Editoriale – Quarant’anni fa, negli annali della storia entrò in scena uno dei fatti più agghiaccianti che caratterizzano la storia repubblicana della nostra nazione. Chi ha vissuto quelle epoche, anche se in giovane età potrà raccontare sensazioni, incertezze, dubbi e sgomento nel vedere per la prima volta sugli schermi televisivi, situazioni drammatiche come quella di una strage vissuta a carico di uno statista degno di essere chiamato tale, e di semplici uomini di vita quotidiana che altro non erano che la sua equipe di scorta. Persone giuste nel momento sbagliato, sono anche loro entrate nella storia, talvolta dimenticata e sopita di una Italia diversa, diametralmente opposta di quella odierna. Ma in quarant’anni cosa è cambiato? Certo gli statisti di ieri non potevano certo immaginare ciò che sarebbe accaduto oggi. L’autorevolezza della politica, il meccanismo di selezione dei partiti e di controllo sull’azione amministrativa e politica svolta dagli eletti, il sistema democratico cristiano poi allargato al socialismo, sono solo dei lontani ricordi. Ora la filiera è stata saltata con l’avvento di nuovi strumenti di comunicazione che hanno rivoluzionato la politica. Così l’anniversario di uno dei periodi storici più neri ci porta ad analizzare quello odierno che non è certo dei migliori. Incertezza governativa, candidature fatte sul web, voti di protesta che vedono protagonista indiscusso ed assoluto uno dei comici più amati prestato alla politica, Beppe Grillo e suoi. Lo Stato ebbe un attacco forte all’epoca, e con il rapimento di Aldo Moro ebbe inizio il processo allo Stato, la cui condanna è stata inferta da un Tribunale brigatista nei confronti di uno che ha dovuto pagare, per molti anche se non per tutti. Aldo Moro fu il capro espiatorio di una azione di protesta che non trova giustificazione nei metodi e nei gesti, ma le lotte ideali allora erano per molti rivoluzionari uno stile di vita per cui si doveva combattere ad ogni costo e ad ogni rischio. Oggi vedendo l’immagine composta a corredo dell’editoriale si può fare un raffronto. L’Italia di ieri, governata da autorità dotate di autorevolezza, e l’Italia di oggi, strillata dove tutto è consentito a tutti. Le istituzioni sono state di fatto rivoluzionate da leggi maldestre fatte da ignoranti che probabilmente hanno voluto inquinare un sistema, portandoci all’ingovernabilità nazionale, applicata anche alle amministrazioni locali gravate dalla patologia dell’anatra zoppa. Oggi siamo un popolo che sopravvive di speranza e di elezioni i cui esiti riflettono un popolo non di certo sovrano, ma vittima di se stesso. L’autorevolezza ha lasciato spazio alla comicità, alla teatralità di una politica affidata a chiunque. L’avvento in massa delle donne in politica, l’obbligatorietà della parità dei sessi nella composizione delle liste, la spocchiosità dei personaggi leader della politica hanno fatto danni seri. Ed ora la gente, pur di non sottostare alle alchimie dei partiti, ripone le sue speranze in un movimento alternativo al sistema che di fatto predica bene, salvo poi però razzolare male nella conduzione dei governi di importanti città. Zaccagnini, Cirino Pomicino, Spadolini, l’ultranovantenne De Mita, ed altri nomi eccellenti sono stati sostituiti dal popolo stesso che sta prendendo di fatto il potere. Il Movimento grillino cresce perchè l’elettore vuole farsi rappresentare da gente comune, ed è stanca di assegnare aurei privilegi a panciuti o longilinei personaggi che hanno detto detto e poco fatto. L’Italia ha subito una involuzione negli ultimi anni, vittima di un regresso di sistema ma anche dalla mancanza di coraggio di imporsi nelle scelte europee. La Patria è stata ferita oggi come quarant’anni fa, allora dalle Brigate Rosse, ora da un meccanismo perverso che non assicura stabilità. Non resta dunque che affidare la ardua sentenza ai posteri che ne subiranno, inesorabilmente le conseguenze di tutto questo.
Daniele Imperiale – Direttore di Andradelab