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“Il tesoro del pavone”, tra ricerca e realtà storica nel nuovo romanzo dell’autore Gianstefano Foresti

Calvino DeGiorgi ama raccontare storie. Non racconti fantastici, bensì tutto quanto ha vissuto in prima persona negli anni, e il nipote Tommaso ne viene sempre rapito.Ora che il ragazzo è maturo, DeGiorgi lo trasporta in un’esperienza di vita del 1981. Il teatro del racconto è un Iran post Rivoluzione, scampato all’ira degli americani per la crisi degli ostaggi, sofferente per l’embargo internazionale e morso dai danni della guerra con l’Iraq. All’interno di questo scenario drastico e cupo, DeGiorgi e alcuni suoi colleghi, con i rappresentanti di Saipem in Iran, si dovranno muovere per chiudere un contratto ai limiti del legale, con il nuovo Governo degli Ayatollah.Sono i rappresentanti di un’importante banca italiana e si trovano nella vecchia Persia per conto del Gruppo ENI, con alle spalle l’occhio attento del Governo italiano, smaniosi per la buona riuscita della proposta sul tavolo: l’acquisto di petrolio dal mercato nero, in forma di baratto, per far fronte ai pagamenti di un’opera titanica per la quale Saipem rischia di non recuperare più nulla.I presupposti non sono dei migliori.

Intervista all’autore

Da dove è nata l’idea o l’ispirazione per questa storia?

La persona che mi ha raccontato questa avventura è da qualche anno “parte della famiglia” in quanto compagno di mia madre. Mi aveva già raccontato più volte l’accaduto, ogni volta ampliandolo e aggiungendo dettagli fino a quando mi è scattato il pallino di farlo diventare un romanzo.

Tra realtà, fantasia e ricostruzione storica:quale tipo di lavoro e ricerca hai intrapreso per scrivere il tuo romanzo?

Partendo dagli appunti raccolti parlando con il Sig. Calvino (che in realtà si chiama Giorno), mi sono fatto una decina di pagine di appunti. Chiaro è che per generare 260 pagine di libro da 10 di appunti, ho dovuto procedere con una ricerca piuttosto approfondita. Ho quindi contattato accademie, enti vari e acquistato documentazione per procedere alla ricostruzione sia storico/ambientale, sia più specificatamente legata al viaggio che mi è stato raccontato. Poi ho dovuto mettere assieme il tutto, recuperando cronologie storiche e facendo molta attenzione a far aderire tutto ai tempi di svolgimento dell’avventura.

Come si evolve il rapporto tra Calvino e il nipote Tommaso nel corso della narrazione? Cosa rappresenta questo rapporto all’interno della trama?

In realtà questa parte è nata un po’ per scherzo. Il mio interlocutore è veramente affezionato al nipote (che esiste, suona la batteria ed è nuotatore anche se non si chiama Tommaso), e mi è piaciuto molto giocare su questa dualità proprio perché altrimenti, così pensavo nello scrivere e lo credo tutt’ora, il romanzo sarebbe risultato pesante, il che avrebbe avuto anche un certo senso se però fosse stato scritto con piglio giornalistico e polemico cosa che, come detto anche nella prefazione, non era nelle mie capacità e nemmeno nella mia volontà né in quella del narratore. L’evoluzione del dialogo quindi è una solidificazione del rapporto tra nonno e nipote che con questa storia “entra nel mondo dei grandi”: quello difficile da comprendere se non si sono vissute determinate situazioni.

Come hai gestito la complessità del contesto politico e sociale dell’Iran di quel periodo? E cosa pensi sia importante che i lettori comprendano riguardo a quel momento storico?

A me piace molto il Medio Oriente in generale e ho avuto la fortuna di andare alcune volte in Iran. Ho conosciuto persone splendide e visto posti bellissimi. Anche nelle istituzioni più chiuse, non ho mai avuto problemi e non mi è mai stato chiesto di privarmi della mia catenina al collo che porta un Gesù in croce e che per me, molto più del lato religioso, è un importante ricordo legato a mio padre.

