ROMA – Ieri mattina grida d’accusa e di protesta sull’ipotetica trattativa Stato-Mafia a Palazzo di Giustizia, “Our Voice” la testimonianza di ragazzi, di giovani, stanchi di un mondo vacuo, di una politica ipocrita, che sguazza in sporchi affari per l’ottenimento del controllo e del potere. Megafono alla mano, striscione bianco, come una terra candida, scritto nero e rosso come lo sporco e il depauperamento da atti illeciti e amorali. Un gruppo internazionale che ha la forza di non piegare la testa, e denunciare atti gravi contro i diritti umani e contro la vita.
Davanti al Palazzaccio un gran numero di persone hanno preso parte alla manifestazione, provenienti da tutta Italia, una protesta che parte da Palermo e arriva sino a Roma per cercare risposte ad una situazione a dir poco chiara e occultata.
Dai tempi delle stragi di via d’Amelio e Capaci a Palermo circa 30anni orsono, troppe sono le domande e poche le risposte, ancora esiste questa subdola collaborazione? Soprattutto chi ha coperto Matteo Messina Denaro per ben 30anni di latitanza? Come i Cavò dei boss e dei responsabili delle stragi siano stati trovati e sistemati in un certo modo affinché la storiella fosse raccontata secondo volontà ben architettate?
Più o meno tre anni fa è stata emessa la sentenza che ha condannato i mafiosi Leoluca Bagarella e Antonino Cinà ed ha assolto gli ufficiali dell’Arma, Antonio Subranni, Mario Mori e Giuseppe De Donno.
Furono depositate le motivazioni di quella sentenza in cui si evidenzia, pur non riconoscendo il reato, che la “trattativa ci fu” e che fu un’azione “improvvida” per il “bene” dello Stato.
Fu tutto sottaciuto e depistato da allora, la magistratura viene tenuta con il cappio alla gola limitandone le sue funzioni, l’informazione racconta ciò che gli viene propinato e ordinato di dire, quindi limitata anch’essa.
Ancora nessuna certezza, nessuna risposta, si lotta e si indaga affinché la trasparenza e la giusta informazione venga attuata.