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Colloqui intimi in carcere, detenuti chiedono spazi opportuni

Roma – A seguito di un reclamo sottoscritto da 55 detenuti della Casa di reclusione di Rebibbia, Il Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale della Regione Lazio, Stefano Anastasìa, e la Garante dei diritti delle persone private della libertà personale di Roma Capitale, Valentina Calderone, hanno scritto alla direttrice dell’istituto, Maria Donata Iannantuono, per raccomandare l’immediata individuazione di spazi idonei all’effettuazione di colloqui intimi tra i detenuti e i propri partner, così come stabilito dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 10 del 24 gennaio 2024.

Numerose sono state le richieste di detenuti pervenute alla direzione dell’istituto che chiedevano di poter effettuare colloqui intimi con la propria moglie o convivente, ma, con un avviso del 6 giugno scorso, la direzione aveva comunicato alla popolazione detenuta che la questione era stata posta all’attenzione del superiore ufficio dipartimentale che, a sua volta, aveva informato di avere istituito un gruppo di studio “per verifiche e organizzazione”.

Trascorso più di un mese e mezzo da tale avviso, 55 detenuti inoltravano lo scorso 31 luglio un reclamo (datato 22 luglio), ex articolo 35 dell’Ordinamento penitenziario, al capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap), Giovanni Russo, alla direttrice dell’istituto, Iannantuono, alla presidente del Tribunale di sorveglianza di Roma, Marina Finiti, e ai Garanti Anastasìa e Calderone, denunciando la mancanza di operatività della sentenza della Corte Costituzionale 10/2024, e chiedendo “alle S.V. reclamate che si possano avere notizie e date precise di attuazione della legittima richiesta confortata dalla sentenza della Corte delle leggi”.

⁠Non si è fatta attendere la risposta di Anastasia e Calderone, indirizzata ai reclamanti, alla direttrice dell’istituto e, per conoscenza, al Capo del Dap e alla Presidente del Tribunale di sorveglianza. Considerato che il modello decisorio scelto dalla Corte in questa pronuncia è quello della sentenza avente efficacia erga omnes, “immediatamente applicativa, determinando l’esistenza di un diritto soggettivo di ciascuna persona in stato di detenzione a svolgere colloqui riservati (senza controllo a vista da parte degli operatori di polizia) con il/la propria partner”, i Garanti Anastasìa e Calderone, rilevato tra l’altro che “l’attuazione della sentenza della Corte costituzionale non sia procrastinabile e che di conseguenza il quesito dei reclamanti riguardo al quando della sua attuazione sia assorbito dalla vigenza normativa di quanto da essa disposto, che configura un obbligo di garanzia in capo all’Amministrazione penitenziaria”, “raccomandano

alla direzione della Casa di reclusione di Roma-Rebibbia la immediata individuazione di spazi idonei all’effettuazione del colloquio senza controllo visivo e – in assenza di determinazioni ministeriali – la definizione con proprio ordine di servizio della regolamentazione dell’accesso al nuovo istituto, tenuto conto di quanto stabilito dalla Corte costituzionale nei punti 6 e seguenti delle considerazioni in diritto della sentenza 10/2024 e della necessità di garantire a tutti gli aventi diritto la sua fruizione in maniera omogenea quanto ai tempi e alla frequenza dei colloqui di che trattasi”.

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