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Asd, ok a benefici fiscali ma solo con attività non lucrativa reale

Il requisito di concretezza per le misure agevolative è volto a evitare che lo schema costituito dall’associazione sportiva dilettantistica nasconda invece una vera e propria attività commerciale

Roma – L’applicazione del regime di favore previsto per le associazioni sportive dilettantistiche dall’articolo 1 della legge n. 398/1991 è subordinato, oltre che al rispetto di alcuni adempimenti formali, anche all’effettivo svolgimento di attività non lucrativa da parte dell’ente. Questo il principio espresso dalla Corte di cassazione con l’ordinanza n. 31924 dell’11 dicembre 2024.

Prima di esaminare nel merito la vicenda processuale, occorre premettere che la citata legge n. 398/1991 prevede una disciplina opzionale in base alla quale l’ente può godere di numerose semplificazioni fiscali, a patto che ricorrano determinate condizioni.

In particolare, questo regime contempla regole più favorevoli in tema di determinazione del reddito d’impresa, di applicazione dell’Iva e di adempimenti contabili e fiscali (tenuta delle scritture, emissione di fatture, scontrini e ricevute fiscali, presentazione della dichiarazione Iva).

Nel caso di specie l’Amministrazione finanziaria aveva eseguito un controllo su un ente, a seguito del quale aveva disconosciuto allo stesso la qualifica di associazione sportiva dilettantistica procedendo a determinare, secondo le regole ordinarie, il reddito d’impresa imponibile ai fini Ires, Irap, Iva.

I numerosi rilievi sui quali si è fondato l’accertamento dell’Ufficio sono stati ritenuti infondati sia dalla Ctp di Reggio Calabria che dalla Ctr della Calabria (decisione n. 589/2023), che hanno rilevato quanto segue:

  • l’omessa indicazione, nella denominazione, della natura “sportiva” e “dilettantistica” delle attività poste in essere dall’ente non è prevista quale causa di decadenza dal citato regime opzionale
  • la tardiva presentazione del modello Eas, ovvero del modello mediante il quale l’ente associativo è tenuto a comunicare all’Agenzia delle entrate dati e notizie di rilievo fiscale, non implica alcuna conseguenza, trattandosi di adempimenti con finalità informative
  • la pubblicizzazione dell’attività dell’ente sul proprio sito istituzionale non è una prerogativa esclusiva degli enti commerciale e, quindi, può essere effettuata anche da enti privi di scopo di lucro
  • la mancata tenuta del libro soci e la circostanza che alle assemblee dell’ente partecipano solo pochi soci, non sono elementi idonei e sufficienti a negare la democraticità e l’effettività della vita associativa dell’ente, anche in considerazione del fatto che l’ente monitorava la presenza dei soci mediante schede che venivano raccolte ed archiviate presso la sede dell’ente stesso;
  • la mancanza di percezione da parte dei nuovi soci di essere iscritti ad un ente sportivo non è elemento idoneo a desumere la natura commerciale dell’ente.

Preso atto di quanto stabilito dai giudici tributari, l’Amministrazione ha presentato ricorso in cassazione sostenendo che l’avviso di accertamento non poteva essere annullato senza aver verificato in concreto l’effettivo esercizio dell’attività svolta dall’ente.

Secondo l’Ufficio, inoltre, l’inosservanza degli obblighi di comunicazione previsti a carico di questa tipologia di enti ed i numerosi elementi indicati nell’atto di accertamento, attestavano la mancanza di democraticità dell’ente e l’assenza di una effettiva vita associativa, con conseguente perdita della qualifica di ente non commerciale e dei connessi benefici fiscali.

La Suprema corte ha richiamato il proprio orientamento sul punto (Cassazione n. 30008/2021 e n. 6361/2023), ribadendo che, ai fini del mantenimento del regime agevolativo di cui all’articolo 1 della legge n. 398/1991, è necessario che l’atto costitutivo o lo statuto dell’ente escludano, in caso di scioglimento, la devoluzione dei beni ai propri associati.

Si è, inoltre, rilevato che, oltre al rispetto formale delle norme, il godimento del regime speciale di cui sopra è subordinato alla verifica, in concreto, dell’attività svolta dall’ente. Ciò in quanto bisogna evitare che lo schema associativo sia di fatto impiegato quale schermo di un’attività commerciale svolta in forma associata.

In definitiva, secondo la pronuncia in commento, per l’applicabilità del descritto regime di favore, oltre al requisito formale, consistente nell’affiliazione dell’associazione ai prescritti albi è necessaria “…la dimostrazione del presupposto sostanziale, costituito dalla effettiva sussistenza dei requisiti previsti dalla legge”.

Sulla base di ciò si è affermato il seguente principio di diritto “…le esenzioni d’imposta a favore delle associazioni non lucrative – e, specificamente, delle associazioni sportive dilettantistiche – dipendono non dalla veste giuridica assunta dall’associazione (o, quantomeno, non soltanto da quella), bensì dall’effettivo esercizio di un’attività senza fine di lucro, sicché l’agevolazione fiscale (ma anche quella contributiva) non spetta in base al solo dato formale (estrinseco e neutrale) dell’affiliazione al CONI, bensì per l’effettivo svolgimento dell’attività considerata, il cui onere probatorio incombe sul contribuente (così anche Cass., n. 10393 del 2018; Cass., n. 11492 del 2019; Cass., n. 25353 del 2020; Cass., n. 29500 del 2020)”.

Nel ribadire che l’accertamento sulla spettanza del regime agevolato deve essere compiuto, oltre che sul piano formale, anche in concreto, con onere probatorio a carico del contribuente, la Cassazione ha rimarcato che i giudici tributari non avevano svolto tale indagine ma avevano riconosciuto la natura non commerciale dell’ente sulla base solo di alcuni dati formali.

Alla luce di ciò, spiega Fiscooggi,  con l’ordinanza in commento è stato accolto il ricorso dell’Amministrazione finanziaria e si è disposto il rinvio della causa ad altra sezione della Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Calabria, la quale dovrà valutare nel merito l’effettiva attività svolta dall’ente, ai fini del riconoscimento delle agevolazioni di cui aveva goduto.

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