Mi piace pensare che leggendo questo libro si possa capire come un regime o il dispotismo possa far creare al mondo di fuori, cosa che nella realtà sono molto diverse. Situazioni che si creano poi, non per semplice volontà di pochi ma in conseguenza all’ingerenza o agli interessi di molti (non per nulla nel libro si parla di americani, russi, tedeschi, italiani ecc….). Certo è che la rivoluzione iraniana ha posto le basi per una distruzione dell’egemonia americana in quell’area di mondo e, per come la vedo io, questo è un bene perché se invece gli USA si fossero radicati in Medio Oriente 40anni fa, ora le tensioni sociali anche a ridosso dell’Europa e soprattutto con la complicità della Russia, sarebbero maggiori.

Ecco, spero che i lettori possano comprendere questa cosa ed è per questo motivo che ho lasciato che il nonno interrogasse in nipote sugli avvenimenti portandolo anche a situazioni totalmente distanti dall’Iran. Per far capire che ciò che è successo non è stata una cosa a sé, ma un piano politico/sociale molto più ampio…. Come lo è sempre, del resto.

Quali sono i temi principali che hai voluto esplorare attraverso questa storia? E come speri che influenzino i lettori?

Non mi sono posto il problema. Come ho già detto, il romanzo è una storia e come tale va vissuta. Non è polemica. Non ha un taglio giornalistico. Serve solo a far conoscere una situazione che altrimenti nessuno avrebbe mai saputo (ed infatti se si va a cercare anche nelle pubblicazioni del settore, di quest’avventura non c’è traccia, come se fosse stata volutamente nascosta).

L’importante è che i lettori capiscano che non sempre esistono complotti. Molto spesso è la realtà dei fatti a farli diventare tali. Questo che descrivo io ha tutta l’aria del complotto, ma in realtà parte da una situazione commerciale che ha dato da lavorare a molte persone e che si stava tramutando in una catastrofe economica per l’ENI e di conseguenza per la Banca che la finanziava, e di conseguenza per il Governo Italiano che faceva da garante. I fatti a volte sono brutalmente più semplice dei complottismi.

Cosa speri che i lettori portino con sé dopo aver letto il tuo libro? C’è un messaggio particolare che desideri trasmettere?

Spero che assimilino la storia così come ha fatto Tommaso. Che riescano a capire che ciò che è successo non è finzione, ma la pura realtà e che tale realtà e mostruosamente cruda.

Definisci il tuo romanzo con tre aggettivi e a chi ne consiglieresti la lettura?

Intenso

Arrabbiato

Liberatorio

Il libro è chiaramente d’interesse primario per persone a cavallo dei 50 anni e oltre, che hanno vissuto, anche se magari marginalmente come me, la rivolta e i susseguenti scompensi di potere nel Medio Oriente che continuano anche ai nostri giorni. Ma mi piacerebbe poter arrivare ancora di più ai ragazzi tra i 20 e i 35 anni, che non hanno la minima idea di quanto “vecchi” siano gli attriti tra varie nazioni, e perché esistono. Tutta quella parte di gioventù che non va oltre la “primavera araba” dovrebbe capire che anche quest’ultima rivolta pacifica non è altro che il frutto di qualcosa di ben più radicato, avvenuto in passato e che forse qualcuno ha voluto o a ritenuto necessario che succedesse, per scrollarsi di dosso troppa polvere accumulata.

Biografia dell’autore

Gianstefano Foresti (Sarnico, 1976) è un accanito lettore di fumetti. Diplomato in ragioneria a indirizzo linguistico, è ora Direttore Commerciale di un’importante azienda. Ha avuto esperienze lavorative in giro per il mondo: alcuni anni in Germania e negli Stati Uniti, oltre a ulteriori permanenze in Stati europei e non. Parla 5 lingue, è musicista e sportivo oltre che amante di viaggi e fotografia, ma il matrimonio e la nascita dei suoi figli hanno ridefinito le priorità della sua vita.
Oltre ai suoi tanti hobby, dal 2020 ha deciso di dedicarsi alla scrittura: “Il tesoro del pavone” è il suo secondo romanzo e prende una pausa dal filone thriller-fantascientifico con il quale ha iniziato la sua attività di autore con il romanzo d’esordio “il primo uccisore”. Proprio per via della molteplicità dei suoi interessi, ha raccolto una nuova sfida e si è immerso nella scrittura di un romanzo storico, ricostruendo un fatto realmente accaduto nell’Iran dei primi anni Ottanta.

 

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