ROMA – “In diverse carceri in Italia e nel mondo saranno aperte simbolicamente alcune Porte della Speranza, installazioni affidate ad artisti di fama internazionale che in collaborazione con le comunità dei detenuti realizzeranno queste opere da collocare fuori delle mura penitenziarie, visibili in questo modo alla città. L’obiettivo del progetto è incoraggiare e sostenere le esperienze dei detenuti a vivere in modo riabilitativo la permanenza in carcere preparandosi al rientro nella società. Ma altrettanto ha un secondo scopo: la conversione dello sguardo spirituale e culturale del cuore e del pensiero della società riguardo all’istituzione carceraria, da considerare sempre di più come luogo di riabilitazione e non soltanto di punizione”. Così il cardinale José Tolentino de Mendonça, Prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione della Santa Sede, nel suo intervento di apertura della conferenza stampa di presentazione del progetto “L’arte contemporanea in carcere: la sfida della speranza”.
“Il problema del carcere non appartiene solo agli Stati” ha sottolineato il Cardinale, “tutta la comunità umana e civile è chiamata a farlo suo, è chiamata a intercettare questa realtà di solito solo immaginata e a interessarsi di più. Con questo progetto si vuole riportare il tema delle carceri e dei detenuti al centro della città e del dibattito. E qui l’esperienza artistica può svolgere un ruolo decisivo, perché l’arte sa di essere ponte e di collegare con rinnovata e creativa intensità i cammini interrotti dell’esistenza”. Concludendo il suo intervento, de Mendonça ha voluto rivolgere un ringraziamento al “ministero della Giustizia italiano, in particolare al dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria nella persona del presidente Giovanni Russo, che dopo la collaborazione a Venezia nell’ambito della Biennale ha fortemente voluto questa collaborazione: continuare nuovi progetti condivisi con la Santa Sede a beneficio di questa realtà che sono le carceri, che tutti noi siamo chiamati come Chiesa e come società ad abbracciare, con sempre più consapevolezza e umanità”.
“Come Amministrazione Penitenziaria abbiamo cercato di costruire un percorso di speranza”, ha detto subito dopo il Capo del Dap Giovanni Russo, “che non è soltanto un conforto spirituale, etico o di tipo religioso. E l’imponenza dell’idea progettuale della Santa Sede trascende questo compito spirituale”.
“Portando l’arte all’interno delle istituzioni carcerarie, come abbiamo fatto alla Giudecca – dove le detenute in un primo momento hanno collaborato all’allestimento dei luoghi deputati ad accogliere le opere e poi, attraverso l’incontro con gli artisti, hanno addirittura forgiato la sensibilità degli artisti – abbiamo realizzato un’opera straordinaria nel senso costituzionale dell’art. 27”. Con il progetto dell’artista Senatore” ha concluso Russo “si realizza un’attività artistica partecipata, in cui si chiama la popolazione detenuta ancora una volta non a essere soggetto passivo di un intervento culturale, ma soggetto attivo, nel quale c’è un processo potentissimo di valorizzazione dell’individualità di ogni detenuto che è chiamato a scrivere, a tracciare il proprio messaggio e la propria idea”.
Alla conferenza stampa sono intervenuti Marinella Senatore, l’artista che nell’istituto di Rebibbia realizzerà il progetto artistico che sarà svelato il prossimo 26 dicembre, giorno in cui Papa Francesco aprirà la Porta Santa nel carcere romano; Cristiana Perrella, curatrice dello spazio “Conciliazione 5” per l’Anno Santo 2025, e Davide Rampello, curatore del progetto internazionale “Porte della Speranza”.