili”, quali indicatori di attività sostanziali, deriva dalla considerazione che tali fattori sono meno mobili e quindi meno esposti al rischio di manovre elusive. In conseguenza dell’esclusione dell’ammontare relativo alle attività sostanziali, la tassazione integrativa riguarda esclusivamente il cosiddetto profitto eccedente:
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Profitto eccedente = reddito rilevante – SBIE
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SBIE = Valore contabile netto dei beni tangibili x 5% + Spese salariali ammissibili x 5%
Preme evidenziare che l’aliquota del 5% sarà assunta solo a partire dal 2033, mentre fino al 2032 le aliquote applicabili sono quelle contenute nell’allegato B del decreto legislativo n. 209 del 2023.
In esito alla determinazione dell’aliquota di imposizione integrativa e del profitto eccedente del Paese, è possibile calcolare l’imposta minima nazionale dovuta, pari al prodotto tra l’aliquota di imposta integrativa (5%) e il profitto eccedente del Paese:
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Imposta minima nazionale = Aliquota di imposizione integrativa x profitto eccedente del Paese
Riprendendo l’esempio di cui sopra, supponendo che in Italia il “reddito rilevante” sia pari a 100 e la Sbie sia pari a 20, si ottiene che il “profitto eccedente” è pari a 80. Conseguentemente, l’imposta minima nazionale dovuta sarà pari a 4 = (5% x 80).
Focus sui principi contabili
Nell’ambito della determinazione delle grandezze contabili rilevanti (reddito rilevante, immobilizzazioni materiali ammissibili e spese salariali ammissibili) assumono particolare importanza i principi contabili adottati dalle imprese e dalle entità. Al riguardo, l’articolo 5, comma 1 del decreto del 1°luglio 2024, stabilisce che i principi contabili applicabili dalle imprese e dalle entità a controllo congiunto localizzate nel territorio dello Stato italiano e le entità apolidi costituite in base alle leggi dello Stato italiano sono i principi contabili nazionali o i principi contabili internazionali, a condizione che siano quelli adottati per la predisposizione del loro bilancio o rendiconto individuale. Questa scelta è contemplata nella Guida Amministrativa Ocse di luglio 2023, in alternativa ai principi contabili adottati nella predisposizione del bilancio consolidato della controllante capogruppo, che rappresentano la regola ordinaria in assenza dei suddetti principi contabili adottati a livello “locale”.
Al riguardo giova ricordare che tali principi contabili, come definiti all’articolo 1, comma 1 del decreto del 1° luglio 2024, sono i principi contabili emanati dall’Organismo italiano di Contabilità (Oic) ai sensi dell’articolo 9-bis, comma 1 del decreto legislativo n. 38/2005 e gli Ifrs adottati dall’Unione Europea a norma del regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 luglio 2002, relativo all’applicazione di principi contabili internazionali.