La rinuncia all’eredità è un atto con il quale il chiamato all’eredità dichiara di non volerla acquistare, ad esempio perché i debiti del defunto sono superiori ai crediti; in questo modo egli fa cessare gli effetti verificatisi nei suoi confronti a seguito dell’apertura della successione e rimane, pertanto, completamente estraneo alla stessa.
Ne consegue che nessun creditore potrà rivolgersi a lui per il pagamento dei debiti ereditari.
Chi è chiamato all’eredità può rinunciare ad essa con una dichiarazione scritta ricevuta da un notaio o dal Cancelliere del Tribunale.
Come l’accettazione, non può essere sottoposta a condizioni o termini, né può essere limitata a parte soltanto dell’eredità. In caso contrario, la dichiarazione di rinuncia è nulla e non produce effetti.
Non può essere effettuata dietro corrispettivo o a favore di solo alcuni degli altri soggetti chiamati all’eredità, in questi casi comporta l’effetto contrario, ossia l’accettazione dell’eredità.
Il diritto di rinunciare all’eredità, così come quello di accettarla, può essere esercitato entro dieci anni dal giorno della morte del defunto. In caso di accertamento giudiziale dello stato di figlio, tuttavia, il termine inizia a decorrere dal passaggio in giudicato della relativa sentenza.
La rinuncia è revocabile se l’eredità non è nel frattempo già stata acquistata da altri e fino a che il diritto di accettarla non è prescritto.
Decade dal diritto di rinunciare, e si considera erede puro e semplice, il chiamato all’eredità che ha sottratto o nascosto beni spettanti all’eredità stessa.
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