Conservatoria di Roma, la storia dall’esame dei titoli
Al giorno d’oggi ogni pubblico ufficiale si identifica prevalentemente in modalità digitale, in passato esisteva il “signum tabellionis”, il segno creativo, un piccolo disegno unico per ogni notaio
Roma – Salvatore Tiralongo e Antonio Iaria scrivono un saggio sulla rivista Territorio Italia 2023, soffermandosi sugli archivi storici delle Conservatorie dei registri immobiliari di Roma e sul loro valore, espresso all’interno di confini storici e giuridici definiti, ma anche dal punto di vista artistico.
È da molti anni, che gli esperti lavorano per affinare le tecniche di gestione di questi documenti cartacei e dei servizi all’utenza. La digitalizzazione degli archivi e l’informatizzazione sono stati i primi passi in questa direzione. In particolare, la digitalizzazione per quanto riguarda i documenti antecedenti il 1970, e la loro delocalizzazione e l’informatizzazione hanno, in generale, consentito l’interrogazione degli atti, sia dal punto divista formale che sostanziale.
Gli autori, in particolare, descrivono un nuovo archivio (che si trova, ad esempio, presso la Conservatoria dei Registri immobiliari di Roma 3), accessibile per la consultazione dei documenti cartacei risalenti a date ancora precedenti. Questa ulteriore archiviazione permette di evidenziare i momenti cronologici che fanno da sfondo alle vicende della storia d’Italia, soffermandosi sul contenuto degli atti e dei suoi elementi formali e sostanziali. Ed è proprio alla valorizzazione della documentazione storica che si rivolge questo approfondimento, dedicato in modo particolare al caso studio degli atti giacenti presso la Conservatoria di “Roma 3”.
Molti gli elementi che caratterizzano la lettura dei documenti, che diventano – grazie alle peculiarità individuabili – non solo atti di valore giuridico, ma anche una fotografia della società contemporanea del redattore dell’atto.
L’aspetto grafico
Le immagini presenti all’interno di questi documenti assumono un valore probatorio e storico, oltreché di pregio artistico. Infatti, contrariamente alle abitudini attuali, dove ogni pubblico ufficiale si identifica prevalentemente in modalità digitale, in passato esisteva il “signum tabellionis”, il segno creativo – un piccolo disegno unico per ogni notaio, che i professionisti apponevano a mano sugli atti sin dall’alto Medioevo, per renderne inconfutabile l’autenticità e il valore, dove le iniziali, o il nome, spesso sono inseriti nell’immagine stessa. Inoltre, anche la grafia si elevava, nell’Ottocento e inizio Novecento, quale elemento di riconoscibilità per un dato notaio. In effetti, dal termine “grafia” si passa a “calligrafia” (dal greco: bella grafia), in quanto gli atti erano una vera e propria piccola opera d’arte, di dimostrazione di perizia calligrafica, quale tratto dal valore artistico.
In relazione alla forma di governo presente alla data di redazione dell’atto, insieme ai sigilli notarili compare anche, ad esempio, lo stemma del Regno d’Italia con la croce sabauda.
Le intestazioni
Un aiuto alla collocazione storica dell’atto viene proprio dalla prima pagina, dove emergono informazioni utili sull’epoca nel quale è stato redatto, in particolare sul regnante in carica che appare proprio nell’intestazione.
Inoltre, al cambiamento politico, con l’avvento della repubblica, anche l’intestazione muta in “Repubblica italiana”.
Le immagini
Un altro aspetto a corredo dell’atto è quello visivo. Infatti, oltre alla descrizione del bene di cui si tratta nel documento, sempre più spesso sono allegate descrizioni figurate di ciò. Non sono certamente così dettagliate come le attuali planimetrie, ma un elemento grafico a supporto della descrizione contenuta nell’atto.