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Ema: “Omicron non è come un’influenza”

BRUXELLES – “È chiaro che i richiami sono necessari per rafforzare ed estendere la protezione vaccinale, che si riduce tra i cinque e i sette mesi di distanza dal completamento del ciclo nel caso della variante Delta e più rapidamente nel caso della variante Omicron, ma mancano i dati a favore di una ulteriore dose di richiamo”. Così il capo della strategia per i vaccini dell’Agenzia europea per i medicinali (Ema) Marco Cavaleri durante una conferenza stampa. “Ovviamente il caso delle vulnerabili e immunodepresse è diverso, ma ripetere la vaccinazione a breve tempo di distanza dall’ultima dose, presumibilmente ogni quattro mesi, non rappresenterebbero una strategia sostenibile a lungo termine“, ha continuato Cavaleri. In primo luogo, ha continuato l’esperto, la risposta immunitaria “non sarebbe la stessa rispetto a quanto preferibile”, e in seconda battuta una possibilità del genere “aumenterebbe l’esasperazione nella popolazione nei confronti della frequente somministrazione del vaccino”. La migliore ipotesi per passare a uno scenario endemico, ha detto Cavalieri, sarebbe ripetere il richiamo una o due volte e concentrare la sua somministrazione nei mesi più freddi dell’anno.

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EMA: “OMICRON MENO VIOLENTA, MA NON È COME LIEVE INFLUENZA

“Omicron sta diventando rapidamente dominante in Europa e, nonostante molti studi dimostrino che questa variante provochi la metà dei casi rispetto alla variante Delta, è da ritenere pericolosa per la sua maggiore trasmissibilità”, ha spiegato Cavaleri. “Bisogna essere consapevoli del carico potenziale che può creare Omicron sui sistemi sanitari e non considerarla semplicemente come una variante che provoca una lieve influenza”, ha continuato, rimarcando come molti studi dimostrino che l’effettuazione di due dosi di vaccino anti-Covid proteggano nel 70 per cento dei casi contro il rischio di ospedalizzazione e che tale percentuale raggiunga il 90 per cento dopo aver ricevuto una dose di richiamo. (www.dire.it)

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