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Concordato preventivo biennale: nuovi chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate

ROMA – Cosa dice l’Agenzia in materia di cause di cessazione. La trasformazione eterogenea da associazione professionale tra avvocati in società a responsabilità limitata tra professionisti (Stp), sebbene non determini modifiche della compagine sociale, rappresenta una causa di cessazione del Concordato preventivo biennale (Cpb), in quanto determina una modifica della categoria di reddito ascrivibile alla società. Lo afferma, tra l’altro, l’Agenzia delle entrate, con la risposta n. 247 del 6 dicembre, fornita all’associazione che aveva posto il quesito. L’associazione infatti nella sua domanda spiega che sta valutando la possibilità di aderire al Cpb e che nello stesso tempo intende proseguire lo svolgimento dell’attività professionale nella veste di società tra professionisti e trasformarsi in una Srl (in questo caso una Spt), senza apportare modifiche alla compagine sociale. In sostanza, il collettivo di professionisti vuole sapere se la trasformazione avrebbe effetti sull’adesione al Concordato (Dlgs n. 13/2024).

Dopo la consueta ricognizione delle norme e della di riferimento e, nello specifico, delle cause di decadenza e cessazione del Cpb, con riferimento a queste ultime, osserva l’Agenzia, l’articolo 21 del decreto legislativo prevede, al comma 1, che “il concordato cessa di avere efficacia a partire dal periodo d’imposta nel quale si verifica una delle seguenti condizioni: … la società o l’ente risulta interessato da operazioni di fusione, scissione, conferimento, ovvero, la società o l’associazione è interessata da modifiche della compagine sociale …”. La ratio della disposizione è quella di scongiurare la possibilità che un soggetto aderisca a una proposta di Concordato riferita a una realtà economica diversa da quella risultante in esito all’operazione straordinaria.

Al riguardo, l’Amministrazione rileva che i redditi prodotti dall’associazione professionale sono ricompresi nell’ambito dei redditi di lavoro autonomo. Diversamente, quelli prodotti da una Stp sono redditi d’impresa. Pertanto, con la descritta trasformazione viene modificata la tipologia di reddito conseguito, con conseguente applicazione di differenti regole per il calcolo della base imponibile oggetto di Concordato, in virtù della natura di lavoro autonomo o d’impresa dei redditi prodotti.

Infatti, le dinamiche di funzionamento degli Isa (ricordiamo che i contribuenti ammessi al concordato preventivo biennale sono coloro che applicano gli indici sintetici di affidabilità fiscale e i contribuenti esercenti attività d’impresa, arti o professioni che aderiscono al regime forfetario) risultano profondamente diverse a seconda che si riferiscano a lavoratori autonomi o a imprenditori: ad esempio, gli articoli 15 e 16 del Dlgs n. 13/2024, distinguono i redditi oggetto di Concordato a seconda che siano riferiti all’una o all’altra categoria reddituale.

Sempre in relazione alle cause di cessazione del Cpb, l’Agenzia ne rintraccia una ulteriore nella lettera a) del comma 1 dell’articolo 21, consistente nella circostanza in cui “il contribuente modifica l’attività svolta nel corso del biennio concordatario rispetto a quella esercitata nel periodo d’imposta precedente il biennio stesso. La cessazione non si verifica se per le nuove attività è prevista l’applicazione del medesimo indice sintetico di affidabilità fiscale”. In merito a questa specifica previsione, ricorda che per l’attività degli studi legali esercitata in forma di lavoro autonomo e (anche) in forma associata è approvato uno specifico Isa sulla base del quale viene formulata la proposta di Cpb. Invece, per l’attività di studi legali esercitata in forma di impresa, non esiste alcun Isa.

Nel caso in esame, dunque, la trasformazione comporta una modifica di attività nei sensi indicati nella lettera a), poiché a seguito della stessa la società risultante non applicherà alcun Isa (ovvero applicherà un Isa diverso da quello utilizzato ai fini della definizione della proposta di Cpb). Pertanto, l’Agenzia ritiene che, in seguito all’operazione, si verifichi un’ulteriore causa di cessazione del regime del Cpb. La società chiede, inoltre, se in caso di cessazione del Concordato trovi comunque applicazione quanto previsto dal comma 3-bis dell’articolo 22 del decreto legislativo in argomento, secondo il quale “nel caso di decadenza dal concordato restano dovute le imposte e i contributi determinati tenendo conto del reddito e del valore della produzione netta concordati se maggiori di quelli effettivamente conseguiti”.

