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Tra mistero e suspense: intervista a Klair Norrèl, autrice del romanzo thriller “La dimora dell’oscurità”

Un racconto ricco di tensione, che vi terrà con il fiato sospeso dall'inizio alla fine. Percorrerete strade che non avete mai percorso ed incontrerete personaggi che non sempre sono chi dicono di essere.

Oggi la redazione di Uffici Stampa Nazionali ha il piacere di ospitare Klair Norrèl, autrice del romanzo giallo/thriller La dimora dell’oscurità. Un’opera che ha saputo conquistare i lettori con la sua trama avvincente e i suoi personaggi enigmatici.

Nel corso di questa intervista, esploreremo insieme a Klair il mondo affascinante e inquietante che ha creato, scoprendo non solo curiosità legate al libro ma anche alcuni aspetti della sua esperienza come scrittrice.

Buongiorno Klair e grazie per aver accettato il nostro invito. Cosa ti ha ispirato a scrivere La dimora dell’oscurità?

Quando ha preso vita l’ispirazione per  La dimora dell’oscurità, ero impegnata nella revisione del mio primo romanzo “White Lock”, un fantasy. Stavo riflettendo con  l’allora mio compagno, e adesso marito, su uno dei temi trattati  in White Lock, e di cosa in cosa, è balzata fuori l’idea centrale per  La dimora dell’oscurità; è partito tutto con un: «immagina che…». Nel giro di un anno, quel «immagina che…» si è trasformato in un thriller di 312 pagine.

La trama si sviluppa con colpi di scena inaspettati. Come pianifichi i twist narrativi e quanto della storia lascia spazio all’improvvisazione durante il processo di scrittura?

L’improvvisazione la fa da padrone. In genere, parto dal fulcro del romanzo, dall’idea principale e poi da lì prende vita tutto il resto. Pianifico a grandi linee i punti principali, ma non schematizzo nulla. La storia evolve e si sviluppa a mano a mano, se necessita di un colpo di scena glielo do, se, invece, necessita che qualcosa venga rimosso, cancello e vado avanti. Per esempio, non so che un personaggio morirà finché non decido che sia giunto il momento di fargli tirare le cuoia; non so se abbia reso l’idea. Il tutto però deve seguire una logica, deve allinearsi alla trama per evitare di creare buchi. Quando ho iniziato a scrivere La dimora dell’oscurità, non avevo assolutamente idea di che fine avrebbero fatto Arianna e Billy; tutto ha preso forma rigo dopo rigo, pagina dopo pagina. Quale miglior similitudine con la vita reale: non sappiamo che una una cosa accadrà fin quando non accade.

La psicologia dei personaggi è centrale nel tuo romanzo. Come ti prepari per caratterizzare dei personaggi psicologicamente complessi e realistici?

La fase embrionale dei miei personaggi è caratterizzata da pochi dettagli, semplici e basilari. Non cerco di definire, dal principio, ogni singola caratteristica di essi; li lascio evolvere assieme alla storia. Mi piace pensare che siano vivi, in continua metamorfosi di fronte agli eventi che gli si parano davanti. Se ci riflettiamo, nessuno di noi sa esattamente come si comporterà di fronte ad un avvenimento finché esso non si verifica. E per i miei personaggi è esattamente lo stesso. Vivono un evento, reagiscono a esso e ne escono con qualcosa in più, a volte bello, a volte brutto, che gli smussa gli angoli, li scolpisce e ne definisce i tratti sia psichici che fisici.

I luoghi dove si svolgono le vicende giocano un ruolo importante: quanto è fondamentale il setting per il tuo thriller e quale atmosfera possono aspettarsi i lettori?

Setting e atmosfera sono legati l’uno all’altro. In questo caso, sono partita dall’idea dell’atmosfera che volevo infondere per creare il setting, che ovviamente doveva rispecchiare quel tipo di vibes. Tra le pagine della dimora dell’oscurità, non respiriamo un solo tipo di atmosfera: dallo smarrimento di fronte a oscuri eventi, al calore infuso dal Natale; dallo sconcerto generato dalla scoperta di inaccettabili verità, a una dolce e fumante tazza di cioccolato caldo; dal brivido di un viaggio su strade mai percorse, al confortevole benvenuto di un’insolita cittadina. Questo e altro ancora.

C’è un messaggio o una riflessione che desideri che i lettori traggano dal tuo libro?

Vorrei portare a riflettere sul fatto che nessuno di noi è totalmente buono o cattivo, abbiamo tutti una parte oscura e una parte limpida. Il bene e il male risiedono entrambi dentro di noi e in questa lotta continua tra due forze contrapposte, non è mai facile scegliere da che parte schierarsi. A ciò si collega un’altra riflessione, ossia quanto la concezione di giusto o sbagliato sia legata a una questione di punti di vista, da che angolazione guardiamo la cosa e con quali occhi. In tutto questo, il messaggio che spero sia stata in grado di trasmettere è che l’amore vince sempre sul male.

Quali sono i tuoi autori o libri di genere che consideri una fonte di ispirazione?

Il mio autore preferito e fonte di ispirazione è Stephen King, adoro i suoi romanzi. Ma non traggo ispirazione solo dai libri, anche i film e le serie TV mi sono d’aiuto; amo, ad esempio, i film di Quentin Tarantino, non sai mai cosa aspettarti, riesce sempre a spiazzarti e i dialoghi non annoiano mai, anzi ti incollano allo schermo. Mi piacerebbe saper padroneggiare una cosa simile nella scrittura. In genere, però, non aspetto mai che l’ispirazione cada dal cielo per mettermi all’opera: ogni mattina, mi siedo e comincio a scrivere, poi il resto viene da sé.

Cosa ci possiamo aspettare dal tuo prossimo libro? Hai già in mente un nuovo progetto o un altro romanzo in lavorazione?

Attualmente, sto lavorando alla stesura di uno spin off de La dimora dell’oscurità basato sulla storia di uno dei personaggi secondari che compare nel romanzo. Scopriremo la sua storia, che si intreccerà con quella di Javier Urrega e di altri abitanti di Green Byver City.

Come definiresti il tuo stile narrativo e cosa contraddistingue i tuoi romanzi?

Domanda difficile. In realtà, non ho mai riflettuto sullo stile narrativo. Posso dire che attraverso i dialoghi, le ambientazioni, i personaggi e gli amati colpi di scena cerco di fare del mio meglio per rapire l’attenzione del lettore. Cerco, spesso, di portarlo nella mente del personaggio in modo che possa farne conoscenza ed essere emotivamente coinvolto in ciò che accade. Sinceramente, se dovessi definire il mio stile narrativo, non saprei farlo; forse, in questo sono più bravi i lettori. Per rispondere, invece, a cosa contraddistingue i mie  romanzi, uso una frase: “niente è ciò che sembra”.

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