BOLOGNA – Sono i batteri buoni a fare il vino buono. Lo ha dimostrato un gruppo di ricerca guidato dagli studiosi dell’Alma Mater di Bologna, analizzando il ruolo cruciale del microbioma del suolo per la produzione vinicola. Lo studio, pubblicato sulla rivista ‘Communications Biology’, si è concentrato in particolare sull’analisi del terroir di una delle regioni vinicole più rinomate d’Italia, quella del Vino Nobile di Montepulciano. Per ‘terroir’ si intende l’insieme delle condizioni naturali, climatiche e fisiche che caratterizzano il terreno della vigna e determinano le qualità dei vini. Ebbene, la ricerca dell’Alma Mater ha mostrato che la specifica abbondanza di batteri e funghi nelle 12 diverse unità geografiche aggiuntive del consorzio di produttori contribuisce a plasmare specifiche caratteristiche del vino come l’aroma, il colore e il sapore.
I CAMPIONI ANALIZZATI SONO 392
“Questi risultati offrono nuove prospettive sulla complessità del terroir e su come la sua composizione unica, anche microbica, contribuisca alla qualità dei vini di questa regione”, spiega Simone Rampelli, ricercatore al Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell’Università di Bologna e coordinatore dello studio. In concreto, i ricercatori hanno analizzato 392 campioni da tutto il territorio di produzione, presi in tempi diversi lungo tutto il ciclo produttivo del 2022. “Con le analisi dei metaboliti del vino della stessa annata, eseguite quest’estate, abbiamo poi chiuso il cerchio: uno sforzo che ci ha permesso di scoprire un piccolo tesoro nascosto nel terreno dei vigneti”, afferma Giorgia Palladino, assegnista di ricerca all’Alma Mater e prima autrice dello studio. L’analisi dei campioni di suolo e della porzione di terreno che circonda le radici delle piante (la cosiddetta rizosfera) ha infatti rivelato una configurazione unica del microbioma nella zona del Vino Nobile di Montepulciano e anche una specifica abbondanza di batteri e funghi.
La comparazione col vino ha poi mostrato come questi microrganismi contenuti nel terreno contribuiscano in maniera chiave a formare specifiche caratteristiche come l’aroma, il colore e il sapore. “Questa analisi mostra quanto è importante conoscere e preservare la biodiversità microbica locale, soprattutto nei casi in cui l’origine geografica e il legame con il territorio è centrale per riconoscere e garantire il prodotto- afferma Rampelli- è importante quindi promuovere pratiche viticole che integrano il microbioma come componente fondamentale del terroir, mettendo a punto strategie mirate per garantire la sostenibilità e la resilienza dei vigneti e della produzione vinicola”.
Il microbioma del suolo su cui crescono i vigneti è dunque fondamentale per la qualità del vino. Le comunità di miliardi di microrganismi presenti nel terreno contribuiscono infatti alla fertilizzazione delle piante, alla loro resistenza agli stress ambientali, ai meccanismi di contrasto dei patogeni. “Oggi sappiamo che il microbioma di un terroir vinicolo può essere utilizzato come marcatore di un’intera area di produzione- spiega l’Ateneo di Bologna- finora, però, non erano state definite le possibili differenze all’interno di queste aree”.
Fonte: Agenzia Dire
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