La Mecca e l’Occidente negli ultimi scritti di Pierfranco Bruni con il canto e il muezzin
di Admira Braja *
Culture che si incontrano nel viaggio per contaminare anche le riflessioni, dove non esistono barriere e la parola abita i misteriosi mondi dei due protagonisti. Sarashil deve compiere la sua Storia e Garcia si presenta intento a narrarla. È in questo scenario quasi pirandelliano che si muovono i due protagonisti e insieme a loro anche il lettore.
Tunisi è il luogo che ospita le riflessioni dello scrittore e l’intreccio narrativo lasciando aperta l’interpretazione verso mondi che hanno il senso della magia e del mistero, ma richiamano anche a dei cenni autobiografici che non mancano mai alla produzione letteraria di Bruni. Sarashil deve compiere l’incompiuto e Garcia deve seguirla assumendo quest’ultimo i ruoli di autore, narratore e protagonista. Il personaggio di Sarashil gira intorno a due mondi, a due culture che ispirano la scrittura di Pierfranco Bruni. È in queste emozioni “contaminate” che vengono analizzati i dettagli dell’esistenza di Garcia.
Sarashil per scrivere il suo libro doveva rifugiarsi in Tunisi, nella parlata araba e di creare una storia d’amore che vive parallelamente su due dimensioni: letteratura ed esistenza. Garcia permette alla parola di diventare letteratura, ma allo stesso tempo lo rende esistenza. Così il lettore lasciandosi catturare dalla storia, partecipa anche alle riflessioni di Garcia, in quanto la dimensione antropologica che investe la scrittura di Pierfranco Bruni rende sempre possibile una chiave di lettura dove si diventa coprotagonisti. Una geografia ben definita con una importante funzione narrativa, il mito fortemente presente e il fascino del mondo orientale abitano le pagine del libro. Ad un cero punto si interrompe la storia per lasciare spazio alla riflessione dove regna comunque la parola per entrare nei meandri più profondi dell’animo umano e per ritornare poi, ben presto, alla sua geografia, Tunisi.
Verità o finzione? Comunque una storia d’amore che regge sul filo della contraddizione. Sarashil si reca a La Mecca e Garcia le scrive dicendole di non avere consapevolezza né storica e né religiosa per seguirla definendosi un eretico. In queste riflessioni rivolte a Sarashil senza pretendere una risposta da parte sua si crea l’impressione che questa storia trovi conclusione, tra verità e finzione, tra Oriente ed Occidente in una profezia, nel destino di un incontro tra Roma e Tunisi. Non è la religiosità di Sarashil che interrompe la storia, ma sono le contraddizioni del mondo interiore di Garcia che non ha ancora saputo costruire una sua identità a cavallo tra le due culture rimanendo ancora in viaggio. Ci si trova davanti all’incompiutezza e la storia prosegue nell’attesa, nella nostalgia e nella memoria che lasciano il lettore nella speranza che possa compiersi tutto nell’erranza.
*Università di Scutari “Luigj Gurakuqi” e Sezione bilingue “Ismail Qemali”