ROMA – «Prima della fine della legislatura intendiamo approvare il Piano per gli aeroporti e quello per l’uso dello spazio marittimo. E varare gli ultimi decreti attuativi in questa lunga corsa per far marciare il Pnrr e i tre pilastri cha lo sorreggono: riforme, pianificazione e investimenti». Enrico Giovannini è soddisfatto del lavoro svolto, dei miliardi stanziati e di quelli già assegnati, oltre che delle gare avviate per le opere pubbliche, così come delIa svolta cuIturale introdotta. Il ministro delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili (Mimsj – il nome del dicastero è stato coniato proprio da Giovannini – ha un unico rimpianto: «Ad un passo dal traguardo non è stata varata la legge sulla rigenerazione urbana, una riforma che il Paese attende da anni e che, a causa della crisi di governo, è rimasta sulla carta. Un grave errore perché si sarebbe potuto avviare la riqualificazione delle città, coniugando ambiente e sviluppo. Avevamo stanziato oltre 1,3 miliardi per iniziare a farlo e invece…».
Ma di là di questa occasione sprecata alla fine il bilancio che può trarre quanto è positivo?
«Positivo. Tante le riforme fatte in poco tempo: ad esempio, le semplificazioni procedurali per le opere del Pnrr, da estendere ora agli altri contratti grazie alla legge delega approvata a metà anno: la velocizzazione dei contratti di programma di Rfi, approvati in, sette mesi quando prima ci volevano 2 anni: la nuova governance per mettere in sicurezza il sistema idrico, con sanzioni per i concessionari inadempienti e la possibilità per il ministero di subentrare; le linee guida per la manutenzione di ponti, gallerie e viadotti, con miliardi di euro destinati sul miglioramento delle strade secondarie, i diversi interventi per lo sviluppo dei porti, i tanti interventi sul codice della strada per aumentare la sicurezza».
Al di là degli interventi realizzati, che cosa bisogna completare prima che arrivi il nuovo governo?
«Mi lasci aggiungere solo che è stato varato anche il documento strategico per la pianificazione delle ferrovie, quello per lo sviluppo di strade e autostrade, il piano per la sicurezza stradale, quello per la mobilita ciclistica. Documenti molto approfonditi necessari per trasformare l’Italia nei prossimi 10 anni, secondo i principi della sostenibilità, della competitività, dell’innovazione digitale».
Ma in concreto da qui a settembre con la campagna elettorale in corso, cosa farete?
«Varie cose, tra cui il Piano nazionale per gli aeroporti e quello per l’uso dello spazio marittimo, fondamentale anche per installare i parchi eolici offshore».
Parliamo di aeroporti, cosa prevede il piano, ci anticipa le linee guida?
«Insieme all’Enac stiamo lavorando ad un progetto di ampio respiro che tenga conto anche del grande investimento finalizzato a connettere, grazie al Pnrr, 11 aeroporti con la rete ferroviaria. Si tratta di un grande innovazione per sviluppare l’intermodalità, fare sistema. Oltre a Fiumicino, che verrà meglio connesso con la rete ferroviaria Roma-Genova, e quindi anche con il Porto di Civitavecchia (riconosciuto finalmente come porto core della rete europea) e inserito nel sistema ad Alta velocità, altri scali avranno finalmente la possibilità di integrarsi nella rete ferroviaria: Venezia, Olbia, Salerno, Genova e tanti altri. Si tratta di una innovazione fondamentale per il funzionamento del Paese, lo sviluppo del turismo, l’ambiente, la decarbonizzazione del sistema dei trasporti».
Si può fare un bilancio finale dei soldi investititi tra Pnrr e fondi nazionali?
«Le riforme hanno un senso solo se si legano agli investimenti. E il Mims ha impiegato i 61 miliardi del Pnrr per il sistema infrastrutturale a cui si aggiungono i 36 miliardi previsti dalla legge di bilancio e i 6 dei fondi per lo sviluppo e la coesione. Complessivamente, in 18 mesi sono stati aggiunti 105 miliardi di nuovi investimenti ai fondi preesistenti».
Ma non è il libro dei sogni?
Molte opere vanno ancora appaltate, ci sono i ritardi delle amministrazioni…
«Non è il libro dei sogni. Sono state varate le riforme per velocizzare i procedimenti, avviate le progettazioni e sono state bandite molte gare in questo settore. Nel primo semestre sono partite 37 gare legate al Pnrr, altre 74 scatteranno entro la fine dell’anno. Con la nomina dei commissari abbiamo velocizzato molte opere bloccate da tempo e quelle per il Giubileo di Roma, le Olimpiadi Milano-Cortina, gli approdi temporanei per le navi da crociera a Marghera. Abbiamo poi avviato o sbloccato progetti cruciali per il Paese, come quelli per le autostrade Tirrenica e Roma-Latina, per la Salerno-Reggio Calabria ferroviaria di Alta velocità, la velocizzazione della ferrovia adriatica, riconosciuto come secondo corridoio core italiano delle reti Tent-T, unico caso tra tutti i Paesi dell’Unione europea».
Non c’è il rischio che con il nuovo governo si fermi tutto, che una parte del Pnrr venga messa in discussione?
«No. Immaginando i rischi politici del secondo semestre, abbiamo anticipato i tempi. In 9 mesi sono stati approvati due decreti-legge sui nostri temi, abbiamo anticipato le riforme chieste dal Pnrr, abbiamo definito le regole tecniche per gli investimenti ferroviari e stradali del futuro, introducendo i criteri di sostenibilità ambientale. Dopo un anno e mezzo di lavoro adesso tutti parlano di infrastrutture e mobilità sostenibili, concetti che prima suscitavano non poche ironie e che oggi sono una realtà, anche nei porti, i cui piani di trasformazione incideranno positivamente anche sulle città in cui sono collocati».
Ma il Pnrr o almeno singoli progetti possono essere modificati come chiedono alcuni partiti. Tra l’altro, va considerato l’impatto dell’inflazione…
«Certo. Singoli progetti possono essere cambiati, ma ripensare l’intero impianto infrastrutturale, concordato con le Regioni, richiederebbe tempi lunghi. Lo schema generale deve rispettare i canoni e l’impostazione concordata con l’Europa, i vincoli ambientali e di sostenibilità. Ripeto, i tempi sono molto stringenti».
C’è chi sostiene che il governo Draghi ha realizzato la parte facile del Pnrr e che il difficile viene ora, con la sua realizzazione.
«Non possiamo dire che la missione sia compiuta, c’è ancora tanto da fare. Per esempio, adottare tutti i decreti attuativi pendenti di nostra competenza, oltre ai 275 già approvati in questi 18 mesi. E stiamo lavorando per rispettare questo impegno. E le assicuro che è tutt’altro che facile».
Ministro, se la dovessero richiamare al servizio del Paese, come risponderebbe?
«Ho avuto la fortuna di servire il mio Paese prima come presidente dell’Istat, poi da ministro del Lavoro e ora al Mims. Sono grato al presidente Draghi per avermi scelto e credo di aver portato le mie conoscenze tecniche e un approccio sistemico in un ministero così complesso e articolato, innovando molto rispetto al passato. Tornerò all’università e continuerò ad impegnarmi per un’Italia migliore».