Un’estate di vergogna: il fallimento della politica penitenziaria. Mentre il Paese si gode le meritate vacanze, all’interno delle nostre carceri si consuma un dramma silenzioso. Il caldo torrido, le celle sovraffollate, la mancanza di aria condizionata e le scarse risorse trasformano le prigioni in forni crematori. I detenuti, privati della libertà e costretti a vivere in condizioni disumane, sono abbandonati a se stessi. Il recente decreto legge sul sistema penitenziario si presenta come un palliativo insufficiente di fronte all’emergenza che attanaglia i nostri istituti di pena. Ancora una volta, il legislatore ha scelto la via della decretazione d’urgenza, non per affrontare con urgenza il problema, ma piuttosto per nascondere dietro una cortina fumogena l’assenza di una vera volontà di risolvere la questione. Il provvedimento, infatti, è un calderone di norme eterogenee, che spaziano da reati economici alla riforma della giustizia minorile, senza offrire soluzioni concrete per migliorare le condizioni di vita dei detenuti. Le poche misure positive, come quelle dedicate alle strutture residenziali per il reinserimento, sono offuscate da altre disposizioni controproducenti, come la nuova disciplina della liberazione anticipata, che rischiano di aggravare ulteriormente la situazione. Siamo di fronte a un’emergenza senza precedenti: oltre 60 suicidi tra i detenuti e 6 tra gli agenti penitenziari nel solo 2024. Un dato allarmante che conferma quanto sia urgente intervenire. Eppure, il governo sembra indifferente di fronte a questa “pena di morte di fatto”, come è stata definita. È evidente la mancanza di una vera percezione della gravità del problema. Le responsabilità politiche sono diffuse e trasversali, ma è inammissibile che l’attuale esecutivo, trincerato dietro lo slogan della “certezza della pena”, non faccia nulla per migliorare le condizioni di vita dei detenuti. La proposta di legge Giachetti, che prevedeva una riduzione di pena per i detenuti che dimostrassero un percorso di riabilitazione, rappresentava una possibile via d’uscita. Purtroppo, anche questa iniziativa è naufragata, dimostrando ancora una volta la miopia di chi governa. Non possiamo continuare a ignorare il sovraffollamento carcerario, le condizioni inumane di detenzione e la mancanza di assistenza sanitaria. È necessario un cambio di rotta radicale, che passi attraverso lo smaltimento del sovraffollamento, liberando le carceri da chi ha commesso reati minori o ha già scontato gran parte della pena, garantendo assistenza psicologica a tutti i detenuti, migliorando le condizioni di vita dei detenuti. La strada dell’amnistia e dell’indulto, pur prevista dalla Costituzione, non è percorribile in questo momento a causa della mancanza dei numeri necessari in Parlamento. Tuttavia, esistono altre soluzioni, come l’ampliamento delle misure alternative alla detenzione e la riduzione delle pene per chi dimostra di meritare un percorso di riabilitazione. È tempo di agire. Il silenzio e l’indifferenza non possono più essere tollerati. Chiediamo al governo di assumersi le proprie responsabilità e di mettere in atto misure concrete per affrontare questa emergenza.
Aldo Truncè
Presidente della Camera Penale di Crotone