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Compravendite familiari, senza liberalità l’imposta di Registro è al 3%

Nel caso in cui il contratto preveda l’obbligo di restituzione della somma, l’operazione si configura, secondo il Tur, di natura negoziale a contenuto patrimoniale

Roma – Il pagamento del prezzo di una compravendita effettuato dai genitori dell’acquirente, senza spirito di liberalità e con la previsione che il figlio dovrà restituire il relativo importo ai genitori stessi, sconta l’imposta di registro con l’aliquota del 3 per cento.

Questo principio è stato espresso dalla Corte di cassazione con l’ordinanza n. 30677 del 28 novembre 2024.

Il caso specifico riguarda un atto notarile con oggetto il trasferimento di un terreno da parte di una società, nei confronti di una persona fisica.

Quest’ultima ha richiesto di avvalersi delle agevolazioni previste per la “piccola proprietà contadina” di cui alla legge n. 25/2010.

Preso atto di tale richiesta, in sede di registrazione, il notaio ha versato le imposte previste per questa casistica e cioè:

  • imposta di registro in misura fissa
  • imposta ipotecaria in misura fissa
  • imposta catastale in misura ordinaria, con l’aliquota dell’1 per cento.

Nel corpo dell’atto le parti hanno espressamente dichiarato che l’intero prezzo della compravendita è stato corrisposto dai genitori dell’acquirente, i quali hanno richiamato l’articolo 1180 del codice civile e hanno affermato che il pagamento è stato fatto senza spirito di liberalità, prevedendo l’insorgere, in capo al figlio, dell’obbligo di restituzione della stessa somma.

La circostanza che il prezzo di una compravendita sia corrisposto dai genitori dell’acquirente è molto frequente nella prassi. Tale circostanza, di solito, non dà luogo a ulteriore pagamento d’imposta in quanto il legislatore, al fine di rendere maggiormente trasparente il pagamento del corrispettivo ha disposto (articolo 1, comma 4-ter, Testo unico successioni e donazioni, Dlgs n. 346/1990) che “l’imposta non si applica nei casi di donazioni o di altre liberalità collegate ad atti concernenti il trasferimento o la costituzione di diritti immobiliari ovvero il trasferimento di aziende, qualora per l’atto sia prevista l’applicazione dell’imposta di registro, in misura proporzionale, o dell’imposta sul valore aggiunto”.

Per effetto di questa disposizione, pertanto, la liberalità, solitamente consistente nel pagamento da parte di un terzo del prezzo di una compravendita, non genera una autonoma tassazione sempreché sia collegata a un atto per il quale sia previsto il pagamento dell’imposta di registro proporzionale, oppure dell’Iva.

Nella controversia in esame, l’ufficio ha inviato un avviso di liquidazione applicando l’imposta di registro con l’aliquota del 3% sull’importo relativo al prezzo della compravendita. Ciò al fine di tassare il negozio relativo all’adempimento del terzo.

Il motivo principale per il quale l’ufficio ha emesso l’avviso di liquidazione è dato dal fatto che il pagamento del prezzo da parte dei genitori è stato effettuato “senza spirito di liberalità”.

Di conseguenza, nel caso specifico, non sussistevano le condizioni per l’applicabilità dell’articolo 1 del Tus sopra richiamato. Questa norma, infatti, è applicabile solo nelle ipotesi di “donazioni o altre liberalità…”. Il fatto che nell’atto sia stato specificato che il pagamento da parte dei genitori veniva effettuato senza spirito di liberalità e che sul figlio gravava l’obbligo di restituzione ha reso inapplicabile tale disposizione.

Oltre a tale circostanza è opportuno rilevare che il beneficio della non applicazione dell’imposta per le citate tipologie di liberalità si applica a condizione che per l’atto al quale si riferiscono sia previsto il pagamento dell’imposta di registro proporzionale o dell’Iva.

Per la compravendita in esame, come si è detto, l’acquirente aveva richiesto le agevolazioni per la “piccola proprietà contadina” e, quindi, l’imposta di registro era dovuta solo in misura fissa. Anche questa circostanza ha reso inapplicabile il disposto dell’articolo 1, comma 4-ter del Tus.

A seguito del ricorso del notaio, la Ctp di Treviso (sentenza n. 113/2019) e la Ctr del Veneto (sentenza n. 1353/2021) hanno ritenuto legittimo l’avviso di liquidazione evidenziando, tra l’altro, la natura negoziale dell’adempimento del terzo.

La Corte di cassazione, con la pronuncia in esame, ha sostenuto che la previsione della restituzione delle somme da parte del figlio acquirente impedisce di qualificare il pagamento dei genitori come un mero negozio di natura solutoria.

I giudici, inoltre, hanno rilevato che non vi è stata alcuna violazione, da parte dell’ufficio, dell’articolo 20 del Testo unico sull’imposta di registro (Dpr n. 131/1986), considerato che il negozio oggetto di tassazione risultava espressamente dall’atto stesso e non desunto da elementi esterni. L’Agenzia, si legge in motivazione, ha applicato l’imposta “…secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione”.

Sulla base delle circostanze concrete, si è, quindi, ritenuto che l’adempimento da parte del terzo costituisse un negozio avente ad oggetto una prestazione a contenuto patrimoniale e, pertanto, da tassare secondo l’articolo 9 della Tariffa, parte prima, allegata al citato Dpr n. 131/1986.

Nella parte finale della motivazione, la Corte di cassazione, ribadendo la legittimità della rettifica della tassazione effettuata dalle Entrate, ha espresso il seguente principio di diritto “L’adempimento del terzo, il quale di per sé non determina nei confronti del debitore, ai sensi di legge, un obbligo di restituzione di quanto corrisposto, qualora sia fronteggiato, nel contratto di compravendita nel quale il terzo sia intervenuto, dall’assunzione di un tale obbligo, da parte del debitore, costituisce operazione di natura negoziale a contenuto patrimoniale ai fini dell’applicazione dell’art. 9 della Tariffa Parte Prima del D.P.R. 131/1986”.

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