Global minimum tax: focus sulle imposte delle entità ibride
Ai fini della corretta tassazione, la nuova disciplina richiede un’attenta analisi dei casi in cui una partecipante è fiscalmente “opaca” nel proprio Paese ma non nello Stato della controllante.
Roma – Esistono circostanze in cui le imposte rilevanti versate da alcune entità sono imputate ad altri soggetti del gruppo. Un esempio è l’entità ibrida, ossia considerata non fiscalmente trasparente nel Paese di localizzazione ma trasparente nel Paese della sua controllante. In tal caso, per la corretta tassazione occorre che le imposte rilevanti assolte dalla controllante siano attribuite all’ “entità ibrida”.
In tema di imposizione minima globale l’attribuzione delle “imposte rilevanti” tra le varie imprese prevede differenze significative tra le regole GloBE e la disciplina sull’imposta minima nazionale. A livello generale, le imposte per il calcolo del livello di tassazione effettiva, denominate appunto “covered taxes” o “imposte rilevanti”, sono attribuite alla singola impresa che ha assoggettato a imposizione il proprio reddito nella propria giurisdizione. Tuttavia, la determinazione su base giurisdizionale dell’aliquota di imposizione effettiva impone, in alcuni casi, eccezioni alla regola generale.
Vi sono infatti circostanze in cui le imposte rilevanti versate da alcune entità sono imputate ad altre entità del gruppo. Si pensi, ad esempio, a una entità ibrida, ossia a una entità che non è considerata fiscalmente trasparente nel Paese di localizzazione, mentre è considerata tale nel Paese della sua controllante diretta. In tale ipotesi, ai fini della corretta determinazione dell’aliquota di imposizione effettiva in ciascuna giurisdizione coinvolta, è necessario che le imposte rilevanti assolte dall’impresa controllante siano attribuite all’impresa che si qualifica come “entità ibrida” limitatamente al reddito cui afferiscono tali imposte rilevanti.
L’articolo esamina i diversi approcci nella imputazione delle imposte rilevanti di alcune tipologie di entità per quanto concerne l’imposta minima integrativa e suppletiva (Irr/Utpr) da un lato, e l’imposta minima nazionale (Qdmtt) dall’altro, con particolare riferimento alle entità ibride e le relative implicazioni dei suddetti approcci sulle imprese operanti attraverso tali entità. Il tema è disciplinato nell’articolo 31 del decreto legislativo n. 209 del 2023.
L’entità ibrida nell’ambito dell’imposizione minima globale
Le entità ibride, sotto il profilo soggettivo, sono qualificate in modo asimmetrico da diversi Stati o giurisdizioni. In particolare, si parla di entità ibride “dirette” o “in senso proprio” quando sono considerate fiscalmente “opache” nello Stato di costituzione e fiscalmente “trasparenti” in quello del socio/partecipante. Viceversa, le entità ibride “inverse” sono considerate fiscalmente “trasparenti” nello Stato di costituzione e fiscalmente “opache” in quello del socio/partecipante. Queste asimmetrie possono produrre effetti di deduzione senza inclusione o di doppia deduzione, tra l’altro oggetto di contrasto tramite le disposizioni sui disallineamenti da ibridi contenute nel decreto legislativo n. 142/2018, articoli da 6 a 11.
Le Regole GloBE forniscono definizioni dettagliate sulle entità fiscalmente trasparenti, sulle entità ibride inverse e sulle entità ibride negli articoli da 10.2.1 a 10.2.5. In dettaglio l’articolo 10.2.5 considera che l’impresa trattata come un autonomo soggetto d’imposta ai fini delle imposte sui redditi nel Paese di localizzazione è un’entità ibrida, per quanto riguarda il suo reddito, le sue spese, i suoi profitti o le sue perdite, nella misura in cui è fiscalmente trasparente nella giurisdizione in cui è situato il suo proprietario. La medesima definizione, seppure in modo più conciso, si rinviene nell’articolo 31 comma 4 del decreto legislativo n. 209 che, per l’appunto, definisce un’entità ibrida come una entità che non è considerata trasparente ai fini fiscali nel Paese di localizzazione, bensì nel Paese di un’impresa proprietaria.
Ciò premesso, per quanto riguarda le GloBE rules, la definizione di entità ibrida produce precise conseguenze in termini di allocazione delle imposte rilevanti nella determinazione dell’aliquota di imposizione effettiva. Difatti, le imposte rilevanti contabilizzate nel bilancio di un’impresa controllante, relative alla porzione del reddito rilevante attribuito all’entità ibrida, sono assegnate in capo a quest’ultima (approccio push – down). Giova ricordare che la stessa impostazione riguarda l’allocazione delle imposte rilevanti tra casa madre e stabile organizzazione, e tra controllante e controllata nell’ambito di un regime CFC. In proposito, si rinvia a quanto previsto dall’articolo 31 dello stesso decreto legislativo.