A parere dell’Agenzia, tale previsione riguarda solo il caso di decadenza dal Concordato e non anche quello di cessazione. Pertanto, nel periodo d’imposta in cui si verifica una delle fattispecie di cessazione del Concordato, la richiedente non dovrà determinare le imposte e i contributi tenendo conto del reddito e del valore della produzione netta concordati, ma della sola dichiarazione dei redditi relativa a detto periodo d’imposta.

La risposta delle Entrate sul passaggio dal regime forfetario a quello ordinario
Per il contribuente che abbia inizialmente adottato, per il 2024, il regime forfetario e, nel corso dello stesso, ne sia fuoriuscito per il superamento del limite di 100 mila euro dei compensi, con conseguente adozione del regime ordinario per l’intero periodo d’imposta (articolo 1, comma 71, legge n.190/2014), l’accesso al Concordato preventivo biennale non è precluso, a condizione che il superamento di tale limite avvenga prima del termine previsto per aderire alla relativa proposta. È quanto viene illustrato dall’Agenzia delle entrate nella risposta n. 248, nella quale vengono chiariti alcuni aspetti relativi a regimi di tassazione e Cpb.

La richiesta di spiegazioni giunge da un contribuente, in ordine all’applicazione dell’articolo 11 del Dlgs n. 13/2024 (che disciplina le cause di esclusione al concordato preventivo biennale), alla luce delle modifiche introdotte dal decreto correttivo della riforma fiscale (Dlgs n.108/24). In particolare, con l’articolo 4, comma 1, lettera d) del nuovo decreto, è stata introdotta la lettera b­ter), secondo la quale costituisce ulteriore (nuova) causa di esclusione dal Cpb l’adesione, per il primo periodo d’imposta oggetto del concordato, al regime forfetario.

Alla luce di quanto evidenziato, il contribuente riferisce di aver adottato il regime appena citato all’inizio del 2024, ricorrendone i presupposti di legge. Nel corso del periodo d’imposta, tuttavia, ha previsto che i compensi incassati supereranno l’importo di 100 mila euro, tetto oltre il quale ricorrerà l’immediata fuoriuscita dal forfetario, con conseguente applicazione del regime fiscale ordinario. Pertanto, chiede all’Agenzia se l’inserimento della nuova causa di esclusione relativa al concordato si applichi anche al suo caso, vale a dire al contribuente che, inizialmente adottato per il medesimo periodo d’imposta il regime forfetario, sia successivamente (ma comunque nello stesso periodo d’imposta) costretto ad uscirne con conseguente adozione del regime fiscale ordinario.

Come anticipato in precedenza, la risposta dell’Amministrazione fa riferimento proprio alla disciplina del Cpb, in relazione alle modifiche introdotte dal Correttivo al citato articolo 11 del Dlgs n. 13/2024, in merito alle cause di esclusione dal concordato. Nel dettaglio, il decreto stabilisce che non possono accedere alla proposta di concordato preventivo biennale i contribuenti per i quali sussiste, tra le altre, la causa di esclusione relativa all’adesione, per il primo periodo d’imposta oggetto del concordato, al regime forfetario. Con riferimento anche a tale condizione ostativa, con la circolare n. 18/E del 17 settembre 2024, l’Agenzia chiarisce che la finalità è quella di garantire che non intervengano significative modifiche alla soggettività del contribuente che ha aderito al Cpb tra il momento in cui è definita la proposta e le annualità in cui la proposta trova applicazione.

Ne consegue che, in presenza di tutti gli ulteriori presupposti e condizioni previsti dalla relativa disciplina, la circostanza che il contribuente abbia inizialmente adottato per l’anno 2024 il regime forfetario, e che nel corso del medesimo periodo d’imposta sia costretto a passare al regime ordinario per il superamento del limite di 100 mila euro, non rappresenta una causa di esclusione dal Cpb. Questo dal momento che l’intero imponibile prodotto nel 2024, anche quello conseguito sotto l’iniziale vigenza del regime forfetario, sarà assoggettato all’imposta sul reddito secondo le regole del regime ordinario. È necessario però, come detto in premessa, che il superamento della soglia sia avvenuto prima della scadenza del termine per l’adesione alla proposta di concordato.

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