Diversamente, in tema di imposta minima nazionale (Qdmtt), l’articolo 18, comma 1, lettera b) del decreto legislativo citato, stabilisce che, ai fini del calcolo dell’aliquota d’imposizione effettiva di imprese ed entità a controllo congiunto localizzate in Italia, non si tiene conto delle imposte rilevanti dovute da un’impresa controllante localizzata all’estero per effetto della qualificazione di entità ibrida attribuita all’impresa localizzata nel territorio dello Stato. Infatti, come già visto nell’articolo “Imposta minima nazionale, ecco i metodi per determinarla” pubblicato su FiscoOggi il 12 luglio, l’attuazione dell’imposta minima nazionale, coerentemente a quanto previsto dalle Administrative Guidance di luglio 2023 (paragrafo 118.30), consente di attribuire all’Italia priorità nel prelievo dell’imposizione integrativa. Per converso, l’inclusione delle imposte pagate in un altro Paese nel calcolo dell’aliquota effettiva di imposta italiana (Effective Tax Rate – Etr) potrebbe far apparire che il gruppo rilevante stia già sostenendo un carico fiscale congruo, rendendo così non necessaria l’applicazione dell’imposta minima nazionale.
Esempio
A titolo esemplificativo si consideri che ACo, appartenente al gruppo multinazionale Mne, è una società localizzata nello Stato A con una controllata al 100%, ItaCo, rappresentata da una società a responsabilità limitata italiana, che è anche l’unica “impresa” del gruppo multinazionale MNE.
ItaCo è considerata fiscalmente trasparente nella prospettiva dello Stato della controllante ACo, in conseguenza dell’applicazione di una disposizione equivalente alla check-the-box election americana, oppure in esito ad un regime di consolidato mondiale equivalente a quello disciplinato nell’articolo 130 e seguenti del Tuir.
Lo Stato A ha un’imposta sul reddito delle società con aliquota nominale del 25% e ha implementato l’imposta minima nazionale (Qdmtt) con aliquota del 15 per cento. Inoltre, sui redditi di fonte estera, lo Stato A riconosce un credito d’imposta estero quale rimedio contro la doppia imposizione.
ACo, per l’esercizio 2024, riporta in bilancio dividendi per 13 che non si qualificano come dividendi esclusi in base a una norma equivalente a quella contenuta nell’articolo 23, comma 1, lettera b) del decreto legislativo n. 209 del 2023, dunque, detti dividendi concorrono alla determinazione del “reddito rilevante” nello Stato A. Tuttavia, gli stessi godono della dividend exemption in base alle disposizioni fiscali dello Stato A (Pex) e non scontano alcun carico fiscale domestico.
La controllata ItaCo ha un utile ante imposte di 100, corrispondente al suo reddito imponibile Ires e al “Profitto in eccesso”. L’Ires dovuta è pari a 5, in conseguenza dell’applicazione di agevolazioni fiscali. Da ciò consegue che l’aliquota di imposizione effettiva è del 5%, calcolata come Etr=Imposte rilevanti/Reddito rilevante=5/100.
L’aliquota di imposizione integrativa in Italia, con riferimento al gruppo internazionale MNE è determinata come di seguito:
Aliquota di imposizione integrativa =15% – 5%=10%
Di conseguenza l’imposta minima nazionale è pari 10 = 10% x 100 mentre l’IRES è pari a 5.
Nello Stato A, per effetto del regime di trasparenza fiscale, ACo include nel proprio reddito imponibile, ai fini della imposta sul reddito delle società, il reddito di ItaCo pari a 100 che viene dunque assoggettato a un’imposizione sul reddito delle società pari al 25%. Di conseguenza, ACo registrerà “imposte rilevanti” pari a 25, che, al netto del credito per le imposte estere di 15 (5 per Ires e 10 per imposta minima nazionale), risulteranno pari a 10.
Si noti che nell’esempio, ai fini dell’imposta sul reddito delle società dello Stato A, è stata accredita anche l’imposta minima nazionale italiana, coerentemente con la Notice 2023-80 del Department of the Treasury (Treasury Department) and the Internal Revenue Service (IRS).
Ai fini della determinazione della imposta minima nazionale equivalente dello Stato A, ACo non può includere nel calcolo della propria aliquota di imposizione effettiva le imposte rilevanti pari a 10 dovute sui redditi dell’entità ibrida ItaCo, a causa di una disposizione analoga a quella prevista dall’articolo 3, comma 4 del decreto Mef del 1° luglio 2024 (attuativo della minimum tax), che, ai fini del calcolo dell’aliquota di imposizione effettiva, non permette di considerare le imposte rilevanti dovute in relazione a entità ibride. Considerato, inoltre, che i dividendi per 13 entrano a far parte del “reddito rilevante” senza scontare imposizione locale, l’aliquota di imposizione effettiva nello Stato A è pari a 0, calcolata come Etr= Imposte rilevanti/Reddito rilevante = 0/13.
Conseguentemente, sarà dovuta un’imposta minima nazionale equivalente (Qdmtt) pari a 1,95, calcolata come 13 x [15%-0%].
In assenza della imposta minima nazionale italiana, ai fini della determinazione dell’imposta minima integrativa e suppletiva le imposte pari a 10 sarebbero state allocate in capo a ItaCo in conformità con la disposizione contenuta nell’articolo 31, comma 4 del decreto legislativo n. 209 del 2023, al fine di determinare l’effective tax rate.